"Ci sono servizi che stanno lavorando su scenari di emergenza nel caso in cui la Grecia non riesca a superare questo momento di crisi, sia alla Banca Centrale Europea che alla Commissione". E' bastata questa sibillina dichiarazione del commissario europeo al commercio, il belga Karel De Gucht, per scatenare una ressa di dichiarazioni, ipotesi e fantasiose ricostruzioni sulla possibile (e clamorosa) evoluzione della crisi greca. Una eventualità, quella appunto che vuole le istituzione europee già pronte a "lasciare al proprio destino" la Grecia, smentita praticamente in contemporanea sia da fonti della Commissione Europea, sia dal portavoce del ministero delle finanze tedesco, secondo il quale: "L'intenzione è quella di rispettare il programma di salvataggio della Grecia e siamo pronti a seguirlo. Anche i greci però devono fare la sua parte, perché il Governo tedesco ha pur sempre una responsabilità nei confronti dei suoi cittadini".
Ma i problemi restano ancora tutti sul tappeto, anche in considerazione della difficoltà nel colmare un vuoto istituzionale (e decisionale) che si registra in Grecia. Un paese costretto a nuove elezioni a brevissimo termine, dopo il fallimento dei mandati esplorativi affidati dal Presidente della Repubblica Papoulias ai leader delle tre principali forze politiche. Così non stupiscono più di tanto i rumors che vogliono alcune banche tedesche già "pronte" ad una imminente uscita della Grecia dall'euro. Secondo Fabrizio Goria de Linkiesta, ad esempio, Commerzbank, il colosso bancario tedesco, avrebbe già pronto da novembre un "piano di contingenza", con una previsione dello spaventoso impatto che una simile eventualità avrebbe per l'Eurozona:
le uniche cifre nel documento sono relative alla Germania e parlano di circa 500 miliardi di euro di costi, fra banche, sistema bancario e ricapitalizzazione dei fondi di salvataggio europei.[…] Le più colpite sarebbero le banche, poi le società che operano con la Grecia, infine i contribuenti, dato che i fondi europei dovrebbero essere ricapitalizzati
Insomma, un ulteriore motivo di discussione al vertice del G8 in programma in queste ore a Camp David, con la sensazione che il cerchio intorno al paese ellenico si stia stringendo sempre più velocemente, per di più con l'incognita di un esito elettorale che potrebbe di nuovo rimescolare le carte in tavola.