Citare Gramsci a sostegno dell’appello che vuole l’effettiva equiparazione della scuola privata a quella pubblica: per strano che possa sembrare, a pochi giorni dalla presentazione della riforma della scuola del Governo Renzi, accade anche questo. Certo, il ragionamento del padre nobile del Partito Comunista italiano era molto più complesso e andrebbe ovviamente contestualizzato (qui il pezzo integrale, un articolo non firmato, pubblicato in “Il grido del Popolo” nel dicembre del 1918), mentre i 44 parlamentari della maggioranza che scrivono una lettera aperta a Renzi sono molto più diretti e sostanzialmente chiedono risorse e sgravi fiscali per le scuole paritarie.
In ogni caso, l’appello pubblicato su L’Avvenire è destinato a far discutere, e molto. In primo luogo perché arriva da parlamentari della maggioranza, con una ampia componente del Partito Democratico, ma soprattutto perché si rivolge direttamente al Presidente del Consiglio in un momento molto delicato del suo percorso di riforme (non è un mistero che Renzi punti molto sul progetto “La Buona Scuola”, anche per il risvolto per così dire “ideologico – simbolico”). I parlamentari considerano infatti la riforma Renzi – Giannini “un’occasione irripetibile per superare lo storico gap della scuola in tema di pluralismo e libertà di educazione”; nella loro lettura, infatti, il risicato sostegno economico dello Stato alle scuole private le ha trasformate “in scuole per ricchi”, costringendo per di più “le famiglie che decidono di optare per la scuola non statale a una doppia imposizione, quella della tassazione generale e quella delle rette” e in molti casi “mettendo a rischio lo stesso diritto allo studio, dato che in alcuni territori rurali e di montagna la scuola paritaria può costituire l’unica offerta formativa, con evidenti rischi di dispersione scolastica”.
In questo senso, secondo i sottoscrittori dell’appello, si è di fronte ad una “lenta asfissia della scuola pubblica non statale” e quegli istituti “resistono sono costretti ad aumentare le rette, avvitandosi in un circolo vizioso che mentre ne procrastina la chiusura, impedisce loro, ancor più, di essere ciò che vorrebbero: non già scuole per ricchi, ma scuole a servizio della comunità”. Proprio per questo si chiede un intervento netto al Governo, più concreto che di principio.
Tradotto in parole povere (ci perdonerete), si chiedono soldi per le scuole paritarie. Come? Lo spiegano in chiusura di appello: “Un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, sulla base del costo standard, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo”. Del resto, concludono, ce lo chiede l’Europa.