Libertà di stampa, l’Italia è al 61° posto
Una tendenza negativa e preoccupante sta trascinando la libertà di stampa nel nostro paese sempre più in basso; nel corso dell'ultimo decennio l'Italia non è mai riuscita ad assestarsi su posizioni consone a quella che dovrebbe essere una democrazia in nessuna delle classifiche riguardanti la libera circolazione delle idee nei paesi. Tuttavia è facile notare come, secondo i dati riportati da Reporters Without Borders, a partire dal 2007 lo «scivolone» stia diventando sempre più netto e inarrestabile: in quell'anno l'Italia era al 35° posto, poi è finita al 44°, nel 2009 al 49°, successivamente al 50°. Ed ora, secondo l'ultimo rapporto dell'organizzazione non governativa, siamo finiti in 61° posizione.
La situazione del nostro paese sarebbe caratterizzata da «problemi notevoli», come esemplificato dal planisfero (foto), che la metterebbero sul medesimo piano di stati che soffrono di gravi deficit democratici in parte imputabili alla gravissima situazione globale dei mercati che ne è andata a colpire le economie già particolarmente deboli: è il caso, ad esempio, dei paesi balcanici dove la crisi ha accentuato i già pesanti problemi relativi alla libertà di stampa, con un ricorrente uso dei media per interessi privati o criminali, concorrenza sleale su un mercato assai ristretto, giornalisti sottopagati ed obbligati all'autocensura ed una giustizia assente quando non corrotta ed intenta a tormentare quanti cercano di denunciare le drammatiche situazioni in cui versano le proprie realtà. È il caso della Macedonia (94°), dell'Albania (96°), del Montenegro (107°) ma anche della Bosnia Erzegovina che si trova di poco al di sopra del nostro paese.
Un dato che, per la verità, riflette alla perfezione anche quelle che sono le distinzioni tra gli stessi paesi membri dell'UE in cui gli stati dell'Europa centro settentrionale, tutti ai primissimi posti della classifica, si contrappongono a realtà più controverse come la Bulgaria (all'80° posto), la Grecia (al 70° posto) e l'Italia, in cui le forze politiche hanno dimostrato pienamente la totale mancanza di volontà di far fronte alle questioni relative alle violazioni delle libertà. La situazione italiana, e dunque le motivazioni di questa 61° posizione, viene così riassunta:
L'Italia, in cui ancora una dozzina di giornalisti sono costretti a vivere sotto la protezione delle forze dell'ordine, ha voltato pagina rispetto ai molti anni di conflitto di interesse, grazie alle dimissioni di Silvio Berlusconi. Ma la posizione in classifica di quest'anno porta ancora il suo marchio, in particolar modo a causa di un tentativo di introduzione di una legge bavaglio e uno di introduzione dei filtri per Internet senza tener conto del parere della Giustizia, entrambe le proposte bocciate per un soffio.
Un paese in cui l'ipotesi di un'informazione indipendente può a stento venire concepita dall'opinione comune, in cui le forze politiche condannano la libertà a soffrire quotidianamente sotto il giogo di interessi di parte di ogni tipo; in cui può ancora venire accettato che i poteri vadano ad interferire con la libera circolazione delle idee e con il diritto di tutti a conoscere. È questa la nostra Italia, «partially free» secondo la definizione del 2009 di Freedom House, incapace di crescere e di adattarsi alle esigenze di un mondo in trasformazione, intenta solo a guardarsi alle spalle verso un passato luminoso che non tornerà.