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La presunzione di condominialità non si supera con l’accatastamento

La Cassazione del 3.01.2014 n. 54 ha stabilito che l’accatastamento non è una prova sufficiente per superare ed escludere la presunzione di comproprietà prevista dall’art. 1117 c.c., solo i titoli (contratti o sentenza di usucapione) sono prove idonee per far perdere ad un bene la qualifica di bene condominiale ex 1117 c.c.
A cura di Paolo Giuliano
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Il legislatore dopo la riforma del condominio del 2012 è intervenuto sull'art. 1117 c.c. migliorando l'originaria formulazione dell'art. 1117 c.c. presente nel codice  civile del 1942, anche se sono state effettuate delle integrazioni il principio alla base è rimasto immutato.

L'art. 1117 c.c. (nella nuova formulazione) prevede che sono beni condominiali e, quindi, sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Rispetto il vecchio testo dell'art. 1117 c.c. si nota alcune evidenti modifiche ed integrazioni,

– la comproprietà ex art. 1117 c.c. non è influenzata dall'uso costante o temporaneo del bene, quindi, i beni sono condominiali ex art. 1117 c.c. anche se il proprietario ha diritto ad un godimento periodico (questa locuzione ha spinto molti a far rientrare la figura della c.d. multiproprietà nell'ambito del condominio);

– viene fornita una regola generale (che mancava nel codice del 1942) e non viene fornito solo un mero elenco di beni, infatti, sono condominiali e, quindi, in comproprietà tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (di conseguenza, l'elencazione successiva delle singole parti non è tassativa, ma meramente indicativa), questo comporta che anche un bene non indicato nell'elenco dell'art. 1117 c.c. potrebbe essere comune ex 1117 c.c. se destinato all'uso comune; per uso comune si deve intendere non solo a servizio di tutte le unità immobiliari, ma anche a servizio di alcune delle unità immobiliari;

all'elenco delle parti in comproprietà  condominiale si aggiungono le aree destinate a parcheggio; sul punto è opportuno sottolineare che il legislatore ha fornito un mezzo per eliminare una parte del contenzioso sorto in materia, infatti, si parte da una presunzione di condominialità (di comproprietà) delle aree destinate a parcheggio, volutamente il legislatore parla di aree destinate a parcheggio (e, di conseguenza, dei posti auto incidenti su tali aree) in quanto, in questo modo, viene codificato (anche se in modo indiretto) un orientamento costante sorto in passato relativo al godimento turnario del posto auto  (che presupponeva la comproprietà del bene dell'area destinata a parcheggio).

Questo non esclude che possono esserci situazioni più complesse, che dovranno essere valutate caso, per caso, basta pensare all'ipotesi al di sotto del cortile comune vengano realizzati dei posti auto o delle cantine private, in questa ipotesi, il cortile resta comune ex art. 1117 c.c. e funge anche da copertura delle costruzioni realizzate nel sottosuolo (le quali possono anche essere private).

Se è  possibile affermare che i beni indicati nell'art. 1117 c.c. sono sostanzialmente beni pertinenziali e/o accessori ad un altro bene definito principale (le unità immobiliari site nell'edificio) occorre anche comprendere quale può essere il rapporto e le differenze tra i beni pertinenziali indicati nell' 817 c.c. (che regola le pertinenze in generale) e i beni pertinenziali e/o accessori indicati nell'art. 1117 c.c.

Sul punto si può dire che l'art. 1117 cc è una norma speciale rispetto l'art. 817 c.c.; le ulteriori differenze possono essere individuate notando che le pertinenze indicate nell'art. 817 c.c. possono essere di proprietà altrui, mentre i beni indicati nell'art. 117 c.c. sono sempre in comproprietà 1117 c.c., inoltre, mentre le pertinenze ex art. 817 c.c. possono sempre essere liberate dal vincolo pertinenziale, i beni comuni ex art. 1117 c.c. difficilmente possono perdere il loro carattere di bene al servizio delle unità immobiliari (bene principale).

E' possibile concordare sul principio secondo il quale la condominialità dei beni elencati (si ripete, in modo non esaustivo) nell'art.  1117 c.c. deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune; precisato questo aspetto, per  comprendere  a pieno il  principio della condominialità ex art. 1117 c.c.  occorre anche considerare un altro aspetto: sui beni indicati nell'art. 1117 c.c. c'è una presunzione di comproprietà  dei  beni indicati nell'art. 1117 c.c. (o, quanto meno, dei beni destinati al servizio comune). Questo comporta che colui che contesta la condominialità di un determinato bene, di fatto, contesta la comproprietà del bene, (con un'azione, in qualsiasi modo formulata, è un'azione di rivendica della proprietà), deve fornire la prova precisa che il bene è di proprietà esclusiva e non in comproprietà.

Quindi, il principio della presunzione di condominialità consiste nel fatto che una volta provato che un dato bene rientra tra quelli descritti nell'art. 1117 c.c. (oppure, quanto meno, una volta provato che un dato bene  è al servizio dell'edificio, in questo senso pertinenziale), scatta la presunzione di "comproprietà" ("condominialità"), questo comporta che colui che vuole contestare la comproprietà e vuole affermare la proprietà esclusiva del bene (e tale domanda in sede processuale ha la natura giuridica di un'azione di rivendica della proprietà) deve provare la proprietà esclusiva.

Questo comporta che occorre fornire prova della proprietà esclusiva, e la prova saranno i contratti di acquisto e vendita, divisione ecc.  (risalendo fino all'originario ed unico proprietario dell'edificio, posto che il condominio si costituisce nel momento in cui si aliena la prima unità immobiliare), la prova della proprietà esclusiva e non comune del bene può essere fornita o portando i contratti (acquisto a titolo derivato) con il quale si è acquistato il bene in proprietà esclusiva (partendo dall'originale ed unico proprietario del bene) oppure provando l'acquisto per usucapione (cioè a titolo originale).

Non potranno essere considerate come prova idonea della proprietà esclusiva di un bene indicato nell'elenco dell'art. 1117 c.c. o di un bene al servizio comune ex art. 1117 c.c.  le mappe catastali o gli accatastamenti catastali  o le intestazioni catastali (che, di fatto, sono atti unilaterali) che qualificano un determinato bene come bene comune ex art. 1117 cc. o come bene privato.

Cassazione civ. sez.  II, del 3 gennaio 2014 n. 54 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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