Le mani della camorra sul Veneto: in manette anche sindaco di Eraclea per voto di scambio
La camorra da tempo aveva steso la sua lunga mano anche sulle ricche zone industriali del Veneto, infiltrandosi pesantemente nel tessuto economico e sociale locale dove faceva affari e imponeva le proprie regole. È quanto ha portato alla luce una complessa e lunga inchiesta condotta dagli uomini del Gico del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Trieste e della squadra mobile di Venezia, coordinati dalla Direzione Distrettuale antimafia di Venezia. Le indagini si sono concluse oggi con un vasto blitz scattato dalle prime luci dell'alba di martedì con l'esecuzione di decine di misure di custodia cautelarle nei confronti di altrettanti personaggi legati ai clan di camorra.
La maxi operazione anticamorra ha visto impegnati centinaia di uomini della Guardia di Finanza e della Polizia di stato che hanno eseguito 50 misure cautelari (47 in carcere, 3 ai domiciliari) e 11 provvedimenti di obbligo di dimora e di altro tipo oltre a far scattare il sequestro di beni nei confronti degli arrestati per un valore di 10 milioni di euro. Per portare a termine gli arresti, scattati tra Venezia, Casal di Principe, in provincia di Caserta, e altre località del Veneto, hanno partecipato 300 uomini dello Scico della Guardia di Finanza, dello Sco della Polizia oltre agli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria di Venezia. I destinatari del provvedimento sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso e altri gravi reati connessi.
Voto di scambio nel 2016: il caso di Eraclea
In manette sono finiti non solo uomini direttamente collegati ai clan ma anche amministratori locali, direttori di banca, professionisti e persino poliziotti corrotti. Tra gli altri arrestati figura anche il sindaco di Eraclea, Mirco Mestre. Per l'accusa, la Camorra infatti si era infiltrata a tal punto da garantire anche i voti necessari alla sua elezione. Il suo è il primo caso di voto di scambio in Veneto, accertato nel corso delle elezioni comunali del 2016. Lo ha riferito il Procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi. "Abbiamo accertato – ha detto – che vi è stato nelle elezioni del 2016 uno scambio elettorale con la criminalità organizzata, non per tantissimi voti ma sufficienti, in cambio di coperture e strade più rapide per la gestione delle loro attività". Un radicamento nel territorio dimostrato anche dai tanti contatti che gli stessi imprenditori e semplici cittadini cercavano autonomamente con gli uomini dei clan per recuperare crediti e chiedere favori. Per gli inquirenti i clan da tempo si erano stabilizzati nel Veneziano dove avevano assunto il controllo assoluto del mondo dell'edilizia lungo la costa adriatica veneziana dove erano all'ordine del giorno estorsioni e truffe all'erario e traffici illeciti di ogni tipo.
Il clan in Veneto agiva a 360 gradi in tutti i settori
Come spiegato dagli inquirenti, il gruppo criminale che si era radicato sul territorio veneziano aveva come riferimento i casalesi legati ai clan Bianco e Bidognetti del boss Francesco detto "Cicciotto ‘e mezzanotte". Col tempo avevano fatto arrivare in zona altri esponenti dal Casertano assoldando al contempo anche persone del posto per i loro affari illeciti. "Il clan dei Casalesi in Veneto agiva a 360 gradi e in tutti i settori: riciclaggio, usura, estorsione, rapine, prostituzione, lavoro in nero e caporalato" ha sottolineato il Procuratore di Venezia. In pratica uomini della camorra riciclavano denaro finanziando imprese locali di varia natura, specie nell'edilizia, quindi applicavano tassi usurai e passavano all'estorsione. Il denaro accumulato, anche con rapine, veniva poi convogliato nella gestione della droga e della prostituzione. "Il fatto gravissimo – ha detto Cherchi – èche le vittime, specie dell'usura, venivano costrette a partecipare all'attività camorristica arricchendo sempre di più il tessuto malavitoso di fatto conquistando il territorio lungo la costa da San Donà di Piave a Eraclea, Caorle e Jesolo".
Casalesi recuperarono tesi laurea rubata
La sia ragazza era stata derubata di una borsa con la tesi di laurea e un direttore di banca, invece che rivolgersi ai carabinieri, ha deciso di affidarsi ai Casalesi che in 24 ore hanno recuperato e consegnato il bottino al bancario. La vicenda, finita nell'indagine della Dda di Venezia contro i camorristi in Veneto, è stata raccontata dal Procuratore nazionale antimafia Ferdinando Cafiero de Raho, il quale ha rilevato che poi "il direttore è diventato ostaggio dei Casalesi nell'aiutarli, da bancario, nei loro traffici illeciti". "Un esempio – secondo De Raho – che testimonia come purtroppo la pervasività dei camorristi sia stata capillare e profonda facendo venire meno, ingiustamente, anche il valore delle forze dell'ordine"
Zaia: "Necessaria più sicurezza nei nostri territori"
"Questa operazione per la prima volta ha accertato la presenza della criminalità organizzata strutturata nel territorio veneto, profondamente penetrata settore economico e bancario" ha spiegato il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, illustrando l'operazione anticamorra insieme al Procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho. "Questi sono aspetti che devono far riflettere tutti noi ma anche la comunità veneta e del Nordest, sui pericoli che a questo punto sono fatti accertati, per evitare che anche queste regioni diventino sede stabile della criminalità organizzata" ha aggiunto il Procuratore. Un plauso all'operazione è stato espresso pubblicamente dal Governatore del Veneto Luca Zaia. "In attesa che vengano resi noti i dati salienti mi sento di ringraziare a nome di tutta la gente per bene il Procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho e il Procuratore distrettuale di Venezia Bruno Cherchi per un successo nella lotta alla criminalità organizzata che contribuisce a portare sui nostri territori sicurezza, ordine e legalità. Credo di interpretare il sentimento dei veneti" ha dichiarato Zaia. "Notizie di questo tipo fanno cominciare bene la giornata. Grazie alla Guardia di Finanza e alla polizia che hanno eseguito questa brillante operazione con il coordinamento della Dda di Venezia. Vogliamo inseguire i boss e i loro sporchi affari ovunque siano" ha scritto invece il Ministro dell'Interno Matteo Salvini.
Il Veneto da tempo nel mirino della criminalità organizzata
Che il veneto fosse nel mirino della criminalità organizzata era stato ribadito di recente nella relazione semestrale redatta dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) e trasmessa alle Camere dal Ministro dell’Interno nel dicembre scorso. “Il Veneto è caratterizzato da un tessuto economico ed imprenditoriale molto sviluppato. Sul territorio si registra, infatti, la capillare presenza di piccole e medie imprese, la cui esistenza e prosperità è correlata anche ad importanti snodi di comunicazione. La ricchezza diffusa costituisce, pertanto, una potenziale attrattiva per la criminalità mafiosa, principalmente interessata a riciclare e reinvestire capitali illeciti” spiegava la relazione citando i numerosi casi già emersi dalle indagini degli inquirenti e ricordando che il territorio era diventato il rifugio in cui avevano trovato base anche i Casalesi