Le intercettazioni dell’ex prefetto di Padova: “Ne abbiamo fatte di porcherie sui migranti”
“È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare”. È il 14 aprile 2017 e chi parla è l’ex prefetto di Padova Patrizia Impresa, assunta da tre mesi con l’incarico di vice capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno (dal luglio scorso prefetto di Bologna). “Esatto”, è la replicata convinto del suo interlocutore, il vice prefetto vicario di Padova Pasquale Aversa, delegato a occuparsi della gestione dei migranti. La conversazione, riportata sul Mattino di Padova, è stata intercettata dai carabinieri del Nucleo investigativo coordinati dal pm Federica Baccaglini, nell’ambito del rapporto conclusivo degli inquirenti, parte integrante dell’inchiesta sulla gestione dell’accoglienza in Veneto, la cui gestione sarebbe “monopolizzata” dalla cooperativa Ecofficina Educational, poi Edeco, saldamente nelle mani di Simone Borile e della moglie Sara Felpati. Secondo quanto si legge negli atti, Borile (e, con lui, i soci) sarebbe così arrivato a “decuplicare il fatturato” della coop dal 2014 a oggi, mentre uomini e donne delle istituzioni (la Prefettura di Padova) gli regalerebbero “assoluto appoggio”.
E perché? Per salvare la poltrona, conquistandosi meriti e fiducia di fronte al superiore gerarchico – scrive ancora Il Mattino di Padova – oppure, semplicemente, per non sfigurare con il Governo rischiando magari il trasferimento. Un teatrino squallido, quasi misero, pensando alle responsabilità e al ruolo di questi burocrati di Stato formalmente al servizio del bene comune. E se, alla fine, gli indagati all’interno della “macchina amministrativa” (la Prefettura) risultano due (la funzionaria Tiziana Quintario, pure lei trasferita in prefettura a Bologna, e il vice prefetto Aversa, oltre ai capi di Ecofficina Simone Borile, Sara Felpati e Gaetano Battocchio), il quadro che ne emerge è desolante.
Le imputazioni contro Edeco:
fa ciò che vuole: bara sul numero dei profughi e infila quanti più migranti ci stanno nei centri di accoglienza. Ancora: prevede programmi d’integrazione che restano sulla carta, risparmia sul numero di operatori e chi se ne importa delle condizioni igieniche da brivido. Di più: se ne infischia di pericolose promiscuità fra maschi e femmine, del cibo scarso, delle temperature gelide nei rifugi, della prostituzione che “arruola” le immigrate. Infine: è avvisata in anticipo delle ispezioni grazie a soffiate degli uffici prefettizi. Eppure nel Palazzo, ovvero in Prefettura, si parla d’altro.
Ottobre 2016, il centro di San Siro di Bagnoli è sovraffollato. Dall’alto arriva la richiesta di alleggerirlo di 100-200 unità. Il 10 del mese il prefetto Impresa telefona al vice Aversa. “Mario Morcone (capo dipartimento Immigrazione del Ministero dell’Interno) le fa capire che le cose si mettevano male se la situazione restava invariata” scrivono i carabinieri. Il presidente dell’Anci Piero Fassino (Pd) era molto arrabbiato per la questione di San Siro (il sindaco di Bagnoli Roberto Milan è del Pd) e Morcone minaccia di parlare con il premier Renzi. Impresa è chiara: “Anche se andiamo a metterli da qualche parte dove non possiamo, qualche cosa la dobbiamo pur fare”, sentenzia. Chi l’ha informata è Carmine Valente direttore dei servizi per l’Immigrazione. “Ricordati che se devo cadere, io però faccio cadere Sansone con tutti i filistei” racconta di aver replicato, lamentando di aver sopportato da prefetto, nei tre anni padovani, gli attacchi prima della Lega e ora del Pd. Aversa risponde di essersi già messo in azione. E Impresa: “Anche se dobbiamo fare schifezze Pasqua’… eh (Aversa ride) eh… no… schifezze…noi ci dobbiamo salvare Pasqua’… perché, ti ripeto, non possiamo farci cadere una croce che…”.
10 novembre 2016: i migranti ospiti del centro di San Siro arrivano ad un cifra spropositata: 960. Il vice prefetto Aversa chiama Borile: “Il numero che c’era oggi sul report (il rapporto quotidiano del gestori del centro trasmesso in Prefettura) mi ha fatto venire i brividi…”. Il 21 novembre Impresa telefona ad Aversa: le serve il dato di Bagnoli perché è attesa una visita a breve del Ministro dell’Interno (allora era Alfano). Ma non può dargli il “dato di 900 persone di oggi. Non possiamo darglielo assolutamente”. “Impresa dice di voler dire al ministro 850 persone” scrivono gli investigatori nel rapporto, «Aversa dice di sì che ci sta come dato e nemmeno il sindaco di Bagnoli Milan lo sa.. Impresa dice ad Aversa di ricordarsi che riferirà 850 persone”. Se ne ritorna a parlare il 27 novembre. Impresa chiede ad Aversa il numero dei profughi da comunicare al titolare del Viminale. Aversa precisa: “A Bagnoli sono 912”. Ma si raccomanda: lei, il prefetto, deve dire che sono 850. Cinque mesi più tardi il sovraffollamento è quasi fuori controllo. A Impresa (nel frattempo non più nella città veneta) Aversa ammette che, a Padova, non ci sono più strutture per accogliere. Poi, sempre stando agli atti, parla della possibilità di ottenere una promozione entro fine anno.