La ripartizione delle spese nel Condominio è sempre un motivo di contrasto tra i proprietari, le quali si trasformano in liti giudiziarie. Alla base della ripartizione delle spese c'è l'art. 1123 c.c. il quale
– con il 1° comma individua il principio generale che regola la ripartizione delle spese condominiali, stabilendo che le spese si ripartiscono in modo proporzionale al valore della proprietà della singola unità immobiliare, salvo diversa convenzione. Cioè soltanto un patto sottoscritto da tutti i proprietari o imposto dall’originario ed unico proprietario ai successivi acquirenti, può eliminare questo principio generale. una delibera dell’assemblea che approvi una ripartizione delle spese non proporzionale senza il consenso di tutti i proprietari è nulla. Questo non significa che nel condominio non sussistono spese ripartibili in “parti uguali”, ma significa solo che si tratta di poche eccezioni (Es. citofoni e antenna centralizzata tv).
– il 2° comma dell’art. 1123 c.c. apporta un correttivo al primo comma, infatti, prevede che quando il bene comune è destinato a servire i proprietari in modo diverso, la ripartizione della spesa è effettuata in base all’uso e non in base al valore della proprietà, tipico esempio potrebbe essere quello relativo alle spese di pulizia del cortile interno di un palazzo usato solo dagli appartamenti e non dai locali esterni all'edificio con accesso diretto dalla strada.
– il 3° comma dell’art. 1123 c.c. regola l’ipotesi in cui i beni condominiali sono usati solo da alcuni proprietari, in questo caso, la spesa è sopportata solo dai proprietari che ne traggono utilità (es. colonna fecale o le scale di un edificio).
Per modificare quanto previsto dall'art. 1123 c.c. occorre il consenso di tutti i proprietari, in particolare è opportuno distinguere tra l'errore sull'applicazione di una tabella di ripartizione già esistente (che porta solo l'annullabilità della delibera entro 30 giorni ex art. 1137 c.c.) dalla creazione (ex novo) di una nuova tabella che deroga il meccanismo previsto dall'art. 1123 c.c. (es. ripartendo le spese delle scale in base al numero degli occupanti gli appartamenti con esclusione degli appartamenti vuoti) che determina la nullità della delibera.
Rientrano nell'ipotesi di nullità meccanismi di ripartizione delle spese "forfettarie", cioè ti verso una cifra fissa (indipendente dalla spesa effettiva) un tale meccanismo (completamente svincolato dalla spesa effettiva) comporta (in ogni caso) il pagamento di spese non dovute o perché si pagano spese maggiori di quelle dovute (di fatto donando denaro ad altri soggetti) oppure perché si pagano (ci si accolla) spese di altri soggetti, ma, in entrambe le ipotesi nessuno può essere vincolato dall'assemblea a fare donazioni o ad accollarsi debiti di altri (essendo necessario il consenso di tutti i proprietari e non solo quello dei presenti in assemblea). Inoltre, è evidente che un tale metodo di ripartizione viola, completamente, il metodo proporzionale indicato dall'art. 1123 c.c. (in quanto, di fatto, esclude alcuni proprietari dal pagamento delle quote condominiali).
Un ulteriore metodo di ripartizione che viola l'art. 1123 c.c. è quello che prevede una ripartizione delle spese in base al numero degli abitanti delle singole unità immobiliari e/o escludendo dalla ripartizione alcune unità immobiliari in quanto disabitate.
Partendo, da quest'ultima questione (esclusione dalla ripartizione delle spese le unità immobiliari non occupate o non occupate stabilmente o costantemente), tralasciando la questione della natura giuridica delle quote condominiali, (il cui obbligo di pagamento è indipendente dall'uso effettivo dell'unità immobiliare, in quanto trattasi di scelta discrezionale) si può facilmente intuire la violazione dell'art. 1123 c.c. se si osserva che anche in assenza di un uso effettivo dell'immobile (che può ridurre alcuni consumi come, ad esempio, l'acqua, quando il condominio è intestatario di un'unica utenza generale oppure le spese dell'ascensore, non usato quando l'appartamento è vuoto) sul medesimo immobile (anche se non effettivamente abitato), graveranno sempre le spese fisse dell'utenza (es. canone del contrato).
Quindi, escludere alcune unità immobiliari dalla ripartizione delle spese, in quanto non effettivamente abitate, significa, di fatto, addossare ad altre unità immobiliari spese non dovute, violando il meccanismo di ripartizione (e il principio proporzionale) previsto dall'art. 1123 c.c. (Senza considerare che difficilmente sarà possibili accertare l'uso effettivo o meno dell'immobile).
Passando, invece, alla questione relativa alla ripartizione delle spese in base al numero degli occupanti le singole unità immobiliari (che potrebbe avere una rilevanza su alcune spese come quelle relative all'acqua, quando il condominio è intestatario di un'unica utenza generale). Occorre considerare se sono presenti dei "sotto contatori" che misurano il consumo effettivo oppure non sono presenti "dei sotto contatori".
Quando sono presenti (nel condominio) dei sotto contatori, la ripartizione della spesa verrà effettuata in base ai consumi effettivi indicati nel sotto-contatore.
Quando, al contrario, non sono presenti dei sotto-contatori occorre verificare se la ripartizione in base al numero effettivo degli abitanti è conforme all'art. 1123 c.c. (il quale al " comma parla di "uso"). Occorre, inoltre, fare un'ulteriore distinzione, tra l'ipotesi in cui tale ripartizione della spesa è stata accettata da tutti i proprietari, (in questo caso non è possibile contestare la ripartizione) dall'ipotesi in cui tale metodo di ripartizione della spesa è stata imposto dalla maggioranza dell'assemblea (in questo caso la delibera è nulla per violazione dell'art. 1123 c.c.).
Sicuramente, il numero di persone presenti dell'immobile non è un metodo idoneo per poter ripartire i consumi, sia per l'impossibilità di conoscere il numero degli abitanti effettivi in ogni singola unità immobiliare, sia perché, di fatto un tale sistema di ripartizione della spesa appare inidoneo ad accertare un congruo rapporto tra spesa ed uso individuale dell'utenza.
Cass. civ. sez. II, 1 agosto 2014 n. 17557 in pdf