La triste storia di Capitan Findus: “Mi hanno truffato e sono in miseria”
L'unico oggetto che potrebbe aiutare coloro che non sanno nulla di lui ad identificarlo, è il cappello da marinaio. Per il resto, riconoscere in questo signore dalla lunga barba bianca lo storico Capitan Findus "italiano" , è pressoché impossibile. Lui si chiama Giovanni Cattaneo ed è stato il protagonista del primo spot con il personaggio poi reso celebre da John Hewer, scomparso tre anni fa. Ma il mondo dello spettacolo e degli amici vip sembrano ormai lontani anni luce; oggi vive in un piccolo monolocale in a Milano, in zona Corvetto, in compagnia del suo unico amico, un pastore tedesco di nome Com. Ha lo sguardo triste mentre racconta la sua storia: «Dei cinesi mi hanno truffato. Mi hanno coinvolto per l’apertura di un ristorante ed io ci ho rimesso la casa» dice nell'intervista rilasciata al Giorno. La faccenda è già finita in tribunale, «ma è da 11 anni che sto tribolando. Non ce la faccio più. Ora dovrei presentare appello ma non ho i mezzi per trovare un buon avvocato. Finora non ho avuto fortuna».
Le condizioni fisiche del signor Cattaneo sono precarie, ha un pacemaker e cammina con le stampelle. Per cucinare è costretto ad arrangiarsi con un fornello elettrico perché non ha neppure il gas. Alcuni anni fa, ha provato a scrivere al presidente della Repubblica per chiedere sostegno economico. Ma di risposte, nessuna. Dopo aver abbandonato quell'universo fatto da luci e telecamere, Cattaneo ha provato praticamente qualsiasi lavoro pur di sbarcare il lunario: «Mi alzavo alle 4 per andare a scaricare i camion all’ortomercato, sono stato facchino, tassista, bagnino nelle piscine comunali, bibliotecario, bidello e maschera alla Scala. Per un periodo ho fatto anche il vigile, però non davo mai multe», ha raccontato. Ma il ricordo più bello del piccolo schermo è proprio quello del mitico capitano: «La gente mi fermava per strada e ancora adesso mi chiamano così».
Ora, l'aria fiera da Capitano non c'è più. Messa da parte da anni di traversie. La speranza è riuscire a portare a termine la causa di risarcimento per rimettere un po’ in sesto il suo alloggio e vivere dignitosamente il resto della sua vita. «Non chiedo tanto. Io – dice – non sono ossessionato dal denaro, vorrei solo quello che mi spetta e che mi è stato tolto ingiustamente. Qualcosa che mi consenta di mettere a posto la casa e di vivere serenamente. Se qualcuno potrà aiutarmi, gli sarò grato per la vita».