video suggerito
video suggerito

Le Maschere del Teatro Italiano: se questo è un Premio

Dopo l’annuncio delle “terne finaliste” del Premio Le Maschere del Teatro ci chiediamo e vi chiediamo se non è giunto il momento di un cambio di rotta radicale nella gestione delle risorse pubbliche del teatro in Campania.
A cura di Andrea Esposito
105 CONDIVISIONI
Immagine

Lunedì 30 giugno al Teatro Eliseo di Roma sono state definite le terne finaliste del Premio Le Maschere del Teatro Italiano: in pratica, una giura di esperti (o per meglio dire un bouquet assortito di politici, giornalisti “amici”, e qualche vero critico tanto per far vedere) ha selezionato per ognuna delle 12 categorie in gara 3 finalisti, che saranno poi votati da un’altra giuria, più estesa, composta da 500 artisti. Dopodiché, il 5 di settembre, durante la consueta serata di Gala, saranno proclamati i vincitori. Questa in sintesi la notizia.

Fin da subito, apriti cielo! Andando a leggere le famose “terne”, infatti, abbiamo scoperto, ma non solo noi, che qualcuno prima ancora di sedersi al tavolo ha già fatto tombola! Questo “qualcuno” è naturalmente il direttorissimo Luca De Fusco che, come ormai è evidente, ha deciso di ingaggiare una sfida all’ultimo sangue con il buonsenso. Perché di buon senso si tratta. Chiariamoci subito: noi non apparteniamo né a coloro che dopo la sua nomina “plurima” volevano scatenare una rivoluzione (sì, sì, tutti crumiri poi); né siamo tra quelli che rientrano nel suo cerchio magico. Quando c’è stato da difenderlo da attacchi a prescindere e senza contenuti, lo abbiamo fatto, in totale solitudine, con convinzione. Mentre gli ex assatanati, i riposseduti, i difensori della libertà, oggi si sono tutti allineati come i bersaglieri durante la parata del 2 giugno. Ciò detto, caro Direttore, c’è però un limite a tutto: “Qui si esagera”, come direbbe Totò.

Proviamo a essere più concreti a beneficio di coloro che magari si sono persi qualche puntata: dunque, trasformare un Festival delle dimensioni di quello di Napoli in una specie di sagra di paese (anche al netto del disastro finanziario-amministrativo lasciato dal duo Quaglia –Furfaro) già di per sé non è un grande onore. Ma sorvoliamo, anche perché la difesa d’ufficio la conosciamo bene: qualche numero, un po’ di fumo negli occhi ed ecco fatto. Come a dire, guardo il dettaglio e non l’insieme, la confezione e non quello che c’è dentro. Ma un bilancio serio? No?

E sorvoliamo pure sull’inopportunità di firmare a ogni edizione uno spettacolo dal budget faraonico poiché, anche qui, conosciamo bene la risposta mozartiana di De Fusco: “Così fan tutti!”. Embè? E poi siamo proprio sicuri? Se persino la politica, che com’è noto viaggia con una ventina d’anni di delay, è arrivata a riformare questo orrendo costume dei direttori-registi… possibile che stiamo ancora a questo?

Adesso però soffermiamoci sulla notizia più recente a cui si faceva cenno all’inizio dell’articolo e che per noi ha un valore emblematico: il Premio Le Maschere del Teatro che, ricordiamo, è stato ideato da De Fusco ed è organizzato dalla Fondazione che gestisce il Festival diretto da lui medesimo. Dopo aver letto le ormai famose “terne finaliste”, a ragione, la gente normale (dico, non i giornalisti e i critici, pe carità) si sta incazzando per davvero! Il che, si potrebbe obiettare, è già un bel risultato perché, provare per credere, del Teatro Festival e affini sul web e sui social non è rimasta manco più l’indignazione, il “negative buzz”, semplicemente non frega più a nessuno. Non è vero? Provate a dare un’occhiata alla loro fanpage o al nuovo sito “musicale” o ancora a condividere un video qualunque dei loro spettacoli. Vedrete che viralità travolgente!

Insomma, “Le Maschere del Teatro” che, diciamolo pure, era già prima un premio abbastanza farlocco come solo i premi istituzionali sanno essere, ora è diventato qualcosa che va oltre il ridicolo, trascende, sublima in un certo senso, anzi: si fa paradigma. Infatti, in sette delle dodici categorie, è presente lo spettacolo “Antonio e Cleopatra” firmato lo scorso anno proprio da De Fusco. Ora, non ce ne vogliano i nominati (Zaira De Vincentiis, Maurizio Balò, lo stesso Luca De Fusco, Gaia Aprea, ecc. ecc.) per carità, tutti bravi e tutti belli, ma vi pare il caso? È uno scherzo? Se è così ditelo…

Anche l’uomo della strada si rende conto che ormai le difese d’ufficio e i numeri (che sono buoni al massimo per il bancolotto) non tengono più. Non c’entra la politica, né l’antipatia o la simpatia personale, o peggio ancora gli eventuali interessi di bottega di chi scrive (ad avercene), qua il bilancio è sotto gli occhi di tutti. Uno dirige un festival e si produce in quattro anni una quantità di spettacoli impressionante (bisogna considerare i grandi, ma anche i medi, i piccoli, i monologhi, gli spettacoli vecchi ripresi), poi dirige lo Stabile e basta sfogliare il catalogo della passata stagione per rendersi conto che il suo nome è ovunque, roba da non crederci. Poi si fa il Premio al San Carlo in differita su Rai1 e che fa, si premia da solo?

In conclusione, diciamo noi: uno che ha il suo curriculum, che ha un registro di attività recenti di questa portata (settimana scorsa ha inaugurato con “Agamennone” il Teatro Grande di Pompei sotto l'ormai ignominiosa sigla "Forum dell culture") non è più giusto che si metta sul mercato come qualunque altro regista e si trovi da solo i suoi produttori? Non sarebbe il caso?

105 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views