Lo scioglimento delle comunioni (ordinarie o ereditarie) tramite il procedimento tipico denominato divisione è molto complesso e delicato, poichè durante tale fase possono sorgere numerosi problemi, i quali sono dovuti non solo dalla conflitualità dei comproprietari e, quindi, sono dovuti alla formazione delle porzioni e alla corrispondenza (o meno) tra il valore della quota ideale e il valore della porzione attrbuita, ma possono dipendere anche da terzi, intesi come aventi causa dei comproprietari (si pensi alla vendita della quota di comproprietà) o ai semplici creditori o ai creditori ipotecari, in quanto sui beni in comune possono essere presenti ipoteche a favore di terzi estranei alla comunione.
Mentre la divisione senza uno dei comproprietari è sicuramente nulla, non potendo raggiungere il suo scopo diretto alla fine della comunione, restano da valutare le conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione alla divisione dei creditori. Un aiuto per risolvere queste questioni è fornito dal legislatore.
Infatti, la partecipazione alla divisione di tali persone è regolata dall'art. 1113 c.c. il quale dispone che "I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o dell'azione surrogatoria.
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione per l'effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale".
Sostanzialmente per i creditori l'art. 1113 comma I c.c. prevede che possono intervenire (possono e quindi non devono), quindi il legislatore riconosce ai creditori un diritto di intervento, ma se non intervengono non possono impugnare una divisione salvo che non abbiano notificato un atto di opposizione anteriormente alla divisione stessa, in caso di beni immobili l'atto di opposizione deve essere trascritto prima della trascrizione della divizione (se contrattuale) o della trascrizione della domanda di divisione se giudiziale. Il motivo che giustifica il diritto di intervento (anche se limitato) è dato dal fatto che i creditori sarebbero sostanzialmente degli spettatori nel giudizio di divsione, ma la loro presenza sarebbe diretta al controllo della regolarità della procedura non avendo altri poteri o diritti sostanziali.
Quanto ai creditori iscritti (es. ipotecari) l'art. 1113 comma III c.c. prevede che devono essere chiamati ad interveniere se l'iscrizione è avvenuta prima della trascrizione della domanda di divisione o dell'atto di divisione.
Per i creditori iscritti, il problema è dato dal fatto che occorre comprendere cosa intende il legislatore con la locuzione "devono essere chiamati a intervenire", infatti potrebbe significare che si è in presenza di un litis consorzio necessario e, di coseguenza, in mancanza di notifica dell'atto di citazione per la divisione anche ai creditori iscritti il giudizio non potrebbe continuare e l'eventuale sentenza sarebbe nulla. Identica questione si pone per le divisioni contrattuali, in questi casi, però, la questione è ancora più complessa, poichè occorrerebbe trovare un modo per provare l'invito di tali creditori alla stipula dell'atto di divisione. La Cassazione, invece, accoglie una interpretazione più liberale e considera l'art. 1113 c.c. comma III come una mera ipotesi di litis consorzio facoltativo, per cui è l'attore che decide se ichiamare o meno i creditori iscritti nel giudizio di divisione, ma la loro mancata citazione non influisce sull'esito del giudizio.
Quanto detto potrebbe anche essere usato per risolvere l'analogo problema posto nelle divisioni contrattuali, in quanto se nei giudizi la presenza dei creditori iscriti è solo eventuale e non incide sull'esito della sentenza, un diverso metro di valutazione difficilmente può essere usato nelle divisioni contrattuali, per cui, in conclusione, anche nelle divisione contrattuali la presenza dei creditori iscritti è solo eventuale e la loro mancanza non incide sulla validità del contratto di divisione
Cassazione civ. sez. II del 9 novembre 2012 n. 19529
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 27-6-1998 T.F. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale L.F. chiedendo dichiararsi la divisione dei beni già in comunione legale tra essi coniugi, scioltasi con il divorzio tra loro intervenuto, e condannare la convenuta al pagamento di un corrispettivo “pro quota” per il godimento dell’immobile precedentemente adibito a casa coniugale a far tempo della revoca dell’assegnazione di esso alla L.
Motivi della decisioneCon il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 1113 terzo comma c.c., inesistenza e/o nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., vertendosi in tema di litisconsorzio necessario anche in relazione agli artt. 6 L. 845/1955 e 111 Cost.
Premesso che antecedentemente alla trascrizione della domanda giudiziale di divisione in data 19-8-1998 era stata iscritta sul bene in questione fin dal 21-12-1992 una ipoteca giudiziale a favore della (…) di Forlì, la L. assume che l’art. 1113 c.c. prevede in tal caso una ipotesi di litisconsorzio necessario riguardo ai creditori iscritti anteriormente alla domanda di divisione, e che pertanto il giudice di appello avrebbe dovuto ex art. 354 c.p.c. dichiarare la nullità della sentenza di primo grado e rimettere la causa al Tribunale per l’integrazione del contraddittorio e la trattazione della causa con la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha ritenuto che il disposto dell’art. 1113 terzo comma c.c. non configura una ipotesi di litisconsorzio processuale quale delineato dall’art. 102 c.p.c. con riferimento ad una decisione che non può pronunciarsi che in confronto di più parti di un rapporto sostanziale, e che nella fattispecie in esame l’instaurazione di un litisconsorzio processuale è rimessa alla scelta del condividente che intenda attribuire alla divisione giudiziale effetti nei confronti dei creditori iscritti e degli aventi causa; pertanto, in difetto di chiamata ad intervenire, la divisione avrà effetto tra le parti del rapporto sostanziale, ma rimarrà inopponibile ai suddetti soggetti, nei cui confronti i rapporti rimarranno regolati secondo l’anteriorità delle iscrizioni e delle trascrizioni.
Tale convincimento è pienamente condivisibile.
Occorre infatti muovere dal rilievo fondamentale che i creditori iscritti e gli aventi causa, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione (art. 1113 primo comma c.c.), non sono parti in tale giudizio, configurandosi la divisione come scioglimento di un rapporto di comunione, con la conseguenza che soltanto i titolari di tale rapporto devono partecipare al giudizio finalizzato a detto scioglimento; è invero indubitabile che i creditori iscritti e gli aventi causa, intervenendo nel suddetto giudizio, potranno vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale con il richiamo al rispetto delle norme di legge, o potranno proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di un giudizio cui non hanno partecipato (art. 1113 primo comma c.c.), ma è altresì certo che essi non hanno alcun potere dispositivo proprio perché non sono condividenti; pertanto la loro mancata evocazione nel giudizio di divisione comporterà che la divisione non avrà effetto nei loro confronti, come espressamente prevede l’art. 1113 terzo comma c.c. (Cass. 28-6-1986 n. 4330).