Con il passare del tempo, vicino alla famiglia tradizionale, basata sul vincolo del matrimonio e regolata da precise norme del codice civile, si è affiancata la cd. famiglia di fatto basata sulla mera convivenza di due persone (more uxorio).
Questo nuova situazione evoluzione sociale influenza il mondo del diritto, per le notevoli implicazioni che comporta. Infatti, occorre comprendere se la famiglia di fatto può avere una "tutela" giuridica (in altre parole occorre stabilire se nell'ambito del diritto della famiglia possa essere compresa anche la famiglia di fatto) e, in caso di risposta affermativa, occorre valutare come individuare tutte norme che regolano le varie vicende che possono capitare ai conviventi (basta sottolineare che il rapporto di convivenza entra in crisi come può entrare in crisi come ogni matrimonio).
Il riconoscimento giuridico della famiglia di fatto può essere trovato nella Costituzione Italiana (art. 2) quando riconosce tutela all'individuo come singolo e consente (riconosce) allo stesso di sviluppare la propria personalità anche negli organismi sociali, tutelando il diritto dell'individuo di associarsi (legarsi) nelle varie formazioni sociali nelle quali decide di aggregarsi spontaneamente (tra cui anche la famiglia di fatto). Altra fonte giuridica per permette di fornire alla famiglia di fatto un riconoscimento giuridico (e, quindi, tutela giuridica) è all’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, il quale tutela il diritto alla vita familiare, in base alla quale deve ritenersi che la nozione di famiglia cui fa riferimento tale disposizione non è limitata alle relazioni basate sul matrimonio, e può comprendere altri legami familiari di fatto, se le parti convivono fuori dal vincolo di coniugio.
Giuridicamente riconosciuta la famiglia di fatto, occorre trovare le norme che regolano i molteplici eventi che possono capitare ai due conviventi e soprattutto occorre valutare se le norme predisposte per la famiglia tradizionale basata sul matrimonio possono essere applicate analogicamente (per estensione) anche alla famiglia di fatto (sul punto una risposta generale non può essere fornita, ma occorre valutare caso per caso).
Quanto alle norme che incidono sulla situazione dei figli nati in famiglie di fatto, il legislatore ha sostanzialmente equiparato i figli naturali ai figli legittimi (la legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha abolito ogni residua discriminazione tra figli “legittimi” e “naturali”). A cui è seguita la modifica del codice civile ex decreto legislativo del 28 dicembre 2013 n. 154
La legge 8 febbraio 2006, n. 54, che, introducendo il c.d. affidamento condiviso, ha esteso la relativa disciplina ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati; la 1. 19 febbraio 2004, n. 40, che all’art. 5 prevede l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita da parte delle coppie di fatto; integrato dalla riforma del codice civile con decreto legislativo del 28.12.2013 n. 154
La legge 9 gennaio 2004, n. 6, ha previsto ex art. 408 c.c., per la scelta dell’amministratore di sostegno, che la stessa possa cadere sulla persona stabilmente convivente con il beneficiario, nonché, all’art. 5, prevedere, in relazione all’art. 417 c.c., che l’interdizione e l’inabilitazione siano promosse dalla persona stabilmente convivente;
La legge 4 aprile 2001, n. 154, che ha introdotto nel codice civile gli artt. 342-bis e 342-ter, estendendo al convivente il regime di protezione contro gli abusi familiari.
Da quanto detto si può desumere la progressiva applicazione analogica alla famiglia di fatto delle norme pensate per la famiglia tradizionale o, quanto meno, la progressiva creazione di norme speciali per la stessa.
Altri interessanti questioni possono sorgere relativamente al patrimonio della famiglia di fatto, ci si riferisce non solo all'esigenza della protezione del patrimonio della famiglia di fatto (esigenza comune anche alla famiglia basata sul matrimonio), ma anche all'applicabilità di istituti come il fondo patrimoniale, il trust e il vincolo di destinazione anche alla famiglia di fatto.
Manca ancora una disciplina che regola la successione mortis causa ex lege tra conviventi, (come avviene per i coniugi), ma si può sopperire con il testamento.
Sempre rimanendo nell'ambito degli incroci tra famiglia di fatto e famiglia basata sul matrimonio devono essere regolate anche le conseguenze sul mantenimento se uno dei coniugi passa da un matrimonio alla separazione e, poi, ad una convivenza.
Un aspetto più complicato della convivenza tra due persone sono i reciproci versamenti di denaro (non solo durante la convivenza, ma anche dopo la fine della convivenza) posto che tra i due ex conviventi (come tra i due coniugi) si istaurano richieste reciproche di restituzione di somme spese a favore dell'altro. (questo particolare aspetto permette anche di notare il progressivo avvicinamento tra la famiglia di fatto e la famiglia tradizionale basata sul matrimonio)
In generale, per inquadrare il problema, si può dire che quanto tra due persone c'è uno scambio di somme di denaro (basta pensare al conto corrente cointestato) questi versamenti possono essere inquadrati in più schemi giuridici, dal semplice prestito, alla donazione ad un diverso contratto a prestazioni corrispettivo, oppure, anche solo al mandato diretto a pagare debiti di una delle due parti. La peculiarità di (quasi) tutte queste situazioni è quella secondo la quale il debitore (dopo aver ricevuto il denaro) deve restituirlo. Il problema semmai, p distinguere, quando si tratta di un prestito che fa sorgere l'obbligo di restituzione e quando si è in presenza di una donazione o di un regalo.
Nell'ambito della famiglia tradizionale non è applicabile la regola della restituzione delle somme spese a favore dell'altro coniuge (soprattutto) se si tratta di somme usate per il "matrimonio" ex art. 143 comma 2 c.c. (come, ad esempio, cibo, vestiti, ecc.). Il motivo è spiegato sottolineando che si tratta di doveri morali e di assistenza (ex art. 143 c.c.) basati sul legame sorto trai due coniugi ed imposti dalla legge.
L'identica questione si pone per la convivenza di fatto, anche in queste situazioni si è giunti al risultato per il quale i doveri morali e sociali (o forme di collaborazione anche economica tra i conviventi) che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza more uxorio sono fuori da rapporti di natura patrimoniale, nel senso di escludere il diritto del convivente di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso o in relazione alla convivenza, in quanto pur non essendo codificati come per la famiglia tradizionale dall'art. 143 c.c. rientrano nelle obbligazioni naturali ex art. 2034 c.c. (Cass., 15 gennaio 1969, n. 60; Cass., 20 gennaio 1989, n. 285; Cass., 13 marzo 2003, n. 3713; Cass., 15 maggio 2009, n. 11330).
Naturalmente questo principio non deve essere generalizzato, infatti, sono esenti dall'obbligo di restituzione i versamenti effettuati all'altro convivente (con un fine specifico o anche senza destinazione o motivazione) per far fronte alle esigenze di vita quotidiana, (di uno o di entrambi i conviventi), non incidono su questa regola le modalità di versamento (giornaliere o mensili).
Cassazione civ. sez. I, del 22 gennaio 2014 n. 1277 in pdf