Libia, l’affondo di Di Maio a Salvini: “800mila migranti non si fermano con le direttive”
Nono si placa la polemica tra i due vicepremier del governo giallo-verde sul rischio terrorismo islamico, e sul pericolo concreto che possa esserci un'impennata degli sbarchi nelle coste europee e in particolare in quelle italiane, come conseguenza del caos in Libia. "Se veramente abbiamo il problema Di 800 mila migranti in Italia, di certo non li fermiamo con una direttiva che nessuno ha mai ascoltato, lo dico a Salvini con tutta l'amicizia", ha detto il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio da Abu Dhabi. "Se vogliamo aiutare l'Italia – ha proseguito – molliamo quei Paesi che non accolgono i migranti, invece di allearci con loro, da Orban in giù.
"Queste sono misure emergenziali che possono aiutarci a risolvere il problema a breve termine, ma un Paese serio come l'Italia deve pensare a lungo termine, che si realizza solo coinvolgendo l'Europa con un programma di ricollocamenti, che da Orban in giù stanno però contrastando", ha aggiunto il capo politico del Movimento. "Quindi non è il caso di allearsi con chi ci sta facendo la guerra e vuole che l'Italia diventi il campo profughi d'Europa, come sta facendo Salvini", sottolinea. "Ci stiamo illudendo che la Libia si possa portare nei temi della campagna elettorale per le europee".
In un ulteriore passaggio della conferenza stampa, Di Maio rilancia lo stesso concetto sugli alleati sovranisti della Lega, affrontando però il tema del rigore: "Vanno messi in discussione anche quei governi che sostengono l'austerity, come quelli dell'est Europa con cui si allea Salvini".
Cosa dice la direttiva del Viminale
Nel documento, datato 15 aprile, che il ministro degli Interni Matteo Salvini ha diramato alle autorità militari e di polizia, viene chiesto "di vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave ‘Mare Jonio': si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare e di idoneità tecnica dei mezzi impiegati per la citata attività; rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi; non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità".
Nella direttiva si fa esplicito riferimento al rischio di infiltrazioni di terroristi: l'attività di soccorso in mare, condotta dall'ong, può favorire l'ingresso "di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni", recita ancora il testo