Durante il processo può capitare che ci si trovi (per sopraggiunte situazioni di fatto) all'inutilità della prosecuzione del processo medesimo perché la situazione del contendere è stata risolta, (basta pensare ad una causa di divisione, in cui il bene diviso è venduto ad un terzo estraneo oppure ad una causa relativa all'assemblea di un condominio in cui una successiva assemblea assume una delibera che revoca la precedente o sostituisce la precedente), però pur essendo stata risulta la questione di fatto (alla base della lite e del processo) le parti continuano a presentarsi in udienza per avere una valutazione del comportamento giuridicamente erroneo del convenuto (o per avere una valutazione delle spese legali).
Per trovare una soluzione (concreta) a queste questioni è stato creato un istituto giuridico denominato "cessione della materia del contendere".
La giurisprudenza (Cass. civ. sez. III del 7 novembre 2019 n. 28622) ha anche fornito una descrizione o definizione della cessata materia del contendere.
La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso, ovvero, che in mancanza di tale accordo, l'allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere da una sola parte" sia "valutata dal giudice, il quale, qualora ritenga che tale fatto abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato, e quindi il difetto di interesse ad agire, lo dichiara, regolando le spese giudiziali alla luce del sostanziale riconoscimento di una soccombenza; qualora, invece, ritenga che il fatto in questione abbia determinato il riconoscimento dell'inesistenza del diritto azionato, pronuncia sul merito dell'azione, dichiarandone l'infondatezza, e statuisce sulle spese secondo le regole generali. (Cass. civ. sez. III del 7 novembre 2019 n. 28622)
La cessazione della materia del contendere – costituisce una ipotesi di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale ed applicata in ogni fase e grado del giudizio, da pronunciare con sentenza, d'ufficio o su istanza di parte, ogniqualvolta in cui non si può definire il giudizio per rinuncia agli atti o per rinuncia alla pretesa sostanziale, ma è venuto meno l'interesse delle parti alla naturale definizione del giudizio.
Quindi, la cessata materia del contendere
- presuppone (o si basa) sul venir meno dell'interesse delle parti alla definizione (prosecuzione) del giudizio, se si ripensa agli esempi sopra riportati si intuisce perché non c'è più l'interesse alla conclusione (con sentenza) del processo, si comprende perché è una ipotesi di estinzione del processo;
- si è fuori dalle ipotesi di rinuncia agli atti processuali o dalle ipotesi di rinuncia al diritto sostanziale (che sono regolate come cause di estinzione del processo) ma comunque si è in presenza di una situazione sostanziale o concreta (nuova o quanto meno diversa da quella presente al momento della citazione), situazione che "soddisfa" l'attore rendendo inutile la sua azione
- si applica in ogni fase e grado del processo
- è rilevabile dal giudice d'ufficio o può essere chiesta con un'istanza di parte, sulla rilevabilità d'ufficio della cessata materiale contendere è opportuno spendere qualche altra parola, la Cass. civ. sez. VI del 20 marzo 2019 n. 7871 sulla questione ha affermato che il giudice del merito deve dichiarare, anche d'ufficio, la cessazione della materia del contendere, una volta venuto a conoscenza di fatti obiettivi posteriori alla domanda giudiziale, riconosciuti e non contestati dalle parti, dai quali deriva l'eliminazione del contrasto tra le stesse, ed il conseguente venir meno della necessità della pronuncia giudiziale; (il che, per quanto specificamente attiene al giudizio possessorio, si verifica qualora nelle more del giudizio stesso, il ricorrente sia reintegrato spontaneamente, prima del provvedimento del giudice, nella situazione di fatto alterata dal resistente)
- è un istituto nato nell'ambito amministrativo e tributario, ma che è applicabile anche al contenzioso civile ordinario
La cessata materia del contendere viene pronunciata con sentenza (sulla medesima si applica l'imposta del registro) ecco perché in situazioni simili si preferisce far estinguere il processo per la mancata presentazione delle parti in udienza (309 cpc).
Trattandosi di una sentenza occorre valutare la natura delle sentenza (di mero rito o di merito), in quanto si tratta di un elemento importante per regolare i rapporti della sentenza (anche se di cessata materia del contendere) con l'altro istituto relativo al passaggio in giudicato.
