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Opinioni

La fine ingloriosa di Umberto Bossi (e della favola della Lega “dura e pura”)

Sorpresa: i vertici della Lega Nord coinvolti in oscure manovre finanziarie, tra fondi investiti e versamenti sospetti, case ristrutturate e file criptati. Ma davvero qualcuno credeva alla favola del leghista duro e puro?
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Lega-ladrona

"Anche i ricchi rubano", recitava in questo modo uno dei tanti cartelloni portati dai padani durante l'ultima manifestazione nella Roma Ladrona (per quanto la citazione provenisse da ben altri lidi politici). Erano i primi tempi del Governo Monti, con la Lega che si riscopriva di lotta e che sembrava determinata ad aprire la stagione della contestazione al governo dei banchieri, dei poteri forti e dell'Europa plutocratica "che opprime i popoli e la loro sete di indipendenza". Insomma, malgrado la caduta dell'amico Silvio, il Senatur sembrava poter cavalcare l'ondata del malcontento popolare e riguadagnare consenso fra la base dura e pura, delusa (per usare un eufemismo) dall'operato del Carroccio negli ultimi anni di Governo. A ben vedere però, la Lega che si riaffacciava ai banche dell'opposizione non era quella dei primi anni novanta e neanche quella del Prodi – bis. Anni di spoil system e di consociativismo (ci perdonerete il termine) non possono restare privi di conseguenza e la classe dirigente della Lega Nord sembrava essere diventata lo specchio fedele di un "cambio di prospettiva" tanto profondo quanto stigmatizzato.

E le incredibili intercettazioni telefoniche rese note in questi giorni hanno tristemente evidenziato ciò che in tanti, anche all'interno del Carroccio, già pensavano. A cominciare da Roberto Maroni, che qualche mese fa aveva vinto il braccio di ferro con i fedelissimi del Senatùr, proprio perché aveva saputo dar voce al malcontento e all'indignazione dei militanti leghisti, diventando un punto di riferimento imprescindibile per l'area oltranzista. Investimenti sospetti, transazioni quantomeno discutibili, fondi deviati e una gestione arrogante e dissoluta del denaro e dei rapporti di potere: questo il quadro che emerge dalle ricostruzioni della procura. E che è alla base delle dimissioni di Umberto Bossi dalla carica di segretario della Lega Nord, una scelta giudicata inverosimile fino a poche ore fa, ma divenuta inevitabile quando alle pressioni di parte della dirigenza si sono sommate le indiscrezioni sulle ultime intercettazioni e la sensazione che la vicenda avrebbe potuto assumere contorni ben più gravi di quelli di una "ristrutturazione compiuta a sua insaputa" (come qualche militante aveva provato a spiegare nelle prime ore).

Un addio inevitabile che segna la fine della favola dell'integrità padana – Al di là delle dimissioni del segretario – creatore – profeta del Carroccio, lo scandalo degli ultimi giorni è la pietra tombale sul ritratto agiografico della purezza padana, già duramente messo a repentaglio dalle inchieste sulla giunta Formigoni e da una gestione nepotista delle cariche all'interno del movimento. Una situazione che difficilmente può essere ridotta ad un "complotto di entità oscure teso a screditare l'unica vera forza di opposizione al Governo", ma che evidenzia quanto sia ormai un lontano ricordo lo spirito originario della Lega (non che sia necessariamente un male…). Del resto, già qualche settimana fa sottolineavamo l'assurdo di una Lega costretta ad abbandonare il "solito" giustizialismo in funzione di un quantomeno discutibile "garantismo a targhe alterne", ora ne abbiamo una triste conferma. E dunque Umberto Bossi esce di scena e con lui, si spera, anche l'arroganza e la presunzione leghista, quella della doppia morale dei padroni a casa loro e "ladroni" in casa d'altri, quella della pretesa diversità di chi considera parole come onestà, integrità e trasparenza solo come specchietti per padani purosangue…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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