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Liberalizzazioni: la finta tregua dei tassisti

Da un lato i sindacati, dall’altro i tassisti. La protesta delle auto bianche diventa faida interna. Campi di battaglia: Palazzo Chigi e il Circo Massimo, dove continua il presidio a oltranza: “Ci hanno detto di tornare a lavorare? Noi da qui non ce ne andiamo! Vogliamo difendere solo il nostro stipendio, altro che privilegi”
A cura di Enrico Nocera
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I tassisti: quanto guadagnano, cosa difendono

Licenze, stipendio, diritto al lavoro. Chi sono e cosa chiedono gli autisti che stanno protestando a Roma

Da un lato i sindacati, dall'altro i tassisti. La protesta delle auto bianche diventa faida interna. Campo di battaglia: Palazzo Chigi e il Circo Massimo, dove continua il presidio a oltranza: "Ci hanno detto di tornare a lavorare? Noi da qui non ce ne andiamo! Vogliamo difendere solo il nostro stipendio, altro che privilegi"

“Chi si fida dei sindacati? Quelli c’hanno svenduto ai politici”. La piazza del Circo Massimo, giovedì pomeriggio, giorno di confronto tra i sindacati dei tassisti e il governo. Gli autisti delle auto bianche, circa 400, attendono con ansia il responso, pur senza farsi troppe illusioni: “Anche se dovessero arrivare notizie positive – arringa Claudio Giudici, rappresentante di categoria – invito a non esultare. Non c’è proprio niente da festeggiare, in quanto non avremmo fatto altro che difendere diritti sacrosanti, senza che per questo il governo ci venga a parlare di concessioni”. Ma la sfiducia in Loreno Bittarelli e soci, i sindacalisti presenti a Palazzo Chigi per l’incontro con il governo, è palpabile fin dall’inizio: “Ma non l’avete ancora capito? – ci dice Claudio, tassista romano di 54 anni – Bittarelli vuole fare il politico a tempo pieno. Questi qua erano tassisti, le guidavano pure loro le macchine. Adesso si sono fatti i soldi sulle spalle nostre”.

Pochi chilometri più in là, Via del Corso. Le strade adiacenti Palazzo Chigi sono un lungo serpentone di camionette della polizia e blindati dei carabinieri. L'ordine è di non far passare nessun tassista in assetto da guerriglia, almeno finché non saranno finite le contrattazioni fra parti sindacali e governo. Gli autisti presenti inscenano una protesta pacifica, con cori e slogan che difendono a oltranza la tanto discussa licenza. Da queste parti nessuno vuol sentire parlare di privilegi: basta un piccolo accenno in proposito che partono insulti, rivolti soprattutto ai cronisti, rei di aver dipinto una categoria di lavoratori come potente lobby dei trasporti: "La rovina vostra siete voi – ci urlano dalla strada – ci avete fatto passare per terroristi, mentre siamo qui a difendere uno stipendio da fame". Il quale, secondo alcuni dei tassisti interpellati, non supera i 50-55 euro al giorno, considerate tutte le spese relative a benzina e manutenzione del mezzo. L'attenzione è però tutta concentrata su Piazza Colonna, dove le auto blu annunciano la presenza dei ministri nelle stanze di Palazzo Chigi.

Ore 15: si torna al Circo Massimo. L'esito dell'incontro è ormai di dominio pubblico. Ma le parole dei sindacati, come si prevedeva, non piacciono ai manifestanti: volano urla, minacce, spintoni. Fra gli stessi tassisti e anche fra loro e i giornalisti, più volte minacciati: “Spegnete ‘ste telecamere che altrimenti ve le sfasciamo”. La piazza non fa passi indietro, nonostante gli inviti alla tregua: “Ognuno fa come meglio crede – urla Bittarelli, ora votato alla prudenza nonostante le dichiarazioni dei giorni scorsi – ma io vi suggerisco di tornare a lavorare. Il vostro atteggiamento non fa altro che peggiorare la situazione”. Queste le parole che hanno fatto degenerare la protesta. All’invito dei sindacati non è infatti seguita nessuna concreta informazione sugli accordi presi poco prima a Palazzo Chigi. Il generico “ci hanno dato notevoli rassicurazioni” non ha sortito gli effetti sperati:  I 400 tassisti riuniti al Circo Massimo, per la maggior parte romani, napoletani e milanesi, hanno subissato di fischi i rappresentanti sindacali e votato per la permanenza dell’assemblea, nonostante il Comune non avesse rilasciato alcuna autorizzazione in merito: “Ma io da qua non me ne vado – ci dice Alberto, tassista napoletano – sto da quattro giorni qua, non ce la faccio più. Se un poliziotto si avvicina per darmi una manganellata io vado dritto a terra. Ma non per questo mi arrendo”. Le liberalizzazioni, così come pensate dal governo, restano inaccettabili per i tassisti.

