Il 6 aprile 2009 una scossa di magnitudo 5,9 della scala Richter devastava la provincia de L'Aquila, provocando 308 vittime, 1650 feriti e la distruzione di gran parte della città capoluogo. Un evento drammatico per la popolazione aquilana con tante famiglie che hanno perso affetti e tutto ciò che avevano costruito e realizzato, ma anche una tragedia vissuta con grande partecipazione da tutti gli italiani che sin da subito hanno dimostrato la loro solidarietà. In effetti, accanto alla massiccia presenza delle forze dell'ordine e della Protezione Civile, immediatamente mobilitate nelle ore successive al sisma, a colpire è stata la grande "voglia" degli italiani di partecipare, di aiutare, di rendersi utili, vivendo quasi con empatia il dramma del popolo abruzzese. Aiuti e volontari, messaggi ed atti di solidarietà, interesse e coscienza di non assistere ad un "dramma da cartolina", ecco il modo in cui gli italiani hanno "reagito" alle notizie che continuamente rimbalzavano dai media nelle settimane successive. Persino l'immancabile polemica politica sembrava dover lasciare il passo agli appelli all'unità ed alla solidarietà e soprattutto alla considerazione della celerità e della bontà dell'intervento dello Stato e della Protezione Civile in particolare.
Insomma, per la prima volta sembrava che il nostro Paese fosse preparato a gestire un'emergenza, sembrava che di fronte al lutto di un'intera città si potessero evitare propaganda e polemiche, sembrava che il rispetto per le vittime fosse più grande dei beceri interessi materiali, sembrava che la volontà di intervenire rapidamente non fosse solo uno slogan da salotti televisivi. Sembrava, appunto. In realtà bastarono pochi giorni per rendersi conto che il terremoto de L'Aquila rischiava di rivelarsi lo specchio fedele della "deriva" della nostra classe politica e, per più di una ragione, di una "certa Italia". Dapprima la spettacolarizzazione mediatica della tragedia, con i politici di turno a rincorrersi per l'inquadratura simbolica e la dichiarazione ad effetto, poi le prime (a volte gravi) lacune nella macchina dei soccorsi e nella gestione dell'emergenza, poi gli assurdi burocratici ed i rimpalli di responsabilità, con gli aquilani costretti a convivere con le macerie o a sentirsi finanche dei privilegiati in vacanza negli alberghi della costa, ed infine il paradossale "tour delle macerie travestito da G8". Il tutto con ampio contorno di polemiche, botta e risposta al veleno radio televisivo, leggi su misura e tasse di scopo (per la verità "mascherate" alla buona) e soprattutto con la presenza quasi essenziale di telecamere e taccuini (tanto che qualche arguto analista ha collegato l'esistenza stessa della tragedia aquilana alla presenza dei media, in una sorta di spiazzante "no luce no oggetto").
Ovviamente non è questa la sede opportuna per assegnare responsabilità, emettere sentenze o individuare meriti e lacune nella gestione delle tante problematiche generate dal sisma. Certamente però ogni analisi, ogni discorso che ruoti intorno a questa ricorrenza non può esimersi dal fare riferimento ad alcuni dirimenti punti dolenti che hanno finito con il prendere il sopravvento su ogni "giudizio di merito" sulla vicenda. Il primo è certamente l'eccesso di spettacolarizzazione della vicenda, di cui abbiamo già in qualche modo parlato e che nelle ultime settimane ha mostrato il suo strascico penoso con la falsa testimonianza di una terremotata a Forum. Il secondo aspetto, connesso al primo, è legato alla incredibile capacità dei media e della politica italiana di "personalizzare" ogni vicenda, confondendo responsabilità e meriti, sovrapponendo propaganda ad azione amministrativa, riducendo istanze complesse a banali "attacchi politici". In tal senso certo non avrà aiutato il "ghe pensi mi" del Presidente del Consiglio, sicuramente attivatosi con celerità, ma come spesso gli accade, incapace di tenere a freno il suo innato protagonismo, che lo ha reso autore di una sorta di "one man show" che ha finito con l'alimentare polemiche ed aumentare lo scetticismo di tanti cittadini. Il senso è in poche parole questo: se la risoluzione dell'emergenza si identifica con l'operato, non della "macchina dello Stato", ma di una singola persona (peraltro la più "controversa" dell'intera storia repubblicana), come tenere distinti giudizio di merito e considerazioni di carattere politico? Come impedire che finanche la costruzione delle nuove case, o la sistemazione negli alberghi, la scelta dei finanziamenti e l'assegnazione degli appalti diventino casi politici e elementi di propaganda fra i differenti schieramenti politici?
Il terzo aspetto che ci interessa mettere in evidenza è proprio quello della ricostruzione, o meglio del modo in cui "quella certa Italia" ha inteso interpretare le parole d'ordine "Ricostruzione Subito". Il riferimento d'obbligo è chiaramente alla vergogna della corruzione e all'ombra della malavità nella ricostruzione abruzzese, ma soprattutto alle clamorose intercettazioni telefoniche immediatamente successive al sisma, che ben testimoniano il rispetto per la dignità umana e la scala valoriale di coloro che fagociteranno gran parte delle risorse messe a disposizione. Coloro che si sfregavano le mani e ridevano di fronte agli appalti e alle ricche prebende che si prospettavano, non erano solo un paio di imprenditori sciacalli e "gentaglia da quattro soldi", ma erano e sono il simbolo del cinismo, dell'arroganza, dell'arrivismo e dell'indifferenza che sembrano essersi insinuati come virus anche nelle nostre coscienze. La ricchezza come scopo, la sopraffazione della dignità umana come modus operandi, l'insofferenza per le leggi, la superficialità nei giudizi e la subordinazione di ogni altro valore al benessere personale…
Ed infine, ci sia concesso un breve passaggio su colui che, assieme al Cavaliere ed al malcapitato popolo aquilano, resterà come uno dei "simboli" del sisma del 6 aprile 2009. Stiamo parlando dell'ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Protezione Civile Guido Bertolaso, personaggio controverso, su cui molto si è detto e scritto negli ultimi mesi, su cui pesano intercettazioni telefoniche e procedimenti giudiziari, ma a cui tanti riconoscono i meriti della "buona gestione" dell'emergenza. Già, perchè proprio a conferma di quanto dicevamo in precedenza, ossia sul come nel Belpaese non si riesca a fare una valutazione di merito prescindendo dagli attori e dai registi, arrivano le recentissime dichiarazioni di Gianni Letta, fedelissimo di Berlusconi e politico stimato e rispettato: "Mi piace ricordare l'impegno della protezione civile e di Guido Bertolaso che è stato l'angelo degli abruzzesi". Beato il Paese che non ha bisogno di eroi…nè di angeli.