Rimane sempre non chiaro il momento in cui è possibile dire Il condominio esiste o il condominio è stato costituito.
La questione merita un approfondimento in quanto l'assimilazione (almeno astratta) del condominio con gli "enti" potrebbe portare a pensare che anche per il condominio è necessario un atto di "costituzione" nel quale viene formalizzata la volontà di creare l'organismo. In realtà, il condominio, in quanto rappresenta una situazione di contitolarità di alcuni beni (1117 cc), non richiede nessuna manifestazione di volontà per costituirsi (o per dirsi esistente o per attivarsi).
Di conseguenza, si può dire che il condominio di edifici si costituisce ipso iure nel momento in cui si realizza il frazionamento dell'edificio da parte dell'unico originario proprietario pro indiviso, con la vendita in proprietà esclusiva, ad uno o più soggetti diversi, di piani o porzioni di piano; da quel momento è necessaria la nomina dell'amministratore e da quel momento in poi sussiste la legittimazione attiva del condominio, e per esso del suo amministratore, in tutte le controversie che abbiano ad oggetto la rivendica di parti comuni. E sempre dal medesimo momento si applica il metodo assembleare.
L'individuazione del momento in cui si costituisce il condominio fotografa anche l'istante giuridico al quale bisogna fare riferimento per individuare i beni condominiali.
Con l'avvenuta costituzione del condominio (anzi, per la precisione, nel momento in cui si costituisce il condominio) si trasferiscono ai singoli acquirenti dei piani o porzioni di piano anche le corrispondenti quote delle parti comuni, di cui non è più consentita la disponibilità separata (da parte dell'originario ed unico proprietario) a causa dei concorrenti diritti degli altri condomini; (a meno che non emerga dal titolo, in modo chiaro ed inequivocabile, la volontà delle parti di riservare al costruttore originario o ad uno o più dei condomini la proprietà esclusiva di beni che, per loro struttura ed ubicazione dovrebbero considerarsi comuni); la presunzione di condominialità di beni e servizi comuni non può essere superata per via induttiva o per fatti concludenti.
Quindi, quando un bene è diventato condominiale in forza del primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare da parte dell'originario proprietario, (da quale consegue la nascita del condominio), il medesimo soggetto con un successivo trasferimento di un'altra unità immobiliare non può trasferire, in proprietà esclusiva, una parte del bene (ormai) condominiale.
Diverso dalla questione inerente la proprietà e l'identificazione dei beni condominiali è la problematica relativa alla gestione e alla regolamentazione dell'uso del bene comune . La regolamentazione dell'uso del bene comune può essere fatta sia al momento della costituzione del condominio (nel regolamento di condominio o nel contratto di trasferimento) oppure dall'assemblea successivamente.
Il regolamento condominiale, adottato a maggioranza dall'assemblea, può disporre in materia di uso delle cose comuni, purché sia assicurato il diritto al pari uso di tutti i condomini, tale dovendosi intendere non solo l'uso identico in concreto (se possibile), ma in particolare l'astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente mantenuto fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio. (Nella fattispecie è stata ritenuta valida la delibera, adottata a maggioranza, che aveva previsto l'uso a rotazione tra i quattro condomini dei tre posti auto disponibili)."
Del resto, il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; in altri termini, la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell'unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine.
Un mezzo legittimo di regolamentazione dell'uso del bene comune (oppure, un modo legittimo per gestire l'uso del bene comune) è il criterio della turnazione dello stesso oppure, detto in altro modo, la disciplina turnaria del bene comune (ad esempio posti macchina). E' opportuno osservare che l'uso turnario, lungi dal comportare l'esclusione di un condomino dall'uso del bene comune, è adottato per disciplinare l'uso di tale bene in modo da assicurarne ai condomini il massimo godimento possibile; nell'uniformità di trattamento tra tutti i condomini, considerando le circostanze concrete.
La la delibera, la quale disciplina l'uso di un bene comune può essere legittimamente assunta con le maggioranze di cui all'art. 1136 cod. civ., purché sia assicurato il pari uso di tutti i condomini, e cioè il massimo godimento possibile. L'assemblea di un condominio edilizio può validamente deliberare con la maggioranza di cui all'art. 1136, secondo comma, cod. civ, la specifica destinazione dei posti auto disponibili, per assicurare ai condomini il migliore godimento e la migliore utilizzazione dei detti posti auto, senza che ne derivi una violazione del principio del godimento paritario per l'impossibilità di assicurare a ciascun condomino un posto macchina, in quanto il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i compartecipi della comunione, che resta affidato alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza.
Cass., civ. sez. II, del 26 gennaio 2016, n. 1421 in pdf