In presenza di un bene in comune tra più soggetti, si verifica un'ipotesi di contitolarità del diritto reale esercitato, a cui si aggiunge anche un'ipotesi di compossesso del bene. Analizzando la situazione di compossesso, è possibile che il contitolare del bene in comune eserciti (in concreto) il possesso, come è possibile che il contitolare del bene in comune non eserciti in concreto il possesso.
I motivi che possono portare ad una situazione di possesso solo sulla carta o solo teorico possono essere tante, è possibile che uno solo dei contitolari del bene in comune usi il bene in modo esclusivo escludendo gli altri contitolari dall'uso del bene in comune (in questa situazione gli altri contitolari avranno diritto, al momento della divisione, al pagamento di una indennità di "occupazione"). Questa situazione deve essere tenuta distinta dal diritto d'uso previsto dall'art. 1102 c.c. che non produce perdita del possesso o all'uso turnario del bene, quando non è possibile un uso contemporaneo tra di diversi titolari del ben in comune; identico discorso deve essere fatto quando il bene in comune viene locato.
Altra vicenda che si può verificare in presenza di un bene in comune è quella nella quale tutti i compossessori compiono un atto di molestia, turbativa o spoglio verso un terzo (es. un vicino), così come può capitare che solo uno dei compossessori compie una turbativa spoglio o molestia verso un terzo (es. un vicino), in quest'ultima situazione occorre valutare come il soggetto che subisce lo spoglio o la molestia si deve comportare verso il compossessore che non ha compiuta l'atto, la stessa domanda può essere posta in forma diversa, chiedendosi se il compossessore può aderire o fare proprio l'atto di molestia, spoglio o turbativa posto in essere da uno dei compossessori. (In questa sede si preferisce semplificare la questione analizzando solo l'ipotesi si turbative commesse verso terzi estranei, infatti, nulla esclude che la turbativa possa essere compiuta contro gli altri contitolari del bene comune).
In concreto le situazioni astratte sopra descrittesi realizzano con una certa facilità basta pensare alla costruzione di un cancello sul bene comune che limita il fondo dominate che esercita una servitù di passaggio oppure alla costruzione di una canna fumaria dalla quale esalano funi che infastidiscono il vicino. In tutte queste situazioni, il terzo che intende tutelarsi deve decidere se coinvolgere (o meno) il compossessore (non autore materiale della turbativa, spoglio, molestia) nell'azione diretta a tutelare il suo diritto.
Il problema richiede il coordinamento di due principi: a) solo l'autore dell'illecito risponde del fatto illecito commesso (2055 c.c.), (quindi, in teoria, il compossessore che non ha commesso lo spoglio, al turbativa, la molestia non deve essere coinvolto nel processo); b) un provvedimento giudiziale emesso senza la presenza di uno dei contitolari del bene comune potrebbe non essere "opponibile" all'altro contitolare del bene comune (litisconsorte necessario) indipendentemente dal fatto che abbia o meno compiuto il fatto illecito contestato. Infatti, se da un giudizio possessorio compiuto contro uno dei contitolari del bene fosse necessario procedere al ripristino dello stato dei luoghi, una tale attività non potrebbe essere compiuta senza un titolo opponibile a tutti i contitolari del bene comune.
La situazione può essere volutamente complicata se si pensa alla possibilità (o meno) della presenza nel giudizio del compossessore che non ha compiuto materialmente l'atto illecito possa dipendere non da fatti oggettivi, ma solo da un elemento soggettivo, come può essere quello secondo il quale il compossessore abbia (o meno) aderito (fatta propria) la turbativa, spoglio o molestia del l'altro contitolare. Risulta evidente che se si seguisse questa strada il terzo dovrebbe, non solo individuare tutti i contitolari del bene, ma dovrebbe, poi, scoprire chi ha aderito (in modo espresso o tacito) al fatto illecito e chi non ha aderito alla molestia, turbativa ecc.
Risulta evidente che se il compossessore (solo sulla carta o anche di fatto) pur non avendo compiuto materialmente l'atto illecito, ha aderito alle turbative o allo spoglio compiuto dall'altro compossessore (eventualmente dichiarando che non intende eliminare il fatto illecito) si pone come coautore o continuatore del fatto illecito e, quindi, assume la funzione di litisconsorte necessario.
Se, invece, il compossessore ha riconosciuto il fatto illecito e non ha aderito (o fatto proprio) il fatto illecito fatto proprio dal uno degli altri contitolari il riconoscimento (anche negoziale) della lesione non può valere a sottrarlo alla regola del litisconsorzio necessario, la quale, allorquando si correla come nella specie ad un rapporto plurisoggettivo e non operi l'art. 1306 c.c. come nella specie a causa della natura della prestazione), impone la decisione nel contraddittorio di tutti i colegittimati ed esige che i contitolari attivi o passivi stiano in giudizio per l'adozione del regolamento comune anche se taluno di essi abbia riconosciuto stragiudizialmente la pretesa e ciò perché l'esigenza del regolamento giudiziale comune non viene meno per esservi stato l'accordo negoziale inter pauciores.
Resta da valutare come il contitolare, compossessore pretermesso dal giudizio possa tutelarsi contro l'esecuzione di una sentenza emessa senza la sua presenza, sul punto la cass. sez un hanno affermato il seguente principio di diritto: "il terzo legittimato all'opposizione ordinaria ai sensi dell'art. 404, primo comma, c.p.c. non può far valere la sua situazione legittimante con l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, primo e secondo comma, c.p.c. contro l'esecuzione promossa sulla base del titolo rappresentato dalla sentenza opponibile con l'opposizione ordinaria, e ciò nemmeno se l'esecuzione, formalmente diretta contro la parte della sentenza opponibile, lo coinvolga quale detentore materiale del bene, trattandosi di esecuzione in forma specifica, ma può far valere la sua situazione per bloccare l'esecutività o l'esecuzione soltanto proponendo l'opposizione ordinaria ed instando la sospensione dell'esecutività della sentenza ai sensi dell'art. 407 c.p.c"
Cass., civ. sez. un., del 23 gennaio 2015 n. 1238 in pdf