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Opinioni

La revoca e la convalida della delibera nulla o annullabile

La Cassazione del 12.12.2012 n. 22762 analizza la revoca della delibera di una asseblea di srl invalida (2377 c.c., 2379 c.c. 2479 ter c.c.) affermando che l’assemblea può revocare una delibera invalida e può assumere una seconda (nuova) delibera, con contenuto coincidente o meno con l’oggetto della prima delibera revocata.
A cura di Paolo Giuliano
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Molto spesso capita di imbattersi in delibere di organi assembleari (condomini, società, associazioni) nulle o annullabili e, di conseguenza, ci si chiede come comportarsi, oppure, meglio ci si chiede quale potrebbe essere la migliore strategia processuale nel momento in cui i riceve una citazione avente ad oggetto una delibera nulla o annullabile.

In questi casi è possibile fornire delle linee guida generali che, ovviamente, vanno, poi, verificate in concreto in base alle singole situazioni, poichè sussistono differenze normative tra i diversi enti che prevedono il meccanismo – metodo –  deliberativo.

La prima opzione strategica è quella di non costituirsi in giudizio. Naturalmente occorre, in primo luogo, verificare che la contestazione sia fondata (e per ottenere questo tipo di valutazione è opportuno rivolgersi ad un professionista esperto in materia, questo potrebbe sembrare un banale consiglio, ma potrebbe anche non essere un consiglio tanto banale se si considera l'intera problematica della riserva sulla consulenza legale).

Questa scelta (quella di non costitursi in giudizio) produce un vantaggio economico immediato, infatti, se l'esisto del giudizio è quello previsto (annullabilità e/o nullità della delibera) la mancata costituzione in giudizio comporta un parziale risparmio di spesa, poichè in caso di condanna al pagamento delle spese legali queste sono limitate solo al pagamento del legale dell'attore e non (anche) al pagamento del legale del convenuto  soccombente (ecco, dunque, che la consulenza preventiva sulla validità della contestazione diventa molto importante). Inoltre, nulla esclude che la mancata costituzione in giudizio del convenuto comporti la totale compensazione delle spese (e questo sembra essere un orientamento generale in molti uffici giudiziari) ecco, dunque, che anche in presenza di una citazione per l'annullabilità e/o nullità di una delibera, il convenuto potrebbe non ricevere un aggravio economico (anche in questa situazione la consulenza preventiva diventa molto importante).

Certo, affermare che non costituirsi in giudizio (in presdenza di contestazioni fondate) è una scelta economicamente vantaggiosa, potrebbe provocare un momento di disaggio professionale (ci si riferisce agli avvocati), ma occorre anche osservare che il "premio" (economico offerto al contumace) e derivante dalla mancata costituzione in giudizio potrebbe uno dei mezzi per eliminare il contenzioso che blocca il sistema giudiziario nazionale (e forse potrebbe essere la vera eredità della mediazione obbligatoria).

In particolare, questa scelta non è fonte di un danno economico, ne per gli avvocati (ne per i clienti) infatti, l'onorario per il processo sarebbe sostituito dall'onorario per la consulenza preventiva in fase di assistenza durante lo svolgimento dell'assemblea o per la consulenza relativa alla valutazione sulle contestazioni mosse dall'attore o per una eventuale transazione (a cui l'attore sarebbe più invogliato sapendo che pur avendo una sentenza favorevole non avrebbe un totale recupero delle spese posto che il convenuto non si è mai opposto alle richieste dell'attore – soprattutto se quest'ultimo  non partecipa all'assemblea).

La scelta di premiare la mancata costituzione in giudizio, potrebbe anche essere un modo (indolore) per eliminare il contenzioso che blocca il sistema giudiziario, infatti, l'attore nel momento in cui diventa cosciente che la via giudiziaria è l'ultima opzione (e soprattutto diventa cosciente che la via giudiziaria non è economicamente vantaggiosa) è portato a cercare (tentare) di far accogliere le proprie istanze direttamente in assemblea, partecipando alla stessa e, soprattutto, evitando che l'amministratore e/o il presidente della stessa assemblea possano compiere errori giuridici che danno vita al contenzioso, naturalmente, tutto, questo presuppone che l'amministratore e/o il presidente dell'assemblea abbiano una preparazione tale da accogliere le istanze – effettuate durante l'assemblea –  e dirette a rispettare la normativa giuridica vigente, ricordando che gli errori giuridici (professionali) compiuti dall'amministratore e/o dal presidente dell'assemblea, se producono dei danni, espongono il presidente dell'assemblea e l'amministratore a responsabilità per il risarcimento dei danni.

