La Germania punta tutto sulle rinnovabili e il colosso dell’energia si adegua
La ristrutturazione del comparto energetico tedesco è all'apice. La scelta operata nel 2012 dal governo di Angela Merkel e relativa alla chiusura di tutti gli impianti nucleari entro la fine del 2022, ha portato il paese davanti ad una delle più grande sfide economiche e produttive di sempre: rendere indipendente il settore dall'utilizzo dell'atomo nell'immediato e poi dalle risorse fossili, per puntare tutto, o quasi, sulle fonti alternative e rinnovabili.
Una delle conseguenze pratiche di questa decisione, che descrive un processo attualmente in corso, è riscontrabile nella scelta – operata dalla dirigenza del colosso energetico E.On –, di dividere in due la società al fine di conferire maggiore stabilità al settore delle rinnovabili. Nelle scorse ore i vertici della società con sede a Düsseldorf, nel Land occidentale della Renania settentrionale – Westfalia, hanno annunciato che l'azienda verrà divisa in due nuove realtà: una continuerà a rimanere attiva nel settore del gas e del carbone, mentre l'altra – detta “New Company” – sarà attiva esclusivamente nel settore delle rinnovabili. “Sono lieto di annunciare che il Consiglio di sorveglianza dell'azienda ha approvato all'unanimità la proposta, avanzata dal management, di dare vita alle due nuove aziende – ha affermato, attraverso un comunicato ufficiale Werner Wenning, presidente del consiglio di sorveglianza di E.On –. Questo passo darà ai nostri impiegati e, allo stesso tempo, ai nostri investitori solide prospettive di crescita per il futuro. Siamo pienamente convinti che è necessario dare oggi risposte concrete all'instabilità del mercato energetico, alla richiesta di innovazioni tecniche e, più in generale, alle differenti necessità dei nostri clienti. Questo avverrà attraverso una strategia audace che rappresenti anche un nuovo inizio. Siamo consapevoli che il modello utilizzato attualmente da E.On non può più rispondere e in modo adeguato alle sfide che oggi affrontiamo”.
La situazione di E.On, così come l'altro ex (ormai) gigante energetico tedesco Rwe (in aprile quest'ultima ha riportato la sua prima perdita dal 1949 e contestualmente si è assistito alla crescita del suo debito oggi pari a circa 30 miliardi di Euro), è difficile per non dire disastrosa. Secondo gli ultimi dati disponibili la E.On ha registrato il 20 per cento dei profitti in meno nel secondo quarto dell'anno e del 7 per cento nel terzo. Da quando il governo Merkel ha deciso di dire addio all'energia dell'atomo, in seguito alla catastrofe nucleare di Fukushima avvenuta in Giappone nel 2011, il mercato energetico tedesco è stato sottoposto a grandi pressioni portando grande instabilità sul mercato tedesco (visto anche che all'epoca il nucleare produceva circa la metà dell'intero fabbisogno energetico nazionale). Una situazione difficile che è diventata sempre più pesante, arrivando a far suonare più di un campanello d'allarme per l'economia nazionale e, persino, a far mettere in discussione lo stop al nucleare.
L'esperto francese
“Nel momento in cui parliamo del mercato energetico tedesco è possibile parlare di disastro – ha affermato Henri Prolio, Amministratore delegato dell'azienda statale francese Edf –. Le loro due maggiori società, ovvero E.On e Rwe, sono sotto grande pressione. Una (la Rwe, ndr) è per lo più morta, mentre l'altra si trova ad affrontare una situazione davvero difficile. La Rwe ha fatto registrare il crollo del 62 per cento dei profitti nel periodo successivo alla chiusura degli impianti nucleari (attualmente su 17 centrali presenti sul territorio di Berlino, 8 sono state già chiuse definitivamente e 9 sono in via di chiusura, ndr)”. È opportuno sottolineare che la Edf è in primissima fila nell'utilizzazione del nucleare sia in Europa che nel resto del mondo e che le preoccupazioni legate alla possibilità, auspicata da più parti, di una legislazione ben più severa verso l'utilizzo dell'atomo sul suolo comunitario potrebbe causare gravi contraccolpi economici per l'azienda energetica e per Parigi stessa.
E la Germania proprio al fine di contrastare le crescenti difficoltà economiche (solo i più miopi continuano a definire rosea per situazione della locomotiva tedesca – visti i dati e le previsioni economiche sempre meno brillanti –, il governo ha annunciato un piano di spesa di 550 miliardi di Euro in energie rinnovabili da spalmare in 26 anni di investimenti e politiche coordinate (pari a circa 16 miliardi l'anno), al fine di raggiungere l'obiettivo fissato per il 2050, di produrre più dell'80 per cento dell'energia nazionale attraverso fonti energetiche alternative. Al momento più di un quarto dell'energia prodotta da Berlino proviene da risorse rinnovabili come il vento e il solare. La mossa annunciata dalla E.On, inoltre, prevede di disfarsi delle controllate in Italia e Spagna al fine di risparmiare circa 4.5 miliardi di dollari, senza tuttavia pianificare modifiche agli attuali livelli occupazionali interni (40mila rimarranno in servizio presso la E.On, mentre 20mila andranno a comporre le fila degli impiegati della nuova società). “Al fine di rispondere a queste sfide abbiamo l'intenzione di differenziare in modo chiaro l'attività della nostra azienda – ha aggiunto Johannes Teyssen, amministratore delegato della E.On Es –. La nuova nata sfrutterà il potenziale di crescita legato al mercato delle rinnovabili, mercato che descrive le trasformazioni del mondo in cui ci troviamo. Insieme a questa nuova struttura, creeremo – entro due anni è specificato nella comunicazione ufficiale dell'azienda –, una compagnia altrettanto solida che si occuperà di erogare l'energia garantendo così la sicurezza del servizio. Poiché questi due obiettivi sono così profondamente differenti l'uno dall'altro, abbiamo ritenuto necessario separare le due compagnie al fine di dare le migliori prospettive possibili al futuro di entrambe”.
Il processo di creazione delle due differenti realtà aziendali prenderà tutto il 2015 e sarà finalizzato a dare ulteriore solidità e stabilità ai due nuovi soggetti. La scelta della E.On sembra chiarire che la Germania ha deciso, finalmente e dopo un periodo di incertezze, su quale percorso energetico e di crescita puntare con decisione. È una sfida che, in quanto tale, nasconde grandi insidie e difficoltà, ma l'opinione più diffusa è che almeno la Germania, prima in Ue, ha deciso di dotarsi di un percorso di produzione energetica coerente che se vincente potrebbe da una parte dare ulteriore forza alla guida continentale di Berlino, e dall'altra essere battistrada credibile per le altre realtà comunitarie ancora caratterizzate da politiche energetiche quanto meno ondivaghe.