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La lettera di Monti all’Ue: “Italia leale, ora spingere per la crescita”

“In questa fase, la nostra migliore opzione e’ di sfruttare appieno i margini di flessibilità esistenti all’interno del Patto di Stabilità e Crescita e del Patto Fiscale”. Monti scrive a Van Rompuy, alla vigilia di un’altra giornata decisiva per il vertice Ue.
A cura di Redazione
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Mario-Monti-vertice

Nel giorno in cui il ministro degli esteri tedesco Westerwelle ipotizza che "quest'anno potrebbe essere il più difficile della crisi in Europa", ammonendo l'Europa a "fare una scelta: o continua con la sua combinazione, attentamente calibrata di solidarietà e crescita tramite rafforzamenti della competitività e risanamento dei bilanci, oppure ricasca nelle politiche di indebitamento che hanno fallito", giungono anche le prime valutazioni su un vertice che "ha evidenziato i problemi, senza risolverli". È stato, come detto, anche l'ultimo eurosummit di Monti come Presidente del Consiglio, una occasione per fare un bilancio definitivo di quanto fatto negli ultimi mesi e per tornare a chiedere maggiore flessibilità alle istituzioni. Il professore lo ha fatto indirizzando una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, nella quale ricorda il lungo percorso di risanamento intrapreso dall'Italia, peraltro senza chiedere né deroghe né corsie privilegiate. Ecco il testo della missiva inviata da Monti:

Desidero cogliere l'occasione della riunione odierna del Consiglio europeo e del Vertice dell'Eurogruppo per condividere alcune riflessioni sulle politiche comunitarie e della zona euro alla luce dell'esperienza italiana nel corso degli ultimi due anni. Nella seconda metà del 2011, l'Italia era percepita come il maggiore  fattore di rischio nell'area dell'euro. Nonostante i massicci acquisti di titoli di Stato italiani da parte della BCE, lo spread tra Italia e Germania (titoli di Stato a 10 anni) è cresciuto da circa 200 punti base nel luglio 2011 fino a 574 punti base nel mese di novembre 2011. Nel tentativo per ripristinare rapidamente la fiducia dei mercati, il precedente governo aveva accettato una serie di impegni molto stringenti fissati dalla Commissione e dalla BCE, con riguardo al consolidamento del bilancio e nelle riforme strutturali. In particolare, l'obiettivo del pareggio di bilancio, normalmente previsto per il 2014, era stato anticipato al 2013.

Nonostante gli impegni molto ambiziosi, la pressione dei mercati non si è ridotta. Alla luce delle crescenti preoccupazioni dell'Unione europea e dei mercati stessi, nonché dei crescenti contrasti all'interno della sua coalizione, il governo di allora ha dovuto dimettersi. All'atto dell'insediamento il 16 novembre 2011, l'attuale governo ha confermato tutti gli impegni, ivi compreso il pareggio di bilancio strutturale nel 2013. Dal mese di novembre 2011, l'Italia ha perseguito con determinazione tutti gli obiettivi politici fissati dall'Unione europea. Abbiamo riportato le finanze pubbliche su un percorso sostenibile. Nel 2012, l'avanzo primario è stato di circa 2,5% del PIL, uno dei più alti della zona euro. Nel 2013, sulla base delle ultime previsioni della Commissione, l'Italia raggiungerà il pareggio di bilancio in termini strutturali. Nel frattempo, ad alcuni Stati membri è stato invece concesso più tempo per raggiungere i loro obiettivi di bilancio.

Di conseguenza, l'Italia ha riacquistato la fiducia dei mercati e degli investitori. I tassi di interesse sui titoli di stato sono scesi in modo significativo, rispetto al picco raggiunto nel novembre 2011 – anche se, a un ritmo più lento di quanto inizialmente previsto – al di sotto dei 250 punti base prima delle elezioni del 24-25 febbraio scorso (ora circa 320 pb). Malgrado le condizioni sfavorevoli, dovute all'incertezza che circonda ancora la soluzione della crisi nella zona euro, l'Italia non ha chiesto né una proroga per correggere il deficit di bilancio, né ha chiesto un'assistenza finanziaria da parte dell'UE o di un'altra organizzazione internazionale. Al contrario, l'Italia ha contribuito al sostegno finanziario di altri paesi dell'Unione europea in difficoltà. Parallelamente, l'Italia ha varato una serie di riforme strutturali per troppo tempo rinviate; come l'apertura dei mercati dei prodotti e dei servizi, la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e i cittadini, l'accelerazione delle procedure di autorizzazione per la costruzione di infrastrutture, l'avvio dell'attesa riforma della giustizia civile, conseguendo un miglioramento del clima per l'attività imprenditoriale. Il mercato del lavoro è stato reso più inclusivo e dinamico, seguendo il modello della cosiddetta "flexicurity." Con due successivi esercizi di revisione della spesa, la spesa pubblica verrà ridotta di 28 miliardi in 3 anni. Inoltre, l'Italia ha migliorato la sua capacità di attuazione tempestiva delle norme comunitarie, portando dal 2,4% allo 0,8% il suo "deficit di recepimento".

