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Opinioni

La vendita dei beni in comune: Cassazione 09.10.2012 n. 17216

L’art. 1108 c.c., richiede il consenso di tutti i contitolari per le alienazioni, è una norma generale applicabile ad ogni tipo di comunione ordinaria o ereditaria (si applica, quindi, indipendentemente dal titolo con cui si è formata la comunione) se non è stata espressamente derogata.
A cura di Paolo Giuliano
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In presenza di beni in comune tra più soggetti (c.d. comunione ordinaria)  il codice civile detta alcune per la gestione dei beni medesimi.

Passando ad analizzare in particolare le norme in materia di comunione si nota subito che le decisioni di maggiore importanza devono essere prese seguendo il così detto metodo assembleare (il quale prevede la convocazione dell'assemblea di tutti i partecipanti alla comunione, il voto in assemblea e, alla fine, la decisione dell'assemblea). All'assemblea, coma già detto,  devono essere convocati tutti i comproprietari (in mancanza la delibera è invalida) e la decisione della maggioranza vincola gli assenti o i contrari. Alcune decisioni, molto importanti, come la vendita dei beni in comune (la vendita di tutti o solo di alcuni di questi) deve essere presa con il consenso di tutti i proprietari. E' opportuno specificare che si tratta sempre di una delibera e il voto espresso in sede assembleare non può sostituire il consenso (personale) necessario per la stipula del successivo atto di vendita, soprattutto quando si tratta di beni immobili.

Questo, ovviamente, non significa che il singolo partecipante alla comunione non possa disporre liberamente della propria quota, l'applicazione di questo principio permette di affermare che non c'è bisogno di nessuna autorizzazione degli altri partecipanti alla comunione per disporre della propria quota e non c'è bisogno di nessuna delibera preventiva dell'assemblea dei titolari dei beni in comunione per disporre della propria quota, l'art. 1108 c.c., in altri termini,  regola un' ipotesi diversa da quella in cui il singolo comproprietario voglia disporre della propria quota, infatti, regola il caso in cui si voglia disporre dell'intero bene in comunione (se il bene è unico) o dell'intera comunione se comprende più beni o se si voglia disporre di singoli beni compresi nella comunione (se la comunione comprende più beni).

Questa norma (come le restanti norme  previste per la comunione ordinaria) sono tendenzialmente applicabili a qualsiasi tipo di comproprietà (indipendentemente dal titolo con cui si è formata la comunione), infatti, la comunione si può costituire in  seguito all'apertura di una successione (la c.d. comunione ereditaria) o perchè più persone acquistano in comune e pro indiviso il medesimo bene (cioè acquistano singole quote del bene c.d. comunione ordinaria inter vivos).

Cassazione civ. sez. II, del 9 ottobre 2012 n. 17216

Non è condivisibile, infine, la tesi della ricorrente principale, secondo cui l’art. 1108 c.c., che richiede per le alienazioni il consenso di tutti i comproprietari, non è applicabile alla comunione ereditaria. La norma è invece espressione di una regola generale, pertinente a ogni specie di comunione, compresa quella derivante dalla successione per causa di morte, come risulta evidente dal disposto dell’articolo 719 c.c., che ad essa apporta una limitata eccezione, prevedendo che la vendita possa essere deliberata a maggioranza, esclusivamente nella particolare ipotesi che sia necessaria per il pagamento dei debiti e pesi ereditari.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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