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La regia di Papa Francesco dietro la svolta tra USA e Cuba

Il ruolo del santo Padre è stato determinante: tra telefonate e lettere, ecco come il Pontefice ha ricucito lo “strappo” storico tra Stati Uniti e Cuba.
A cura di Davide Falcioni
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Era il 1959 e Giovanni XXIII era Papa da un paio di mesi: Fidel Castro era da poco il nuovo presidente cubano, dopo aver cacciato il dittatore Batista, e dall'isola caraibica suore e missionari iniziarono a darsi alla fuga, temendo pesanti ritorsioni da Fidel e Guevara. Papa Roncalli, tuttavia, era furibondo: "Perché non si scappa, non si scappa mai. E mai si interrompono i rapporti diplomatici". L'aneddoto è stato ricordato dal Corriere della Sera, che ha rivelato i retroscena della svolta storica tra Stati Uniti e Cuba. Una svolta in cui il mediatore fondamentale è stato il Vaticano: a ottobre, mentre gli occhi del mondo erano puntati sul Sinodo dei vescovi, in Vaticano si incontravano in gran segreto, sotto la regia del segretario di Stato Pietro Parolin, le delegazioni di Cuba e Stati Uniti. Forse non è un caso che l'ufficializzazione del deciso cambio di rotta sia arrivata ieri, 17 dicembre, giorno del 78esimo compleanno del "Papa venuto dalla fine del mondo".

Il ruolo di Papa Francesco, dunque, è stato determinante. La tela è stata tessuta nel corso degli anni, ma il lavoro finale, fatto di lettere e telefonate, è stato del pontefice argentino, che nella scorsa estate ha più volte chiesto la liberazione di alcuni detenuti cubani e americani. Fi dal primo momento il Santo Padre si è conquistato la fiducia di Castro e Obama, in particolar modo in seguito alle numerose denunce sulle derive dell'Occidente e del Capitalismo che sono piaciute soprattutto a Cuba. Ma il Papa che dice di volere una "chiesa povera tra i poveri" si è circondato di una squadra di primissimo piano: Pietro Parolin era infatti Nunzio in Venezuela durante il governo di Chavez, mentre l'arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, era nunzio a Cuba.

A ciò si aggiunga la volontà dei vescovi cubani e di quelli statunitensi, che da tempo chiedevano la fine dell'embargo: già nel 1998 Giovanni Paolo II arrivò nell'isola e disse che il "blocco" era "ingiusto e eticamente inaccettabile". La stessa cosa fece Benedetto XVI nel 2012, a pochi mesi dalle "dimissioni": "Si eliminino posizioni inamovibili e punti di vista unilaterali". Un lavoro di lungo corso, dunque, che Papa Francesco ha finalizzato nel migliore dei modi.

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