Questi risultati sono stati elogiati dall'OCSE, dal FMI e dalla Commissione stessa. Secondo uno studio del FMI, se pienamente attuate, le riforme in corso miglioreranno il tasso di crescita di un ulteriore 5,75% in cinque anni e di oltre il 10% più di un decennio. Tuttavia, come è noto, intercorre un significativo lasso di tempo che tra il momento in cui si adottano le riforme strutturali e quello in cui si manifestano i benefici in termini di maggiore attività economica e di creazione di nuovi posti di lavoro. Nel frattempo, l'Italia ha registrato un drammatico crollo nell'attività economica nel 2012: la produzione si è contratta del 2,4%, gli investimenti di capitale sono rimasti stagnanti, la disoccupazione è aumentata di 2 punti percentuali, al 11,2% ed è prevista ulteriormente in salita. Le previsioni indicano che la recessione continuerà nel 2013. Il costo del finanziamento per le imprese italiane resta molto più alto che in altri paesi dell'area euro, ripercuotendosi negativamente sulle decisioni di investimento e sulla loro competitività internazionale.

In questo contesto, il sostegno dell'opinione pubblica per le riforme e – cosa ancor piu' preoccupante – nei confronti della stessa Unione europea, sta subendo un drammatico declino: una tendenza che è visibile anche in molti altri paesi dell'Unione. L'esperienza italiana mostra che la pressione dei mercati e gli imperativi di finanza pubblica rappresentano una spinta necessaria per avviare riforme a lungo rinviate, ma che è necessaria una strategia più articolata per garantire il successo di un processo di aggiustamento economico che si dipana lungo un arco temporale prolungato. Credo, pertanto, che il Consiglio europeo di oggi non debba limitarsi a discutere le priorità politiche per il 2013, ma anche indicare come effettivamente si possano metter in atto misure concrete, coerenti con tali priorità. Dobbiamo focalizzare la discussione su una nuova nozione di "consolidamento orientato alla crescita", esplorando modalità atte ad ampliare i margini di manovra nelle politiche di bilancio, preservando nel contempo la credibilità del percorso di risanamento delle finanze pubbliche. In particolare, abbiamo bisogno di strumenti piu' efficaci per affrontare i costi sociali della crisi, sopratutto l'alto tasso di disoccupazione, di lunga durata e giovanile, nonché l'insufficiente livello di investimenti produttivi pubblici e privati. E' indispensabile mobilitare tutte le leve dell'UE, segnatamente i fondi strutturali, nell'attesa che anche il Fondo per l'occupazione giovanile divenga operativo. Dobbiamo anche portare avanti la discussione relativa ai cosiddetti "accordi contrattuali", e ai mezzi per incoraggiare e ricompensare gli Stati membri che si impegnano ad attuare riforme difficili.

Tutto questo è di fondamentale importanza. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che, per il momento, la principale fonte di finanziamento per le riforme non può che venire dal livello nazionale, data la limitata dimensione del bilancio UE. In questa fase, la nostra migliore opzione e' di sfruttare appieno i margini di flessibilità esistenti all'interno del Patto di Stabilità e Crescita e del Patto Fiscale. Per quei paesi che si trovano nella parte preventiva del Patto di Stabilità e di Crescita, dopo aver corretto il disavanzo eccessivo di bilancio, il progresso verso l'obiettivo a medio termine dovrebbe essere valutato tenendo in considerazione l'impatto sulla crescita di investimenti produttivi e sociali, in linea con le priorità concordate UE; beninteso, a condizione di preservare la sostenibilità a medio termine dei conti pubblici. Adeguata considerazione dovrebbe essere assegnata alla nozione di "fattore rilevante", contenuta nel "six pack", per valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche. A questo punto, crediamo che l'Italia, che ha rigorosamente rispettato tutti gli impegni presi, dovrebbe oggi poter utilizzare ogni possibile e ulteriore margine consentito dal Patto per attuare immediatamente un piano di sostegno alla creazione di posti di lavoro stabili e di migliore qualità, alleggerendo il cuneo fiscale sui nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato, favorendo l'apprendistato dei giovani e rafforzando i servizi per l'infanzia.  Inoltre una tale flessibilità dovrebbe permettere di mobilitare maggiormente la quota di co-finanziamento nazionale per i fondi strutturali, in modo da sbloccare gli investimenti pubblici produttivi, per progetti in linea con le priorità concordate in sede UE. Forme di flessibilità controllata fornirebbero agli Stati membri che si trovano nella parte preventiva del Patto di Stabilità lo spazio per accompagnare un programma credibile di risanamento dei conti pubblici con azioni mirate a sostegno dell'economia. Adottare misure efficaci per rilanciare la crescita e combattere la disoccupazione di lunga durata e giovanile sarebbe il miglior messaggio per contrastare la marea montante del populismo e la disaffezione nei confronti dell'Unione europea, dimostrando come l'Europa sia capace di ascoltare le preoccupazioni dei cittadini e possa essere un alleato nella costruzione di un futuro più equo e prospero per tutti.

Mi auguro che su questi temi possa svilupparsi un dibattito fruttuoso nel corso della riunione odierna del Consiglio europeo e del vertice dell'Eurogruppo. Infine, vorrei ringraziare il Presidente del Consiglio europeo e tutti voi per l'eccellente clima di lavoro che ho riscontrato nel corso di questo anno in cui ho partecipato al Consiglio.

Con i miei più calorosi saluti

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