Uno dei problemi relativi al rapporto tra preliminare e contratto definitivo riguarda le differenze che possono esserci tra preliminare e definitivo. Alcune differenze possono dipendere da "modifiche" necessarie per integrazioni e/o clausole che devono essere presenti nel contratto definitivo, ma che non sono obbligatorie nel contratto preliminare (es. le dichiarazioni urbanistiche). Altre "differenze" tra il contenuto dei due contratti possono dipendere da vere e proprie "modifiche" derivanti da una nuova volontà delle parti, venutasi a creare tra il momento della stipula del preliminare e la stipula del definitivo, oppure, anche al momento della stipula del definitivo.
In questi casi la questione è comprendere, soprattutto quando sorgono contestazioni tra le parti, se prevale il contenuto del contratto preliminare o il contenuto del contratto definitivo, presupponendo, ovviamente, che esiste una differenza di contenuto tra questi due contratti.
Di questa questione si è occupata proprio la Cassazione civ. sez. II, del 5 giugno 2012, n. 9063. La vicenda (che può chiarire quanto detto in precedenza) può essere così riassunta: Tizio stipula con Caio un preliminare per l'acquisto di alcuni appezzamenti di terreno, successivamente viene stipulato il contratto definitivo. Nel contratto definitivo non viene inserito uno dei vari appezzamenti di terreno (contraddistinto con una sua specifica particella catastale). Successivamente sorge una controversia tra venditore e acquirente, l'acquirente sosteneva che si era in presenza di un semplice errore (omissione) di redazione del contratto definitivo, quindi, chiedeva di essere riconosciuto proprietario anche di detta particella, se necessario, emettendo una sentenza ex art. 2932 c.c. Il venditore, contestò la domanda attorea sostenendo che tra il preliminare e il definitivo si era raggiunto un nuovo accordo, modificativo del preliminare, secondo cui la particella in questione (cioè il pezzo di terreno in questione) non darebbe stato trasferito dal venditore al compratore, questo spiegava per quale motivo il contratto definitivo con comprendeva la particella in questione.
La Cassazione civ. sez. II del 5 giugno 2012 n. 9063 per risolvere la questione parte dal presupposto che il contratto definitivo è l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni delle parti e non è una mera ripetizione del preliminare, questo comporta che il contratto preliminare resta superato dal contenuto del contratto definitivo e si presume che il contenuto del contratto definitivo corrisponde alla volontà delle parti, (eventualmente nuova e diversa rispetto la volontà indicata nel preliminare) per cui disciplina e il contenuto negoziale del contratto definitivo può anche non conformarsi al contenuto e alla disciplina negoziale del contratto preliminare.
(Occorre, precisare che la sentenza della Cassazione offre anche una valvola di sicurezza, cioè la regola sopra esposta non è assoluta, perchè è possibile provare che la volontà e il contenuto del preliminare è sempre vincolante, nonostante il contenuto del definitivo, con un atto scritto redatto contemporaneamente al definitivo, con cui si conferma quanto previsto nel preliminare stesso, invece, apparentemente non applicato con il definitivo).
Ecco il pensiero della Cass. civ. sez. II, del 5 giugno 2012 n. 9063
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, dal quale non vi è motivo di dissentire, nel caso in cui le parti, dopo avere stipulato un contratto preliminare, abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva (Cass. 114-2007 n. 15585; Cass. 18-72OO3 n. 11262; Cass. 252-2OO3 n. 2824; Cass. 18-420O2 n. 5635; Cass. 29-4-1998 n. 4354).
E’ stato ulteriormente puntualizzato che la presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova -che deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo; e che tale prova, secondo le regole generali del processo, va data dall’attore, trattandosi di fatto costitutivo della domanda con la quale egli chiede l’adempimento di un obbligo che, pur riportato nel contratto preliminare, egli può far valere in forza del distinto accordo intervenuto fra le parti all’atto della stipula del contratto definitivo (Cass. 10-1-2007 ne 233).
Non appare condivisibile, invero, il diverso indirizzo giurisprudenziale invocato dalle ricorrenti e richiamato nella sentenza impugnata (Cass. 18-11-1987 n. 8486), secondo cui la stipula del contratto definitivo costituirebbe soltanto l’adempimento delle obbligazioni assunte con il preliminare; dal che conseguirebbe che questo e non il contratto definitivo sarebbe l’unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti, con l’ulteriore corollario che l’eventuale modifica degli accordi stabiliti col preliminare dovrebbe essere accertata in concreto e non sarebbe deducibile, in caso di preliminare dì vendita di una pluralità di beni, dalla sola circostanza che il contratto definitivo abbia avuto ad oggetto soltanto alcuni di essi. Così argomentando, infatti, da un lato verrebbe a negarsi il valore di “nuovo” accordo alla manifestazione di volontà delle partì consacrata nel definitivo, che assurgerebbe, quindi, a mera ripetizione del preliminare, ponendosi in tal modo un limite ingiustificato all’autonomia privata; e, dall’altro, si attribuirebbe natura negoziale all’adempimento, in contrasto con la concezione, ormai dominante, che vede in esso il “fatto” dell’attuazione del contenuto dell’obbligazione e non un atto di volontà (Cass. 10-1-2007 n. 233).
Ciò posto, si osserva che, nella specie, non vi è prova (la circostanza non è stata nemmeno dedotta dalle ricorrenti) che le parti, pur avendo escluso dal contratto definitivo di vendita la particella in questione, in occasione della stipula di tale atto abbiano manifestato per iscritto la volontà di rimanere vincolate all’obbligo di trasferimento assunto con il preliminare in relazione al predetto mappale-particella. Tanto è sufficiente -in applicazione dei principi di diritto innanzi enunciati-, a giustificare il rigetto della domanda attrice di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. in relazione alla particella in questione; sicchè in tali termini deve correggersi la motivazione della sentenza impugnata.
Aggiornamento: Cass. civ. sez. II del 16 ottobre 2018 n. 25837
La giurisprudenza della corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 30735 del 21/12/2017, n. 9063 del 05/06/2012, n. 15585 del 11/07/2007, n. 233 del 10/01/2007, n. 2824 del 25/02/2003 oltre altre) ha confermato quanto sopra descritto.
In particolare è stato affermato che ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l'unica regolamentazione del rapporto da esse voluta.
La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova – che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili – di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo.