"Muraro sapeva da luglio di essere indagata!". "Raggi sapeva e non ha detto nulla!". "Ma quale trasparenza, ma quale onestà, hanno mentito!".
Ecco, è questa più o meno la reazione degli oppositori di Virginia Raggi alle notizie giunte oggi nel corso dell'audizione del Sindaco e dell'assessore Muraro in Commissione Ecomafie. Reazione prevedibile e finanche legittima, considerando che la linea della difesa tout court scelta dall'estabilishment grillino sul caso Muraro cozza con le scelte prese in casi analoghi e, soprattutto, con i proclami "intransigenti" fatti in campagna elettorale. Raggi, che aderisce alla fronda degli "integralisti grillini", sembra essere venuta meno all'impegno di principio preso con militanti ed elettori. Ora, prima di decidere sul destino di Muraro, vuole "studiare le carte": una linea che sarebbe anche condivisibile, se non suonasse tremendamente ipocrita per chi ha fatto dell'ultra-giustizialismo il proprio biglietto da visita.
Che poi il caso si inserisca in un momento delicatissimo per la giovane amministrazione capitolina, è un ulteriore campanello d'allarme per il Sindaco e per tutto il MoVimento, che a Roma gioca una partita decisiva, dovendo peraltro fare i conti con le "attenzioni particolari" della quasi totalità dei mezzi di informazione. La confusione e le contraddizioni con le quali il Sindaco sta prendendo le prime decisioni sono sotto gli occhi di tutti.
“Le regole del M5S sono semplici”, dice oggi la Raggi al Corsera. E se il problema del MoVimento fosse tutto in questo concetto? Se il problema fosse proprio nell'inadeguatezza della piattaforma politica con la quale si è giunti al Campidoglio? Se gli errori fossero in gran parte addebitabili alla leggerezza della struttura "a sostegno" del Sindaco? Oppure, in altre parole: il MoVimento 5 Stelle si è dotato degli strumenti (teorici, ideologici, programmatici) necessari per amministrare una grande città come Roma, nella sua enorme complessità e nelle sue mille contraddizioni?
La politica è semplice, ci hanno sempre ripetuto i 5 Stelle. Amministrare bene non è difficile se si hanno le mani pulite e lo spirito di servizio; anche una casalinga può gestire le finanze meglio di un politico; sono i cittadini che controllano e ci salvano dai disastri, se le istituzioni sono una casa di vetro; il politico di professione è una distorsione da eliminare. Ecco, su simili considerazioni per mesi, anni, i cinque stelle hanno impostato la critica senza se e senza ma alla partitocrazia, alla politica “tradizionale”, alla “casta”. Finendo però col trovarsi in un vicolo cieco quando si è trattato di dover amministrare, di dover scendere a compromessi, di dover portare a casa il risultato grazie a mediazioni e passi indietro rispetto ai proclami iniziali.
Il punto è che la coerenza e la cieca obbedienza non sono necessariamente delle virtù. Soprattutto quando si è dall’altro lato della barricata e si comprende che il mondo non è né nero, né bianco, ma colorato, ricco di sfumature e in continuo cambiamento. Qualcuno, do you remember Pizzarotti?, lo ha capito subito. Il paradosso è che lui sia sul banco degli imputati per aver attentato allo “spirito” del Movimento, mentre ad altri si perdonino scivoloni e contraddizioni.