Quando termina il contratto di locazione, per il proprietario (ma anche per l'inquilino) sorgono seri problemi, infatti, il primo dovrà ottenere la liberazione dell'immobile, il secondo dovrà trovarsi una nuova abitazione o un nuovo locale.
La situazione non migliora anche per la presenza di una serie di norme farraginose che complicano una situazione già tesa per altri motivi. Infatti, scaduto il termine del contratto di locazione (almeno per gli sfratti per morosità) si pone tutto il problema tributario relativo alla tassazione dei canoni dovuti, ma non percepiti, e, di recente la situazione è diventata ancora più complicata per la decisione dell'Agenzia delle Entrate (Circolare del 21.05.2014 n. 11/E) di distinguere tra locazione ad uso abitativo (nella quale i canoni non percepiti non sono tassabili) e la locazione ad uso commerciale nella quale i canoni non percepiti vengono tassati (come percepiti).
Questo aspetto (ovviamente) spinge il proprietario a chiedere ed ottenere lo sfratto (per morosità e/o la licenza per finita locazione per scadenza del termine di locazione) allontanando, così, l'inquilino, prima possibile dall'immobile. Anche in questo modo, però, la situazione non si risolvere, infatti, anche se è possibile ottenere un provvedimento del giudice che conferma lo sfratto per morosità o per scadenza del termine, poi, in concreto bisognerà materialmente allontanare l'inquilino dall'immobile.
Quindi, il provvedimento del giudice che dichiara finito il contratto di locazione, non è sufficiente a chiudere la vicenda (e a far tornare il proprietario in possesso dell'immobile), perché sarà necessario procedere alla materiale esecuzione del provvedimento, con un inevitabile allungamento dei tempi.
E' evidente che tra la data della fine (per scadenza del termine di locazione o per la morosità) del contratto e la materiale liberazione dell'immobile il proprietario subisce un danno (dovuto all'occupazione dell'unità immobiliare), danno che dovrà essere risarcito. Il legislatore non ostacola tale risarcimento (danno da ritardata occupazione dell'immobile), ma limita al medesimo importo della locazione.
Anche in questo modo, la situazione non migliora, perché l'inquilino potrebbe non pagare volontariamente, quindi, il proprietario dovrebbe iniziare un0'azione esecutiva per il pagamento oppure potrebbe accadere che l'inquilino è un nulla tenente (quindi, il proprietario potrebbe non recuperare mai i canoni non versati (figuriamoci l'indennità per ritardata restituzione dell'immobile), ma, oltre al danno si aggiunge la beffa, perché (in alcuni casi) il proprietario sui canoni non percepiti ci deve pagare le tasse sopra.
In questa situazione potrebbe sorgere l'idea di superare tutte le lungaggini burocratiche-giudiziarie, passando alle vie di fato, Infatti, il proprietario potrebbe decidere di rompere la serratura dell'unità abitativa, prendere tutti i mobili e gli arredi del conduttore e collocarli in un deposito, comunicando all'inquilino dove si trovano, cambiare la serratura dell'ingresso del locale, impedendo, così all'inquilino di potervi tornare. Apparentemente il problema è risolto, in realtà è solo iniziato (per il proprietario).
Questo comportamento del proprietario potrebbe integrare gli estremi del reato di cui all'art. 392 c.p. "Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a cinquecentosedici euro". o gli estremi dell'art. 393 c.p. "Chiunque, al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell'offeso, con la reclusione fino a un anno".
L'ordinamento vede con sfavore l'auto tutela (i motivi sono facilmente intuibili) e per evitare l'uso dell'auto tutela l'ordinamento mette a disposizione del singolo prima il giudice (per il vaglio del diritto) poi l'ufficiale giudiziario (nella fase esecutiva). La stessa giurisprudenza Suprema Corte (Sez. 6, n. 19040 del 10/03/2006, dep. 26/05/2006, Rv. 234506) si è uniformata a tale principio affermando che l'esercizio di un diritto cosiddetto "contestabile" non può che avvenire ricorrendo all'intervento dirimente del giudice, non potendosi legittimare alcuna condotta di autosoddisfazione per il superamento degli ostacoli che si frappongono al concreto suo esercizio. Eventuali ostacoli o lungaggini (burocratici o giudiziarie) non giustificano il ricorso all'autotutela privata.
Quindi, risponde del reato di cui all'art. 392 c. p.. il proprietario di un immobile che, una volta scaduto il contratto di locazione, di fronte all'inottemperanza dell'obbligo di rilascio da parte del conduttore, anzichè ricorrere al giudice con l'azione di sfratto, si fa ragione da sè, sostituendo la serratura della porta di accesso e apponendovi un lucchetto (Sez. 6, n. 10066 del 18/01/2005, dep. 15/03/2005, Rv. 230886; Sez. 6, n. 2888 del 26/11/1985, dep. 12/04/1986, Rv. 172430).
Cass., pen., sez. VI, udienza del 30 dicembre 2014, n.1792 del 2015 in pdf