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Opinioni

La strategia di Draghi per uscire dalla crisi

Mario Draghi (Bce) sembra aver convinto i mercati e invoca l’azione riformatrice dei governi europei. La sua strategia consentirà di suddividere meglio i costi della crisi e far ripartire l’economia europea?
A cura di Luca Spoldi
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Draghi in conferenza stampa alla Bce

Mario Draghi anche questa volta è riuscito ad estrarre il coniglio dal cilindro: nonostante la Bce abbia deciso di lasciare invariata la struttura dei tassi, contrariamente ad attese che indicavano possibile un taglio dello 0,25% del costo del denaro nell’Eurozona (il tasso sulle operazioni principali di rifinanziamento resta dunque pari allo 0,75%, quello sulle operazioni marginali all’1,%, mentre sui depositi overnight la remunerazione resta pari a zero), nella successiva conferenza stampa il numero uno di Eurotower ha annunciato che il board ha votato (col solo voto contrario del numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann) il via libera ad un programma di acquisti “illimitati” ma anche “sterilizzati” e sottoposti a precise condizioni di titoli di stato sul mercato secondario in funzione anti-spread.

Immediata e positiva la reazione dei mercati, con le borse euforiche (Piazza Affari ha chiuso in rialzo del 4% con titoli come Bpm, Bper, Ubi Banca o UniCredit saliti a fine giornata tra l’11% e l’8% a testa) e titoli di stato a loro volta in rialzo in termini di quotazioni con conseguente calo dei rendimenti e degli spread: a fine giornata sul Btp decennale guida il rendimento cala al 5,30% (21,5 punti base meno di ieri), con uno spread contro Bund che scende al 3,72% (32 punti base meno della vigilia), ma il calo è generalizzato e tocca anche il tratto a breve della curva, col rendimento del 2 anni guida al 2,27% (18 punti base di ribasso) e uno spread su Bund che si riduce al 2,23% (23 centesimi meno di ieri). In mattinata del resto l’Euribor a 3 mesi (tasso cui sovente sono indicizzati i mutui a tasso variabile) aveva a sua volta toccato un nuovo minimo storico pari allo 0,266%.

Ben si comprende la reazione dei titoli finanziari, che salgono perché hanno i portafogli pieni di titoli di stato: per dire, la sola Generali, che oggi ha ceduto la controllata israeliana Migdal per “soli” 705 milioni contro gli 835 milioni previsti a marzo a causa dell’allungarsi dei tempi per l’operazione, aveva in pancia a fine giugno 255 miliardi di titoli a reddito fisso (il 52,3% dei quali rappresentati da titoli di stato, in buona parte italiani) con una duration complessiva attorno ai 4,5 anni. Come dire che per il Leone di Trieste (e così pure per le principali banche italiane a partire da Mps, Banco Popolare, Ubi Banca, Intesa Sanpaolo e UniCredit), ogni punto percentuale di calo dello spread e quindi del rendimento dei titoli di stato comporta un guadagno di alcune decine di miliardi di euro della valorizzazione del proprio portafoglio titoli e scusate se è poco.

La mossa di Draghi, che ha ripetutamente citato la necessità che ora l’operazione venga completata con una “seconda gamba” politica attraverso l’azione riformatrice dei governi europei, ad esempio in tema di mercato del lavoro, ha anche il pregio, sottolineato dallo stesso banchiere, di offrire una visione più trasparente sia sugli obiettivi della Bce sia sulla strategia che verrà messa in atto per raggiungerli. La Bce intende far ripartire i meccanismi di trasmissione di politica monetaria oggi compromessi e riparare un’area monetaria unica, oggi frammentata. Per questo l’istituto centrale europeo, spiega Mario Draghi, vorrebbe vedere migliori politiche di credito, anche se, ha aggiunto il banchiere centrale europeo, il “credit crunch” in atto è spesso legato a un calo della domanda di credito a sua volta connesso al rallentamento economico in atto.

Riuscirà nel suo intento “super Mario” Draghi e questo consentirà al vecchio continente di lasciarsi alle spalle la lunga crisi del debito sovrano, mettendo così le basi per far ripartire l’economia? Un numero sempre maggiore di economisti e banche d’affari pensa che al punto in cui siamo, dopo avere accumulato “trilionate di debito negli ultimi 40 anni”, come ricorda lo strategist di Kairos Partners, Alessandro Fugnoli, “o si ristruttura tutto e si riparte o si attraversa una lunga stagione di repressione finanziaria in cui si accetta, come obbligazionisti, di ricevere tassi inferiori all’inflazione”. Meglio sarebbe dunque evitare di flirtare troppo con obbligazioni e titoli di stato e piuttosto investire in beni reali (azioni, immobili, materie prime), approfittando di qualsiasi fase di debolezza.

Se come sembra Draghi riuscirà a imitare il suo collega americano Ben Bernanke (capo della Federal Reserve), che quattro anni, è riuscito a fare scendere tutta la curva dei rendimenti riacquistando in pratica tutti i titoli di stato fino a tre anni, i costi della crisi potrebbero essere diversamente (e forse meglio) suddivisi di come non siano attualmente. Agli italiani e spagnoli (assieme a greci, irlandesi e portoghesi quando saranno in grado di tornare a emettere nuovi titoli di stato sul mercato) toccherà comprarsi i titoli a lungo, a rendimenti in calo e quindi con quotazioni in tendenziale rialzo, sempre meno dipendenti dall'umore dei mercati internazionali e delle agenzie di rating. Il che, a fronte di un’inflazione strisciante, potrebbe dare qualche problema a chi deve investire sui lunghissimi periodi (i gestori di fondi pensione), mentre potrebbe favorire la ripatrimonializzazione delle banche e così facendo ridare fiato anche all’economia reale.

E’ un sentiero ancora impervio, costellato di imprevisti e difficoltà, ma è una prima strada per uscire dalla crisi, a patto che tutti facciano sul serio e le necessarie riforme non restino nei cassetti. Le mille lobbies italiane ed europee, sia politiche sia industriali o bancarie, sapranno rassegnarsi a fare da spettatrici o cercheranno di “pilotare” il processo in modo da ottenere più benefici e minori costi? Draghi non sembra preoccuparsene, speriamo abbia ragione lui.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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