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Opinioni

La politica torna a pesare sui mercati

Inizio di settimana negativa per i mercati finanziari italiani: la borsa perde l’1,5%, il rendimento sui Btp decennali torna sopra il 5%. Tutta colpa delle minacce di Silvio Berlusconi? Non proprio…
A cura di Luca Spoldi
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Berlusconi

La settimana apre in calo sui mercati azionari e obbligazionari italiani ed europei, con Piazza Affari che cede l'1,5% al termine di una seduta orfana di notizie da Wall Street (chiusa oggi e domani in previsione del passaggio dell'uragano Sandy) e il Btp decennale guida che vede il rendimento risalire sul 5,015% (11 punti base più delle chiusura di venerdì), mentre lo spread coi Bund si allarga al 3,56% (19 basis point di rialzo). Un calo che la stampa collega alle nuove polemiche e tensioni politiche seguite alla condanna in primo grado dell’ex premier Silvio Berlusconi, accusato di frode fiscale, e alla successiva minaccia dello stesso di togliere il sostegno all’attuale esecutivo guidato da Mario Monti, nonché alle incertezze circa i tempi di un’eventuale richiesta di aiuto da parte della Spagna nei confronti della Bce.

Per la verità chi si occupa di mercati e non di propaganda racconta una verità diversa: come testimonia l’odierna asta di Bot a 6 mesi (8 miliardi assegnati, il massimo previsto, con un rendimento medio lordo dell’1,347% annuo contro l’1,503% dell’asta precedente e una domanda pari a 1,52 volte l’offerta contro le 1,39 volte dell’asta del mese scorso) il mercato delle minacce dell’ex premier italiano, azionista di maggioranza del gruppo Mediaset, non ha tenuto minimamente conto. Ha pesato, questo sì, la sensazione che torna a crescere che la politica europea, più che quella italiana, stia tornando a dominare i mercati imponendo i suoi tempi, da sempre non sincroni con quelli dei mercati stessi: mentre fino alla scorsa settimana ci si apprestava a celebrare un’intesa tra la “troika” Ue-Bce-Fmi e la Grecia, ora dalla Germania si torna a tuonare contro l’ipotesi di concedere ad Atene ulteriori dilazioni dei termini per centrare gli obiettivi concordati di taglio del debito pubblico. Un argomento molto “politico” e molto poco “economico” che sembra destinato a diventare centrale in vista delle elezioni politiche tedesche del prossimo anno.

Nel frattempo anche in Italia le tensioni cresceranno comunque, perché tra un governo Monti che sia pure con molti limiti e sbagliando quasi tutto quel che si può sbagliare (sia per colpe proprie sia per i limiti insiti nella “qualità” della maggioranza parlamentare che lo sostiene, costituita da quegli stessi partiti e personaggi che hanno portato il paese nell’attuale situazione di sostanziale fallimento) sta provando a rimettere in ordine in qualche modo (criticabile, ripeto a scanso di ecquivoci) e i vaneggiamenti di chi propone di “abolire l’Imu” e amenità del genere senza offrire una spiegazione qualsiasi di come verrà trovata la necessaria copertura finanziaria (e sulle spalle di chi cadrà: sospetto più di coloro che con l’Imu non ci vanno a perdere rispetto alla precedente Ici, introdotta e mantenuta dai governi Prodi e Berlusconi, come coloro che sono proprietari solo di un immobile, che non di coloro che protestano perché pagano più tasse di prima, come chi ha un patrimonio di molti immobili) i mercati non possono che fare un sia pur tiepido tifo per il primo.

Anche perché l’alternativa non sembra emergere come ha drammaticamente confermato il voto in Sicilia: non solo l’astensionismo alle stelle rischia di aumentare anziché ridurre lo scollamento tra il paese reale e il “palazzo”,  ma anche perché le “forze nuove” come il movimento 5 Stelle ancora non ha dimostrato di avere credenziali in ambito economico e quindi, di nuovo, tra un presente poco esaltante e un futuro totalmente incerto i mercati, sempre loro, non possono che fare un tiepido tifo per Monti. Quanto agli altri fattori che influenzano i mercati (dati macro e micro), all’orizzonte non si scorge nulla di buono. Anche al netto del passaggio dell’uragano Sandy su New York e dei possibili danni che produrrà (oggi proprio i titoli assicurativi sono stati tra i peggiori in tutta Europa), i segnali provenienti sia dall’America sia dall’Europa non sono propriamente esaltanti sia a livello di dati ex post sia di previsioni e di rumors in merito a ulteriori ristrutturazioni che importanti gruppi come Ubs starebbero per varare.

La banca svizzera in particolare starebbe per tagliare fino a 10 mila dipendenti e per ridurre le attività di investment banking per alleggerire la propria presenza in settori ad elevata intensità di capitale così da migliorare la redditività per gli azionisti. Molte delle attività di trading sul reddito fisso verrebbero scorporate e chiuse o cedute, così da ridurre di circa altri 100 miliardi di franchi svizzeri (circa 83 miliardi di euro) gli asset ponderati per il rischio. Il che significa che il prolungarsi della crisi e il progressivo deleveraging stanno scoraggiando non solo la domanda di credito, come segnalano le banche e numerosi analisti e operatori, ma anche l’attività di tesorieri e investitori: l’economia reale cala e la finanza gli va appresso. In questo sconsolato panorama è sempre più difficile trovare imprenditori e investitori pronti a rischiare e a scommettere su una ripresa futura, un atteggiamento prudente che però rischia di farci perdere drasticamente terreno se la ripresa arrivasse in Europa o da altre parti del pianeta.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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