La storia del rating italiano, un declassamento iniziato nel 2003
L’Italia è stata bocciata da Standard & Poor’s, che oggi ha abbassato il rating del nostro Paese da A+ ad A. All’agenzia non sono piaciuti né la manovra economica, troppo incentrata sulle tasse e che rischia di deprimere ulteriormente i consumi, né l’atteggiamento dei nostri politici. L’agenzia ha espresso a chiare lettere la mancanza di credibilità del nostro Governo nel portare avanti un risanamento serio dei conti pubblici.
Il giudizio, infatti, non è nient'altro che un voto sulla capacità del Paese di ripagare i suoi debiti, cioè di risanare il bilancio pubblico senza deprimere il mercato interno. La scelta di spendere più del dovuto è una vecchia abitudine italica che dal Boom economico in poi ha visto crescere i debiti in maniera esponenziale. Unica eccezione in positivo in questo lungo lasso di tempo è il periodo dal 1996, con il Governo Prodi, fino al 2004, dove le spese ritornano ad essere maggiori delle entrate facendoci accumulare un debito non più sopportabile.
Oltre a Standard & Poor’s a declassare il nostro rating potrebbe essere anche l’agenzia Moody's che deciderà nelle prossime settimane. Le agenzie di rating, infatti, nonostante le minimizzazioni, tengono sotto osservazione la nostra economia da tempo, e da anni ormai ci avvertono con continui declassamenti che la nostra classe politica ha fatto finta di non vedere.
L’ultima promozione del nostro rating, infatti, risale al 2002 quando l’agenzia Fitch alza la valutazione da AA- ad AA, dato non casuale se si guarda appunto agli sforzi dei quegli anni per diminuire il debito pubblico. Da allora in poi è un susseguirsi di bocciature da parte delle più importanti agenzie di rating mondiali. Dopo la conclusione di quel felice periodo positivo, i primi a modificare le prospettive del nostro rating furono proprio quelli di Standard & Poor’s nel 2003, modificando la valutazione da AA stabile a negativo. Da allora almeno una volta all’anno fino al 2006 lo stato di salute della nostra economia è stato giudicato sempre peggiore. Nel 2004 sempre Standard & Poor’s ci declassa da AA ad AA-, poi insieme a Fitch nel 2005 rivedono di nuovo in negativo le prospettive e nel 2006 arriva l’ulteriore declassamento da parte di entrambe ad A+ per Standard & Poor’s e ad AA- per Fitch.
Dopo un periodo di relativa tregua, si arriva a quest’anno, quando a maggio Standard & Poor’s modifica nuovamente le prospettive da stabili a negative, e poi ai giorni nostri con il taglio del rating da A+ ad A. Le prospettive future non sono rosee visto che già si parla di ulteriori tagli al rating, tutto è nelle mani dei politici che questa volta dovranno per forza di cose prendere in considerazione questi giudizi che purtroppo ci vedono ben al di sotto di altre economie considerate in difficoltà come la Spagna. Di strada da fare in salita ne abbiamo tanta, almeno la stessa che abbiamo fatto in discesa dal 1996 quando il nostro rating era ad AAA stabile.