In modo molto semplice si può dire che si tratta di una sentenza di rito, che determina il passaggio in giudicato solo della circostanza del venir meno dell'interesse alla prosecuzione di un particolare procedimento (quello che conclude il processo con la sentenza di cessata materia del contendere), ma, proprio perché sentenza di rito, non preclude la possibilità di ripresentare le medesime domande in un successivo processo.
Quindi, gli effetti della sentenza di cessata materia del contendere sono i seguenti: determina il venire meno delle pronunce emesse nei precedenti gradi e non passate in giudicato e, proprio perché accerta solo il venire meno dell'interesse, non ha alcuna idoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, ma solo ed appunto sul venire meno dell'interesse a proseguire quello specifico giudizio, con la conseguenza che il giudicato si forma solo su quest'ultima circostanza, ove la relativa pronuncia non sia impugnata con i mezzi propri del grado in cui è emessa.
Ribadita la natura di pronuncia di mero rito della dichiarazione di cessazione della materia del contendere, va pure rilevato che essa non è in grado di acquisire giudicato su alcuno dei fatti dedotti nel giudizio in cui è resa, ma solo sulla diversa circostanza del venir meno dell'interesse a proseguire; ma, appunto, a proseguire proprio quel giudizio in cui è resa, impregiudicato – se non altro, per il solo fatto della declaratoria – ogni altro aspetto, perché altrimenti la limitazione endoprocessuale della sua valenza sarebbe radicalmente vanificata.
La medesima conclusione di non estensibilità al di fuori del processo in cui è resa va presa per la valutazione di soccombenza virtuale: ipotizzare che quanto considerato ai fini di una soccombenza meramente virtuale, cioè sul presupposto che nel merito non si possa entrare, possa comportare un valido pregiudizio delle questioni di fatto e di diritto che si dichiara di non potere e non volere esaminare comporterebbe una violazione della funzione stessa dell'istituto e la sua sostanziale vanificazione.
In conclusione, la declaratoria di cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale per la liquidazione delle relative spese di lite non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni che erano oggetto della controversia, né in ogni caso di precluderne la riproposizione in diverso giudizio.
Cass., civ. sez. III, del 31 agosto 2015, n.17312 in pdf
Aggiornamento
Le spese processuali in presenza della cessata materia del contendere Cass. civ. sez. III del 11 dicembre 2018 n. 31955
In presenza di una cessata materia del contendere occorre stabilire come devono essere regolate le spese processuali.
Secondo la Cass. civ. sez. III del 11 dicembre 2018 n. 31955 (anche nell'ipotesi di opposizione all'esecuzione) "quando è dichiarata la cessata materia del contendere le spese devono essere liquidate in base al criterio della soccombenza virtuale (Cass., 09/03/2017, n. 6016).
Infatti:
a) l'onere delle spese è sorretto dal principio di causalità rispetto alla domanda svolta e non a fatti esterni, sebbene connessi, che ne inibiscano la compiuta delibazione; b) il rilievo d'ufficio della caducazione sopravvenuta del titolo, in questa chiave ricostruttiva, è un'eventualità propria del giudizio in parola, ma esterna ai motivi, che nelle opposizioni esecutive sono vincolanti; c) ne consegue, rispetto ai motivi cristallizzati con l'opposizione, la cessazione della correlativa materia del contendere; d) non vi è ragione per discostarsi dal principio generale della soccombenza virtuale, afferente alla regolazione delle spese nell'ipotesi di cessazione della materia del contendere, che costituisce declinazione di quello di causalità quale sopra richiamato; e) diversamente, la redistribuzione dei costi della lite sarebbe innervata irrazionalmente dalla casualità, determinata, cioè, dalla tempistica della caducazione del titolo, e s'incentiverebbe un possibile utilizzo strumentale dell'opposizione.
D'altra parte, all'esecutato (opponente) spetterà sempre la tutela distintamente prevista dall'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per l'ipotesi, appunto, di messa in esecuzione, senza la normale prudenza, di un titolo di cui risulti accertata l'inesistenza, sicché l'esposta ricostruzione non lascia residuare neppure alcuna complessiva criticità."