In passato ci siamo occupati più volte del problema relativo al mantenimento dei figli susseguente la crisi della famiglia, cioè dopo la separazione e il divorzio.
La questione è molto delicata perché uno dei punti di maggiore attrito al momento dello scioglimento del matrimonio riguarda sempre o l'addebito della separazione oppure la componente economica relativa al mantenimento dei figli (per figli si intende figli di entrambi i coniugi e non di uno solo degli stessi) o del mantenimento del coniuge economicamente debole.
Volendo individuare (in modo semplificato) i principi basilari in materia si può affermare che una volta determinato il mantenimento (per via giudiziale o per accordo) dei figli, il mantenimento dei figli continua fino a quando questi non sono diventati economicamente indipendenti.
Il genitore obbligato al versamento non può auto ridursi il mantenimento (pena un possibile reato ex 570 cp), ma dove sempre richiedere ed attendere la modifica delle condizioni di separazione e divorzio da parte dell'autorità giudiziaria.
Può capitare che il genitore obbligato (ligio alle regole) chieda la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (mediante una riduzione del mantenimento dei figli) – nel frattempo – continui a versare quanto previsto – ed ottenga dopo qualche anno la riduzione del mantenimento. In questi casi, ci si chiede, ma il genitore può ottenere la restituzione di quanto versato quanto meno dalla data di presentazione della domanda di revisione (modifica in riduzione) delle condizioni di separazione e divorzio?
La risposta è positiva, ma solo in alcuni casi e solo in presenza di alcune condizioni.
Infatti, è vero che dall'insieme degli art. 447 c.c. (Inammissibilità di cessione e di compensazione. "Il credito alimentare non può essere ceduto. L'obbligato agli alimenti non può opporre all'altra parte la compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate") e 545 c.p.c. (Crediti impignorabili "Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per causa di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto") e 2034 c.c. (Obbligazioni naturali. "Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace") discendono i principi della non ripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle somme già corrisposte a titolo di assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne.
Però, è anche vero che dagli stessi articoli possono essere desunti i casi e i principi sulla base dei quali è possibile ottenere la restituzione di quanto versato. Infatti, se il versamento non è spontaneo (ad esempio perché avvenuto in seguito a pignoramento o decreto in giuntivo) si esclude l'applicabilità dell'art. 2034 c.c. se, invece, il versamento non ha più natura o funzione alimentare (perché ad esempio il figlio ha raggiunto la propria indipendenza economica) si esclude l'applicabilità dell'art. 447 c.c. e si rende possibile la restituzione del versamento.
Ecco, quindi, che dopo il provvedimento dell'autorità giudiziaria che modifica (riduce il quantum) del mantenimento (con decorrenza dalla data di presentazione della relativa domanda di riduzione) le somme versate tra la data della presentazione della domanda di riduzione e la data di accoglimento della predetta istanza perdono la natura di prestazioni alimentari (che sono solo quelle che hanno la funzione – concreta – di mantenimento) soprattutto quando la riduzione è concessa per il raggiungimento dell'autonomia economica dei figli e devono essere restituite.
Cass. civ. sez. I del 23 maggio 2014 n. 11489 in pdf