Anche se questa prima opzione ha dei notevoli vantaggi economici presenta, comunque, il fianco ad una critica sostanziale, perchè è una scelta – di fatto – attendista, che può andare bene in enti (come ad esempio il  condominio) in cui l'attività di gestione non richiede scelte immediate e frenetiche, in cui la gestione può anche attendere (adeguarsi) ai tempi della giustizia, mentre, invece, difficilmente una tale opzione può essere utile per gli enti come le società che necessitano di scelte operative immediate e che non possono permettersi lunghi periodi di incertezza, anche se, è opportuno, sottolineare la costituzione o meno in giudizio non riduce le fasi del processo e – al momento – non riduce i tempi della giustizia.

La seconda scelta a disposizione di coloro che ricevono una citazione avente ad oggetto una delibera nulla o annullabile è quella di revocare la delibera nulla o annullabile e sostituirla con una delibera conforme a legge oppure è possibile sanare (convalidare) la delibera invalida. Il primo problema da affrontare è quello relativo all'individuazione della natura giuridica di questi istituti ed è quello relativo all'individuazione dei riferimenti normativi che supportano queste operazioni giuridiche.

Il primo passo è comprendere se sussistono differenze tra la convalida (sanatoria) di una delibera da un lato, e la revoca di una delibera invalida e la sua sostituzione con un'altra (di contenuto uguale o diverso) valida dall'altro lato. In generale, si può affermare che, in teoria, è possibile distinguere tra convalida e revoca (e successiva sostituzione) della delibera.

Infatti, la convalida di un contratto o di una delibera  assembleare è un istituto giuridico mutuato dalla convalida del contratto, che presuppone un atto annullabile (ergo non è applicabile alle delibere nulle che non sono sanabili).

Inoltre, la legittimazione alla convalida è riconosciuta solo al soggetto legittimato a chiedere l'annullamento dell'atto, il quale manifesta la volontà di convalidare l'atto, ora, sorvolando sulla questione se la maggioranza assembleare può "vincolare" (nel senso di far rinunciare) all'impugnate al suo diritto di invalidare la delibera invalida (e posto che difficilmente colui che ha contestato giudiziariamente una delibera convaliderà la stessa) ne discende che, in concreto,  l'unico mezzo a disposizione delle parti per "sanare" una delibera invalida è quello previsto dal procedimento della revoca della delibera – nulla o annullabile – e la sua sostituzione con un altra delibera valida – di contenuto uguale o diverso alla precedente.

Altra differenza tra revoca e convalida può essere colto se si considera che l'atto di convalida è un negozio di secondo grado, il quale presuppone un atto precedente (anche se annullabile), una volta stipulta la convalida, quest'ultima forma con il negozio annullabile una formazione complessa (gli effetti si produrranno sempre dal momento della stipula del negozio annullabile e non deriveranno dalla convalida). Al contrario, in caso di revoca, la delibera invalida viene eliminata (da verificare le conseguenzze sui diritti eventualmente acquisiti dai terzi e derivanti dalla delibera revocata) e gli effetti deriveranno dalla seconda delibera.

L'istituto della revoca della delibera invalida (e successiva sostituzione con altra delibera valida) è applicabile a ogni tipo di invalidità (nullità e annullabilità) e prescinde dalla necessaria "partecipazione" al procedimento di revoca e sostituzione dell'attore impugnante la delibera (ovviamente deve essere convocato in assemblea).

Quanto agli effetti processuali (ed economici derivanti) della delibera di revoca e della successiva sostituzione della delibera (presupponendo la costituzione in giudizio del convenuto) possono essere così descritti:

1) nel momento in cui la delibera di revoca viene prodotta in giudizio il giudice dovrà rilevare la cessata materia del contendere (con sentenza), inoltre

2) le spese (liquidate in base al principio della c.d. soccombenza virtuale) saranno quelle prodotte per l'attività giudiziaria effettuata fino al momento della revoca (e non anche quelle successive).

Cassazione civ. sez. I del 12 dicembre 2012 n. 22762 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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