La madre di Aldrovandi insultata su Facebook dal poliziotto condannato
«Faccia da culo», «madre di un cucciolo di maiale» e ancora «speriamo non si goda i risarcimenti dello stato ricevuti ingiustamente». Possono bastare queste tre espressioni apparse su FB per descrivere gli insulti ricevuti da Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, il 19enne ferrarese brutalmente ucciso da quattro poliziotti la notte del 25 settembre 2005. Per quattro agenti la scorsa settimana è arrivata la condanna definitiva della Corte di Cassazione a tre anni e sei mesi di carcere (che grazie all'indulto sono diventati, però, solo 6 mesi). Ma quella sentenza proprio non è andata giù ad alcuni. La rabbia di chi ritiene «un'ingiustizia» quella comminata ai quattro poliziotti, come riportato dal Fatto Quotidiano, si è manifestata sulla pagina Facebook di "Prima Difesa Due", che «tutela i diritti umani di chi indossa una divisa», poco importa se Monica Segatto, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Luca Pollastri sono stati giudicati rei di «eccesso colposo in omicidio colposo» da tutti i gradi della giustizia italiana.
Così su "Prima Difesa Due" arriva lo sfogo di Simona Cenni, fondatrice del gruppo-associazione al quale sono iscritti molti rappresentanti delle forze dell’ordine. «Avete sentito la mamma di Aldrovandi… fermate questo scempio per dio… vuole che i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa». Usa il maiuscolo che nella netiquette è sinonimo di gridare. E' una sorta di amo per tutti quelli convinti che Federico Aldrovandi «non è stato pestato» (sebbene, tra le prove che hanno portato alla condanna ci sono due manganelli spaccati dagli agenti sul corpo del ragazzo): «è morto per la compressione del fascio di hiss, dovuta non a una botta ma all'assunzione di droga».
«La "madre" se avesse saputo fare la madre, non avrebbe allevato un "cucciolo di maiale", ma un uomo!» commenta tale Sergio Bandoli. I commenti si mantengono tutti più o meno su questo tenore, fin quando non interviene Paolo Forlani, uno dei quattro agenti condannati:
Che faccia da culo [rivolto alla signora Aldrovandi] che aveva sul tg, una falsa e ipocrita… spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe… adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie…”.
Forlani, o chi per lui, afferma di non avere nulla contro Federico, anzi «massimo rispetto» per questo ragazzo (che ha ucciso, stando al verdetto della Corte di Cassazione). Spiega però di provare tanta rabbia per i suoi diritti calpestati: «noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non hanno fatto niente per aiutarlo e stiamo pagando per gli errori dei genitori». E a chi decide di abbandonare il gruppo su Facebook a seguito della piega presa nelle ultime ore (segnaliamo anche di commenti in cui c'è chi si dice convinto che sia giusto scaricare un caricatore intero addosso a chi non si ferma a un posto di blocco), Forlani replica: «Se vuoi facciamo due chiacchiere e ti spiego alcune cose che probabilmente non hai letto dai giornali».
Ebbene, l'agente ha avuto ben sette anni a disposizione per spiegare quelle cose che non sono apparse sui giornali. Ma non è riuscito a chiarire perché nel verbale di primo grado si legge di un «furioso corpo a corpo tra gli agenti di polizia e Federico, durante il quale vennero rotti due manganelli, con i quali colpirono l'Aldrovandi in varie parti del corpo, continuando dopo che lo stesso era stato costretto a terra e qui immobilizzato al suolo, nonostante i verosimili ma impari tentativi del ragazzo di sottrarsi alla pesante azione di contenimento che ne limitava il respiro e la circolazione». E perché in secondo grado è stata sottolineata «l'estrema violenza» e le «modalità scorrette e lesive» degli agenti, «quasi volessero ‘punire' Aldrovandi». Ed ora avrà tempo magari di dare spiegazioni su quelle frasi (poi cancellate dal gruppo) che hanno portato la signora Aldrovandi a querelare lui, la titolare del gruppo e Sergio Bandoli per diffamazione.