Le Presidenziali Francesi in quattro ritratti: Nicolas Sarkozy e la riconquista dell’Eliseo
Difficile, se non impossibile, che Nicolas Sarkozy riesca a trovare – in pochi giorni – la chiave giusta per riconquistare la Francia e il potere. D'altronde, gli ultimi cinque anni di presidenza sono stati molto difficili e hanno visto un netto calo dei consensi in suo favore: dal 68% del 2007 al 25% attuale. Gli eccessi vacanzieri, le continue gaffe e le polemiche non hanno certo giovato all'immagine di Sarkozy, ma ciò che maggiormente ha influenzato il crollo di fiducia nei suoi confronti ha soprattutto a che fare con le politiche economiche messe a punto durante l'ultimo mandato. L'accusa che gli viene rivolta è quella di aver favorito le classi benestanti a discapito di quelle meno abbienti, mediante l'ammorbidimento della pressione fiscale sui redditi più alti (cosa che ha portato una fortissima diminuzione del flusso di moneta nelle casse dello stato). A pochi mesi dall'inizio del mandato, inoltre, Sarkozy ha aumentato di due terzi l'indennità presidenziale e – in generale – ha gestito il potere in maniera a dir poco "familistica". La Francia di Sarkò, infatti, è stata colpita da uno scandalo simile alla nostra Parentopoli e non sono mancate le polemiche riguardo finanziamenti illeciti da parte del partito presidenziale (Unione per il Movimento Popolare) a favore di media politicamente vicini all'inquilino dell'Eliseo – come il quotidiano Le Figaro. Se poi si considerano la riforma delle pensioni che ha portato l'età contributiva a 41 anni e l'età pensionabile a 62, la contestata riforma universitaria, la crescita dell'inflazione, l'abbassamento del rating ad opera di Standard&Poors, una disoccupazione che si avvicina al 10% e un deficit pubblico che sfiora il 5.2% capiamo come sia davvero difficile per Nicolas Sarkozy riguadagnare il terreno perduto. Certo, dopo il caso Jospin del 2002 (escluso a sorpresa dal ballottaggio in favore di Jean-Marie Le Pen) è consigliabile diffidare fortemente dai sondaggi, ciononostante la vittoria di Hollande al ballottaggio pare ormai più che probabile.
Le poche frecce restanti all'arco di Sarkozy hanno a che fare con due temi in particolare: la politica estera e l'immigrazione. In materia di esteri l'atteggiamento del presidente uscente è stato caratterizzato da una certa audacia; audacia che però gli ha spesso consentito di riconquistare consenso all'interno della popolazione (basti pensare alla promozione dell'intervento in Libia) tanto che, proprio in queste ore, il presidente francese si è esposto nell'annunciare un possibile intervento in Siria per la realizzazione di "corridoi umanitari", non escludendo l'utilizzo della forza. Naturalmente non è prioritario interesse della Francia, ora come ora, entrare a muso duro nel ginepraio siriano, ma il richiamo alla guerra fa sempre effetto su un certo tipo di elettorato, e l'evocazione dell'orgoglio nazionale di un paese che si è sempre sentito "Impero" è una carta che Sarkozy non intende risparmiarsi. Com'è ovvio che sia, sono in molti a leggere in queste ultime dichiarazioni un tentativo di strappare voti all'estrema destra di Marine Le Pen, già solleticata da tiepidi interventi anti-europeisti e, soprattutto, da un'accesa campagna elettorale anti-immigrazione. Sarkozy ha infatti già promesso di dimezzare gli ingressi autorizzati e – a differenza del contendente Hollande – si è opposto alla concessione del voto agli immigrati, spendendosi in una decisa campagna anti-islamica. Parole che fanno una certa presa sull'opinione pubblica, anche se – in realtà – la Francia non ospita annualmente un grande numero di immigrati in proporzione alla popolazione, ed è da sempre un paese abituato al multiculturalismo. L'integrazione sociale, però, è tra le più basse d'Europa, i livelli di discriminazione altissimi, e questo genera una costante crescita della xenofobia. Pochi francesi, infatti, sono coscienti di quanto sia consistente il contributo degli stranieri all'economia d'oltralpe in termini di tasse e lavoro.
Sarkozy, insomma, punta sulla forza, sul carisma, sul sentimento nazionalista che da sempre anima anche i francesi più moderati. Invita al realismo, ma chiede fiducia. E lo si legge non solo dalle sue parole, ma dalla "scenografia" che utilizza come sfondo per i comizi: immagini di conquista, di guerra, di potere; immagini che sottolineano l'importanza della Francia sul piano internazionale. "Prendete in mano il vostro destino, alzatevi, prendete la parola, dite quello che avete nel cuore, dite quello che volete per il vostro paese, ditelo ad alta voce, ditelo adesso. Popolo di Francia, non avere paura, non vinceranno se tu deciderai che vuoi vincere", con parole come queste Sarkò prova ad agitare l'orgoglio francese, ma – oggi – potrebbe non bastare; oggi che anche Chirac dichiara la propria intenzione di voto a favore di Hollande sostenendo che "in tutta la vita nessuno mi ha mai fatto tanto male quanto Sarkozy". E pare siano in molti, nell'ambiente conservatore, a sperare segretamente nella vittoria del candidato socialista, l'unico – secondo alcuni – capace di far "saltare l'austerity europea". Tutti sembrano ansiosi di scendere dalla nave Sarkozy il che, in genere, è presagio di sventura. L'ex inquilino dell'Eliseo ha deluso, forse troppo. Presunto delfino della destra neo-gollista, ecologista e attento alla giustizia sociale, Sarkozy si è invece conquistato la fama di "presidente dei ricchi", etichetta che proprio non riesce a staccarsi di dosso; etichetta che nella Francia dell'egalité rappresenta un intollerabile marchio a fuoco.
A pochi giorni dalle nuove elezioni, pare evidente come gli stessi tratti della personalità che avevano condotto sul trono Nicolas Sarkozy, ora, gli si rivoltino contro. È diventato l'uomo degli eccessi, facile allo scatto di nervi, troppo sedotto dal potere. La Francia, nonostante tutto, è un paese affascinato da un quel genere di potere che è capace di integrità e non si può dimenticare che, sebbene abbia sempre amato i Napoleone, resta pur sempre la nazione dei Robespierre.