La vicenda oggetto della sentenza in commento è molto interessante perchè permette di affrontare un tema che nel diritto condominiale difficilmente viene affrontat e, ci si riferisce, al rapporto tra
1) l'obbligo del singolo proprietario di pagare una data spesa al condominio in persona dell'amministratore p.t. e
2) l'obbligo del condominio in persona dell'amministratore p.t. di pagare l'appaltatore.
La situazione diventa – in concreto – più interessante se si ipotizza il caso in cui l'assemblea di condominio approva dei lavori, approva il piano di riparto della spesa, sceglie l'appaltatore autorizzando l'amministratore p.t. a stipulare il contratto di appalto e come sempre, in seguito, sorgono contestazioni tra il condominio e l'appaltatore. Supponiamo che, in seguito alla predette contestazioni il contratto di appalto viene sciolto per inadempimento dell'appaltatore, ora, in questa situazione, (o nelle more del procedimento giudiziario di risoluzione del contratto di appalto) ci si chiede se il singolo proprietario è obbligato al pagamento della propria quota – parte di spesa come indicata nel piano di riparto approvato dall'assemblea. In realtà, la domanda sottesa è anche un'altra: la spesa a carico del singolo proprietario (pro quota) è diversa (o corrisponde) alla spesa che il condominio in persona dell'amministratore p.t. deve sostenere con l'appaltatore. Altra domanda sottesa alla soluzione delle problematica è anche se il singolo proprietario è il condominio (cioè, oppure sostanzialmente non c'è differenza tra singolo proprietario e condominio) oppure il singolo proprietario e condominio sono due "cose" distinte e diverse.
Se la risposta al problema sopra descritto tenesse conto solo dell'identità (o differenza) tra singolo proprietario e il condominio, non potrebbe che essere questa: il condominio non è una "entità" diversa dal singolo proprietario, ergo se il condominio, complessivamente, contesta il contratto con l'appaltatore, il singolo proprietario può "evitare" di contestare il contratto di appalto e può "evitare" di pagare all'amministratore p.t. le quote relative a tale "rapporto". L"amministratore p.t., di conseguenza, non ha il diritto di chiedere un decreto ingiuntivo contro il singolo proprietario "moroso" (il quale, in realtà, è contesta – come l'intero condominio, – il pagamento della somma totale e, quindi, della somma suddivisa pro-quota). In altri termini, non sarebbe possibile distinguere tra una contestazione esterna (tra condominio e appaltatore) e una (non) contestazione interna (tra singoli proprietari e condominio in persona dell'amministratore p.t.) del contratto di appalto. Alla base di tale affermazione vi è la teoria che ricostruisce il condominio come mera "comunione" (anche se speciale e regolata da norme peculiari solo per la rilevanza sociale del fenomeno), secondo questa ricotruzione il condominio "nasce" nel momento in cui si forma una pluralità di comproprietari dei beni indicati nell'art. 1117 c.c. e non è necessaria la manifestazione di volontà negoziale diretta a costituire un condominio (come, invece, avviene per la costituzione degli altri enti, dalle associazioni alle società).
In realtà per poter risolvere il quesisto sopra posto occorre anche considerare altri fattori, come ad esempio
1) la necessaria presenza dei fondi, che svincolano, la spesa del condominio verso l'appaltatore dall'obbligo di versamento del singolo proprietario verso il condominio, infatti, dopo la riforma del condominio il nuovo art. 1135 comma 1 n. 4 c.c. rubricato come "Attribuzioni dell’assemblea dei condomini" dispone che "Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede: […… ] alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori" e sempre dal 1135 c.c. comma 1 n. 3 il quale prevede che l'assemblea provvede "all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione"; dal combinato disposto dei punti n. 3 e 4 dell'art. 1135 c.c. risulta che l'eventuale residuo attivo (derivante da una mancata spesa o da una riduzione della stessa) non deve essere per forza restituita al singolo proprietario che si trova a "credito".
2) da una esigenza di carattere sostanziale, se anche solo uno dei proprietari non pagasse, (quando non è ancora giunta una sentenza definitiva della lite tra condominio e appaltatore), gli altri proprietari sarebbero costretti ad anticipare quanto dovuto dal moroso, infatti, ricordiamoci che con la riforma del condominio e il nuovo art. 63 comma 2 disp att. c.c. è stato previsto che "I creditori possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, dopo l'escussione (fruttuosa o meno) degli altri condomini".
3) dall'esigenza di non bloccare e/o complicare la gestione del condominio con pendenze per quote (conguagli) non pagati al momento della chiusura del rendiconto (31 dicembre) in coerenza con il nuovo disposto dell'art. 1129 comma 9 c.c. secondo il quale "Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso"
Quanto detto potrebbe sembrare lineare, ma ha delle ricadute concrete notevoli, infatti, in base a quanto sopra esposto il proprietario moroso per il pagamento si troverebbe esposto a due richieste di pagamento per l'identico credito e per l'identico titolo, una richiesta di pagamento effettuata dal creditore (appaltatore), l'altra effettuata dal creditore (condominio) e, si ripete, sempre e solo per il medesimo credito. Inoltre, il proprietario per difendersi dovrebbe, ove pagasse direttamente all'appaltatore, eccepire al condominio in modo espresso "la compensazione" tra quanto richiesto dal condominio e quanto già pagato al fornitore del condominio. Se, invece, il proprietario moroso paga al condominio, (e tali somme di denaro non fossero versate al fornitore del condominio), tale pagamento non sarebbe, comunque, opponibile al creditore del condominio (non avendo, quest'ultimo, mai ricevuto nulla).
Cassazione civ. sez. II del 29 gennaio 2013 n. 2049 in pdf