In cosa è riconosciuto come "forte" il ministro dell'inferno Matteo Salvini? In cosa consiste quel bullismo scambiato per autorevolezza che manda in bordo di giuggiole i suoi estasiati fans che al giro di "capitano, mio capitano" agitano le cure torbide dei social e sdoganano un razzismo di ritorno esibito con fierezza un po' dappertutto? Dov'è questa improvvisa credibilità guadagnata nel giro di qualche mese dopo essere stato a lungo ai margini del berlusconismo come cameriere che guardava a destra?
Sta tutto nella mollezza di compagni di governo che ogni giorno, tutti i giorni, gli permettono di alimentare l'epica di un personaggio che in tutto il mondo viene visto come tronfio provocatore degli istinti bassi e goffa fotocopia di un Trump rivisto in salsa padana: forse dovremmo dircelo una volta per tutte che Matteo Salvini, senza Di Maio e il premier Conte a belare intimiditi al suo fianco, sarebbe il semplice provocatore che è, senza tutta questa agibilità di manovra che gli è stata concessa improvvidamente e che gli permette tutt'ora di passare per uomo forte mentre vince piuttosto per assenza di alleati (oltre che di avversari).
Fin dai primi passi della formazione di un governo basato su un fantomatico contratto (che è un trucchetto già visto eppure anche questo rivenduto per nuovo) Salvini ha tenuto un atteggiamento paternalista, a tratti irrispettoso, verso Di Maio e i suoi. Il Movimento 5 Stelle nel giro di poche settimane è passato dalla compagine che avrebbe dovuto scassare tutto al tram utile alla Lega per salire al comando e spargere la propria propaganda. Provate con calma a rileggere le parole e le azioni degli ultimi mesi: mentre Di Maio e gli altri ministri sono apparsi preoccupati nel rassicurare i propri elettori e mentre abbiamo visto il premier Conte concentrato sulla rivendicazione della propria faticosa e continua mediazione (come se fosse naturale che un presidente del consiglio svolga il compito di dirimere le risse tra i suoi vice) Salvini ha potuto continuare la sua campagna elettorale permanente intervenendo su temi non attinenti al proprio ministero, da battitore libero senza vincoli etici o politici e costringendo tutti gli altri a inseguirlo sui temi che non hanno nulla a che vedere con l'agenda di governo.
Il penoso balletto sulla pace fiscale ha permesso a Salvini di lanciare ancora una volta pesanti accuse sull'incompetenza e sulla sprovvedutezza dei 5 Stelle (nella sua prima risposta alle accuse di Di Maio, Salvini ha parlato di "complottismo" e "scie chimiche", per dire) che hanno come unico obiettivo quello di svuotare l'elettorato dei suoi alleati così come già accaduto con Forza Italia. Di Maio ieri sera ha rassicurato la propria base parlando di "cuore", "anima" e rispetto per il contratto di governo ma continua a fingere che non esista tutto ciò che, al di fuori di quel contratto, continua a riempire le pagine del dibattito politico.
No, Salvini non è un fine politico. Ancora una volta in mezzo ai nani svetta un gigante. E ancora una volta è dannoso e sbagliato.