Può capitare che l'esito di un determinato processo dipende dall'esisto di un diverso procedimento, l'esempio tipico è quello relativo ad un decreto ingiuntivo per oneri condominiali (opposto) basato su una delibera di assemblea (impugnata ex art. 1137 c.c.), in una situazione simile risulta evidente che l'esito del giudizio relativo all'opposizione del decreto ingiuntivo dipende dall'esisto del giudizio relativo alla validità della delibera dell'assemblea.
In queste situazioni, (in assenza della comune volontà delle parti processuali di sospendere il processo dipendente, cioè l'opposizione al decreto ingiuntivo, ipotesi regolata dall'art. 296 cpc) il legislatore con l'art. 295 cpc ha previsto che il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
La ratio della norma è evidente: si tratta di evitare contrasti tra giudicati e di evitare il prolificare di procedimenti inutili.
Ovviamente, si è in presenza di una norma astratta alla quale occorre fornire dei criteri per definirne i contorni.
Sul punto si può dire che (Cass. civ. sez. II del 26 settembre 2018 n. 22987) la giurisprudenza della Cassazione ha costantemente affermato che la sospensione necessaria del processo, ove non imposta da specifiche disposizioni di legge, ha per fondamento
- non solo l'indispensabilità logica dell'antecedente avente carattere pregiudiziale,
- ma anche l'indispensabilità giuridica, nel senso che l'antecedente logico venga postulato con efficacia di giudicato, per evitare un possibile conflitto tra giudicati tra le stesse parti.
Essendo questo lo scopo della norma di cui all'articolo 295 cod. proc. civ., ne discende che tale articolo (relativo alla sospensione facoltativa) può trovare applicazione solo quando, in altro giudizio, deve essere decisa, con efficacia di giudicato, una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico e non quando sussista solo una questione pregiudiziale in senso logico (Cass. civ. sez. II del 26 settembre 2018 n. 22987).
Contro l'ordinanza di sospensione del processo è possibile ricorrere in Cassazione come previsto dall'art. 42 cpc perché, in quanto possono essere impugnati con il regolamento necessario di competenza non solo l'ordinanza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli artt. 39 e 40 cod. proc. civ., non decide il merito della causa, ma anche i provvedimenti sulla sospensione del processo.
La ratio della norma è evidente: si tratta di evitare contrasti tra giudicati e di evitare il prolificare di procedimenti inutili.
Il legislatore si preoccupa anche di regolare la ripresa del processo sospeso con l'art. 297 cpc prevedendo che "se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all'articolo 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all'articolo 295"
E' opportuno notare che l'art. 297 cpc dispone l'eliminazione della sospensione nel momento in cui c'è una sentenza passata in giudicato, quindi, in teoria, se il giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera di assemblea si conclude con una dichiarazione di nullità della delibera, ma la sentenza viene impugnata, la sospensione non potrebbe essere eliminata e il giudizio relativo all'opposizione del decreto ingiuntivo (emesso sulla base della delibera dichiarata nulla) non potrebbe continuare.
Di conseguenza, la parte che ai sensi dell'art. 297 cpc ha chiesto la prosecuzione del processo sospeso (sulla base della sentenza emessa, ma non passata in giudicato), dovrebbe vedersi respingere l'istanza e dovrebbe vedersi confermata al sospensione (o dichiarata una nuova sospensione) del processo.
In una situazione simile, risulta evidente che il primo problema che si pone è quello relativo a quale mezzo processuale usare per poter contestare l'ordinanza che conferma la sospensione (si anticipa che tale ordinanza può essere impugnata con il regolamento di competenza ex art. 42 cpc, se si considera che, di fatto, conferma la sospensione del processo o che dispone la prosecuzione della sospensione), altro problema è quello relativo all'eventuale contestabilità nel merito dell'ordinanza che conferma la sospensione in presenza di una sentenza (ma non passata in giudicato).
Per cercare di risolvere la questione occorre considerare due aspetti:
- 1) mentre all'entrata in vigore del codice di procedura civile il passaggio in giudicato delle sentenza corrispondeva anche alla sua esecutività, oggi, dopo una serie di modiche, si è giunti ha codificare il principio per il quale (ex art. 282 cpc) La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, di fatto, si è scisso, il passaggio in giudicato della sentenza dall'esecutività della stessa (al fine di evitare appelli dilatori). In altri termini, si può anche affermare che la sentenza (anche non passata in giudicato) quale valore deve pur averlo.
- 2) l'art. 337 cpc dispone che quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata; in altri termini, occorre distinguere una sospensione (necessaria) del processo ex art. 295 cpc (in assenza di una sentenza), da una sospensione del processo facoltativa, in presenza di una sentenza emessa, ma impugnata.
In presenza, quindi, dell'evoluzione normativa, come deve comportarsi il giudice in presenza di una richiesta di sospensione del processo in presenza di una sentenza emessa, anche se impugnata ? Quando è possibile sospendere il processo (o confermare la sospensione del processo): sempre in assenza di una sentenza emessa, ma non passata in giudicato, oppure, solo se si ritiene che l'eventuale impugnazione della sentenza emessa potrà essere accolta ?
Quest'ultimo orientamento è stato accolto, infatti, si è ritenuto che salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 cod. proc. civ., come si trae dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 cod. proc. civ.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado.
Pertanto, è errato il provvedimento con il quale, a fronte della istanza di prosecuzione della parte opponente, si dispone il mantenimento della sospensione necessaria del processo di opposizione a decreto ingiuntivo, motivandolo con l'applicazione dell'art. 225 cod. proc. civ., quando nella causa pregiudicante era già intervenuta sentenza di primo grado, dichiarativa della nullità della delibera in forza della quale il decreto era stato emesso.
Il giudice avrebbe potuto sospendere il processo dipendente, ma ai sensi dell'art. 337 cod. proc. civ., ove non avesse inteso riconoscere l'autorità dell'altra decisione: sulla base, cioè, di una valutazione della plausibile controvertibilità che il confronto tra la decisione intervenuta e la critica che ne è stata svolta con l'atto di appello abbia fatto emergere".
Cass., civ. sez. VI, del 20 maggio 2015, n. 10412 in pdf