Le rassicurazioni che arrivano, intanto, sono generiche e fumose. I tre punti dove si concentra la protesta degli autisti rimangono ancora senza risposta. Primo: le licenze plurime. No dei tassisti all’aumento delle stesse “poiché porterebbero solo fame e disoccupazione”. Secondo: no all’extraterritorialità. Il titolare dell’auto, nelle intenzioni dei manifestanti, dovrà esercitare il proprio lavoro nel solo Comune dove è stata rilasciata la licenza. Terzo: niente competenza all’Autorità delle reti sulla concessione di nuove licenze.  Modifiche alla bozza del decreto sulle liberalizzazioni che, nelle parole dei sindacati, il governo sta prendendo in considerazione. Dal Circo Massimo, dopo i lunghi momenti di tensione, qualcuno prova a consolarsi: “Tanto questi non ce l’hanno con noi – dice Mario, autista romano – al massimo con i farmacisti, con le banche o con le assicurazioni. Quelli che fino a ieri giravano col Suv e che adesso si chiedono che fine faranno”. Ma non tutti sembrano essere così ottimisti: “Siamo nella m… fin sopra la testa – urla un tassista proveniente da Napoli – noi lavoriamo solo con gli avvocati. Solo loro, ormai, salgono nelle nostre macchine. Altro che lobby. Siamo dei morti di fame!”. Qualcuno si spinge a fare anche qualche calcolo relativo allo stipendio netto mensile: “Se arriviamo a 1.000 euro siamo fortunati – afferma Valerio, autista giunto da Torino – i costi di gestione e manutenzione del mezzo ricadono tutti sulle nostre spalle. Chi credete che debba mettere la benzina? O sostenere le spese di una coppa dell’olio rotta? Forse Monti e i suoi ministri? Senza contare la totale assenza di assicurazioni mediche o infortunistiche”.

Da Napoli, intanto, dopo la clamorosa occupazione di Piazza Plebiscito, giungono le prime notizie di provvedimenti presi dai Comuni di competenza: “Il Comune ha convocato i colleghi di Napoli – dice Carlo, autista – rischiano tutti la precettazione”. Stessa musica proviene dalla Capitale, dove la prefettura si era detta pronta a prendere analogo provvedimento contro quei tassisti che avessero perseverato nel blocco del servizio. Ma, a differenza dei colleghi napoletani, quelli romani incassano l’appoggio del sindaco capitolino, Gianni Alemanno: “E’ impensabile – afferma il primo cittadino – che i Comuni vengano espropriati del potere di regolare il traporto pubblico non di linea. Nella bozza presentata dalla categoria c’è un punto per noi decisivo: si ripristina la potestà dei Municipi in questo delicato settore. Le autorità nazionali non possono privarci di questo potere. Su questo c’è piena convergenza del nostro interesse con quello dei tassisti”. Fatto sta che il fronte istituzionale, mai come stavolta, sembra totalmente spaccato da quello sceso in piazza. Mentre lo sciopero del 23 resta confermato, la Fit Cisl esprime “piena soddisfazione” per l’esito del vertice: “Andiamo al Circo Massimo per dire ai colleghi di sospendere la protesta”, annunciano trionfanti i sindacalisti prima della clamorosa rottura. “L’incontro è stato costruttivo e positivo – sottolinea Marino Masucci, responsabile del settore Taxi Fit – abbiamo fiducia che il cdm recepirà le istanze presentate dalla categoria”. La stessa fiducia che i tassisti sembrano, però, avere totalmente smarrito nei loro stessi rappresentanti.

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