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Opinioni

La crisi non si combatte con le dichiarazioni a effetto

Dopo aver lasciato salire oltre quota 3 milioni i disoccupati e oltre i 4 milioni le partite Iva, fisco e governo scoprono che di troppe tasse si può morire e promettono: le ridurremo. In realtà stiamo parlando di uno 0,06%, come inizio non è il massimo…
A cura di Luca Spoldi
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Venghino signori venghino: alla grande fiera  italiana dell’illusionismo stamattina si offrono tagli di cunei fiscali, introduzione di redditi di cittadinanza e tolleranza “sopra lo zero” nei confronti dell’evasione “per necessità”, senza minimamente preoccuparsi di dare un minimo di concretezza alle nuove promesse e solenni dichiarazioni. Non sono ancora fredde le ultime agenzie stampa sulla (del tutto inutile) diatriba sull’Iva che già il “rinnovato” (con le dimissioni, accettate “a sua insaputa”, dell’ormai ex sottosegretario Michaela Biancofiore) governo Letta-Alfano supera in ottimismo e fantasia la “capacità narrativa” del (ex?) leader Pdl, Silvio Berlusconi, promettendo, capendo, spronando.

Intendiamoci: che in Italia si evada ormai anche “per necessità non era necessario che lo scoprisse il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, cui in molti imputano di non aver saputo (o potuto) condurre una reale lotta contro l’evasione sistematica da parte dei grandi evasori (quelli che in massima parte contribuiscono ai circa 150-180 miliardi di euro l’anno di “nero” e che le banche italiane conoscono benissimo, come dovrebbe sapere anche il Governatore della Banca d’Italia, dato che le stesse banche da decenni creano per loro conti all’estero dove parcheggiare il medesimo “nero”, salvo farlo rientrare in parte periodicamente ad ogni “condono tombale”) ed essersi concentrato nella spremitura di milioni di piccoli evasori attraverso l’uso, a volte perverso, degli studi di settore.

E sia chiaro: tagliare il cuneo fiscale servirebbe eccome, perché con la burocrazia opprimente e la cultura arretrata che ancora non tiene in alcun conto il merito e la competenza, quanto piuttosto la “vicinanza” (o amicizia, o clientela, o “cuginanza”, chiamatela come volete) del singolo a questo o quel “centro decisionale” (manageriale, imprenditoriale, creditizio o politico che sia), è proprio l’eccesso di tasse sul lavoro che riduce la propensione ad assumere delle aziende in tempi normali. Peccato che di “normale” questi tempi abbiano poco (complice una recessione che la cura letale a colpi di stretta sul credito e contemporanea repressione fiscale ha esacerbato), peccato che ci si accorga che è il momento di ridurre il cuneo fiscale dopo che oltre tre milioni di persone sono ufficialmente disoccupate e oltre quattro milioni di partite Iva debbono sempre di più confrontarsi ogni giorno con pagamenti in ritardo (crescente), assenza di un qualsivoglia contratto (se non in forma fittizia o di comodo), inadeguatezza dei contributi previdenziali (cosa che sarà scontata nell’arco dei prossimi 30-40 anni).
Piangono i sindacati, che non hanno saputo accompagnare la trasformazione del tessuto industriale e dei servizi italiani, piangono gli imprenditori, che finché hanno potuto hanno “distratto” mezzi dalle proprie aziende per rimpolpare il proprio patrimonio personale, piangono le banche, che non hanno mostrato particolare lungimiranza nelle loro operazioni “di sistema” dove hanno aiutato sistematicamente sempre e solo alcuni “amici” a costo di perderci soldi (e continuano a farlo) mentre per tutti gli altri clienti i finanziamenti o scarseggiavano o costavano assai più di quanto non costino mediamente in Europa (bisogna pur riuscire a recuperare le perdite da qualche parte ragazzi, specie quando il carry trade su titoli di stato rende poco o sottopone ad un rischio eccessivo). Piangono anche i manager, che però si vedono erogare liquidazioni multimilionarie in euro per “non far concorrenza”, per sei mesi o un anno o più, a quelle stesse aziende che non sono state in grado di rimettere in carreggiata.

Piangono tutti in Italia, sino a quando qualcuno non sorride e con tanta “voglia di fare” non promette nuove mirabilie. Che peraltro senza crescita sono destinate a rivelarsi un mero fumo in breve tempo e che per fortuna non convincono tutti: commentando su Twitter l’economista Tito Boeri nota: “un taglio del cuneo fiscale di 2 miliardi (Letta per ora parla di 1,5-2 miliardi che verrebbero recuperati rivedendo gli incentivi alle imprese, ndr) è del tutto inutile. Nessuno se ne accorgerebbe (perché equivarrebbe a) 20 euro all’anno in più in busta paga di 30.000” euro. O, detto altrimenti, dopo aver passato mesi a discutere se rimodulare/rinviare imposte e incrementi di imposte (Imu e Iva) che pesano per qualche centinaia di euro all'anno per famiglia, stiamo ora “sognando” di ridurre un cuneo fiscale, che nel frattempo è arrivato al 46,2% dello stipendio lordo, dello 0,06% (non state leggendo male: lo zero virgola zero sei per cento). Se pensate che la ripresa possa arrivare grazie a queste “profonde riflessioni” potete sorridere. Altrimenti iniziate a preoccuparvi, se ancora non lo foste.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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