La gestione dei beni dei minori è un argomento poco conosciuto ed analizzato al di fuori dal campo degli addetti ai lavori, ma si tratta di un argomento con notevoli risvolti e ricadute pratiche ed economiche. E' opportuno precisare che per gestione dei beni dei minori non si intende solo la mera amministrazione degli stessi, ma anche l'acquisto o la vendita di tali beni, l'argomento diventa più interessante quando si considera che nella nozione di beni dei minori possono rientrare anche beni immobili i quali se intestati (acquisiti) dagli stessi minori possono beneficiare di un regime fiscale più favorevole (es. acquisto prima casa) che potrebbe non essere disponibile o applicabile ai genitori.
Trattandosi di minori è ovvio che gli atti di gestione non saranno compiuti dal minore stesso, ma saranno compiuti dai genitori, ecco, quindi, che ci si imbatte nella prima norma che regola la gestione dei beni dei minori e in generale il rapporto genitori – figli ed è l'art. 320 c.c. il quale (rubricato con il titolo di "Rappresentanza e amministrazione") dispone che "I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore". Dalla lettura della norma si evincono due principi 1) il principio secondo il quale gli atti (di ordinaria e straordinaria amministrazione) sono compiuti dai genitori "in rappresentanza" del figlio e non dal figlio direttamente, 2) gli atti di gestione dei beni del figlio possono essere compiuti da uno solo dei genitori (se di ordinaria amministrazione) o devono essere compiuti da entrambi i genitori se si tratta di straordinaria amministrazione.
In termini più giuridici la classificazione non riguarda solo la natura del bene (mobile o immobile), ma il tipo di atto, si tratta di una classificazione difficile da effettuare, in quanto non esiste un criterio univoco per distinguere quando un atto è di ordinaria amministrazione e quando, invece, è di straordinaria amministrazione; per rendere concreta la situazione basta pensare ad una recente sentenza della Cassazione la quale ha stabilito che la demolizione dell'auto del defunto caduta in successione e irreparabilmente danneggiata non richiede autorizzazioni giudiziali trattandosi di attività (di ordinaria amministrazione) che non rientra nell'ambito dell'alienazione (straordinaria amministrazione) per la quale è prevista una speciale autorizzazione giudiziale al fine di non decadere dal beneficio di inventario (Cass. civ. sez. II, del 25 ottobre 2013 n. 24171
Sorvolando su tutte le ricostruzioni e teorie relative all'identificazione degli atti di straordinaria amministrazione e presumendo che l'atto che i genitori vogliono compiere sia un negozio di straordiaria amministrazione, occorre, precisare che i genitori prima di compiere l'atto di straordinaria amministrazione devono ottenere un'autorizzazione (preventiva) dal c.d. Giudice Tutelare ex art. 320 c.c., infatti l'art. 320 comma III c.c. prevede che "I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare".
La situazione, descritta (anche se in modo semplificato) sembra relativamente semplice, ma, in realtà, i problemi che possono sorgere sono notevoli. Infatti, l'art. 320 comma III c.c. fa riferimento anche agli acquisti a causa di morte, ma esiste un'altra norma che regola le autorizzazioni necessarie per gli atti di straordinaria amministrazione ed è l'art. 747 cpc il quale (rubricato con il titolo di "Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari") dispone che "L'autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si e' aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito il giudice tutelare. Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale e' ammesso reclamo a norma dell'articolo 739".
Entrambi gli articoli fanno riferimento a beni ereditari e questa incongruenza è dovuta ad una cattivo coordinamento del legislatore in sede di riforma dell'art. 320 c.c., comunque, le differenze e il coordinamento tra l'art. 320 c.c. e l'art. 747 cpc è stato così risolto
- l'art. 320 c.c. si riferisce al Tribunale come giudice monocratico, il 747 cpc al Tribunale come giudice collegiale
- la competenza territoriale del Tribunale ex art. 320 c.c. è individuata in base al luogo di domicilio – residenza del minore – genitore la competenza territoriale del Tribunale ex art. 747 cpc è individuata in base al luogo di apertura della successione
- il 320 c.c. guarda esclusivamente l'interesse del minore il 747 cpc tutela anche gli interessi dei creditori del de cuius
- il 320 c.c. si applica solo dopo che il bene è stato definitivamente acquisito dal minore (o, quanto meno la fase ereditaria si è chiusa o quando il bene non può essere più considerato ereditario) l'art. 747 cpc si applica quando il bene non è stato ancora acquisito definitivamente dal minore (o quanto meno la fase erditaria non può dirsi chiusa o quando il bene è ancora ereditario), ovviamente sono numerose le teorie su quando si intende chiusa la fase ereditaria, nel caso specifico la Cassazione sembra far coincidere la chiusura della fase ereditaria con la fine della procedura del beneficio di inventario.
Cassazione, ordinanza 27 luglio 2012, n. 13520, sez. II civile
Considerato che, conformemente alle conclusioni del pubblico ministero, il regolamento di competenza richiesto d'ufficio dal Tribunale di Salerno deve essere definito nei termini espressi dallo stesso Tribunale;
che, infatti, la competenza ad autorizzare la vendita di immobili ereditari del minore soggetto alla potestà dei genitori appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del minore, a norma dell'art. 320 c.c., comma 3, unicamente per quei beni che, provenendo da una successione ereditaria, si possano considerare acquisiti definitivamente al patrimonio del minore; laddove l'autorizzazione spetta, sentito il giudice tutelare, al tribunale del luogo dell'apertura della successione, in virtù dell'art. 747 cod. proc. civ., comma 1 tutte le volte in cui il procedimento dell'acquisto iure hereditario non si sia ancora esaurito, come quando sia pendente la procedura di accettazione con beneficio d'inventario: e ciò sia perché in tal caso l'indagine del giudice non è limitata alla tutela del minore, alla quale soltanto è circoscritta dall'art. 320 cod. civ., ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell'eredità, sia perché altrimenti si determinerebbe una disparità di trattamento fra minori in potestate e minori sotto tutela, riguardo alla diversa competenza a provvedere per i primi (giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 cod. civ.) ed i secondi (tribunale quale giudice delle successioni in base all'art. 747 cod. proc. civ.) (Cass., Sez. 1, 7 aprile 1997, n. 2994; Cass., Sez. 1, 10 ottobre 2002, n. 14477);