Il codice civile fornisce ampia tutela al c.d. possesso del bene, attribuendo al possessore anche delle azioni a tutela della situazione di fatto (azione di spoglio 1168 c.c. e azione di manutenzione 1170 c.c.).
La presenza di questa peculiare normativa determina il sorgere di notevoli questioni in relazione alla distinzione tra spoglio e turbative (cioè quando una determina situazione o un determinato comportamento è inquadrabile come spoglio del possesso e quando come mera turbativa o molestia del possesso), la distinzione può essere individuata in base alla natura dell'aggressione: lo spoglio incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l'attività del possessore, disturbandone il pacifico esercizio ovvero rendendolo disagevole o scomodo.
Del resto, non sempre determinato comportamenti o azioni rientrano nello spoglio o nella turbativa del possesso, (basta pensare all'apposizione di un cancello su un fondo oppure alle immissioni provenienti dal fondo del vicino).
Descritta, anche se in modo generico, la differenza tra spoglio e molestia o turbativa, le medesime azioni danno vita anche a problemi di legittimazione. Infatti, il bene oggetto di possesso potrebbe essere "comune" ed, allora, si pone il problema relativo al coordinamento tra l'azione di spoglio o di molestia, che può essere esercitata anche contro uno degli altri compossessori e l'art. 1102 c.c., considerando che l'art. 1102 c.c. permette l'uso del bene da parte di tutti i comproprietari se non si lede il diritto al pari suo del bene (non sussiste spoglio o molestia tutte le volte in cui si agisce nell'ambito del 1102 c.c.).
Sempre in presenza di un bene comune può capitare che tutti i compossessori compiono un atto di molestia, turbativa o spoglio verso un terzo (es. un vicino), così come può capitare che solo uno dei compossessori compie una turbativa spoglio o molestia verso un terzo (es. un vicino), in quest'ultima situazione occorre valutare come il soggetto che subisce lo spoglio o la molestia si deve comportare verso il compossessore che non ha compiuto l'atto, la stessa domanda può essere posta in forma diversa, chiedendosi se il compossessore può aderire o fare proprio l'atto di molestia, spoglio o turbativa posto in essere da uno dei compossessori. Per rendere più chiara la situazione basta pensare all'apposizione di un cancello su un terreno in comproprietà tra Tizio, Caio e Sempronio, cancello che impedisce il transito al fondo dominante di proprietà di Primo. In questa situazione si è chiarito che il terzo deve agire con le azioni di spoglio o molestia (in quanto litisconsorti necessari) contro tutti i possessori (abbiano o meno posto in essere la turbativa o lo spoglio).
Altro problema potrebbe sorgere in relazione al trasferimento del possesso, infatti, se il trasferimento del possesso avviene dopo che la domanda sia stata proposta, opera l'art. 111 cpc (senza il riferimento alla trascrizione posto che le domande di manutenzione e spoglio non si trascrivono), se, invece, il trasferimento del possesso è avvenuto prima della proposizione della domanda di spoglio o molestie potrebbe applicarsi l'art. 1169 c.c.
Questi sono solo alcuni dei problemi che potrebbe sorgere nel momento in cui si decide di esercitare i diritti derivanti dall'azione di spoglio o di manutenzione, questo, però, non esclude che le medesime azioni sono soggette ad alcuni requisiti. Infatti, l'azione di spoglio prevede che l'azione è attribuita a colui che è stato violentemente o occultamente spogliato del possesso, inoltre è previsto che l'azione può essere esercitata entro un anno dallo spoglio (se lo spoglio non è clandestino), mentre entro un anno dalla scoperta dello spoglio se lo spoglio è clandestino.
Questo, però, non spiega se la decadenza dall'azione di spoglio (per il passaggio dell'anno) è rilevabile d'ufficio o solo su eccezione di parte (e quali sono gli oneri probatori a carico delle parti in presenza di spoglio clandestino). Sul punto è consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale:
a- la decadenza derivante dall'esercizio ultrannuale dal sofferto spoglio non può esser rilevata di ufficio ma richiede una tempestiva eccezione del convenuto;
b — nel caso in cui, in ipotesi di spoglio clandestino, venga contestata la non tempestività dell'esercizio dell'azione di spoglio, e lo spogliato abbia dimostrato la clandestinità dell'atto violatore del possesso e la data di scoperta di esso da parte sua (iniziando a decorrere il termine annuale di decadenza dal momento in cui cessa la clandestinità e lo spossessato viene a conoscenza dell'illecito o sia in condizione di averne conoscenza facendo uso della normale diligenza), resta a carico del convenuto spogliatore l'onere di provare l'intempestività dell'azione rispetto all'epoca di conoscenza o di conoscibilità dello spoglio, così operandosi una eccezione alla regola generale in materia di azioni di reintegra nel possesso, secondo la quale, se il convenuto eccepisca l'ultrannualità dell'azione di spoglio, spetterebbe all'attore provarne la tempestività.
Cass., civ. sez. II, del 30 aprile 2015, n. 8810 in pdf