Sul medesimo bene è possibile che più persone esercitano il medesimo diritto reale (ovviamente pro quota) dando vita alla c.d. comunione 1100 c.c.
E' anche possibile che sul medesimo bene vengano esercitati diversi diritti reali da parte di diverse persone (ad esempio, nuda proprietà ed usufrutto, nuda proprietà e abitazione, proprietà ed enfiteusi, proprietà e servitù).
Questo fenomeno è descritto come comunione impropria, secondo la Cassazione del 27.04.2005 n. 8727 “Si ha comunione impropria, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, ove il proprietario partecipi anch'egli per una determinata quota al godimento della cosa, insieme all'usufruttuario, ovvero quando su di un medesimo bene concorrano un diritto di proprietà ed uno di usufrutto, avendosi nella prima ipotesi una vera e propria comunione di godimento e, nella seconda un concorso di diritti reali differenti per tipo. Sulla base di tali premesse, l'elemento caratterizzante questo godimento (definito comunione impropria) appare quello (come nella comunione propria) secondo cui il godimento derivante da tutti i vari diritti coincidenti sul medesimo bene si estendono in forma diffusa sull'intero cespite, essendo limitati solo in via astratta dalla presenza di altri diritti reali”, in altri termini, “sul medesimo bene coesistono godimenti di tipo diverso”.
La presenza contemporanea di diversi diritti sul medesimo bene comporta una serie di problemi, infatti, occorre
a) determinare e regolare le "competenze" o i poteri dei singoli titolari dei diversi diritti reali (es. chi può recintare un terreno o chi deve pagare le spese di manutenzione del bene)
b) occorre comprendere come può difendersi il titolare di diritto reale dall'eventuale abuso compiuto dall'altro soggetto (titolare di un diverso diritto reale sul medesimo bene).
La risposta non può essere univoca, ma deve considerare le norme che regolano i diversi diritti reali (es. usufrutto e nuda proprietà, proprietà e servitù ecc.) e le caratteristiche dei singoli diritti reali, infatti, si tende ad escludere la servitù dalla comunione impropria (per le peculiari caratteristiche della servitù) questo, però, non esclude che in presenza di una servitù sussiste un godimento ed un possesso del bene esercitato da diverse persone titolari di diversi diritti reali.
Le caratteristiche peculiari della servitù, però, se escludono la configurabilità di una comunione impropria tra proprietario e titolare della servitù, questo non esclude che sul bene sussiste una situazione di compossesso. Infatti, in sede possessoria è possibile la coesistenza simultanea di più situazioni possessorie, anche di diverso contenuto, in relazione alla medesima cosa, in capo a differenti soggetti, esprimentesi per ognuno di essi in attività corrispondenti all'esercizio di diritti reali diversi, e, perciò, il fatto che si accerti l'esistenza di un possesso di terreno corrispondente all'esercizio di una servitù di passaggio, non esclude, di per sè, che il medesimo bene possa essere posseduto da altro soggetto, che eserciti sullo stesso un possesso corrispondente alla estrinsecazione dei poteri propri del proprietario di un bene, sia pure gravato di servitù in favore di altri.
Volendo catalizzare l'attenzione solo sulla servitù ci si potrebbe chiedere se il titolare di una servitù di passaggio può recintare il fondo servente (per sicurezza o per impedire ad altri l'accesso o l'uso della servitù) e, di conseguenza, ci si potrebbe chiedere a quali tutele potrebbe ricorrere il soggetto che vede leso o limitato l'esercizio del suo diritto.
Alla domanda se il proprietario del fondo dominate possa recintare il fondo servente o alla domanda se il proprietario del fondo dominante possa apporre un cancello sul fondo servente, la risposta dovrebbe derivare dal combinato disposto degli articoli 1069 e 1067 c.c. (e, almeno per lo scrivente, dovrebbe essere negativa) questo perché l'art. 1969 c.c. limita l'attività del fondo dominate (sul fondo servente) alle opere necessarie alla conservazione della servitù.
Infatti, l'art. 1069 c.c. afferma che il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente" mentre l'art. 1067 c.c. afferma che "il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente. Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo".
Quanto, invece, alla domanda se l'apposizione di un cancello possa determinare lo spoglio o la molestia per uno dei soggetti che esercitano il godimento e il possesso sul bene e dei mezzi di tutela predisposti dall'ordinamento, occorre rilevare che entrambi i soggetti (i titolari del fondo servente e del fondo dominante) possono ricorrere alla tutela possessoria in caso di spoglio o molestie effettuate da terzi o dal titolare del fondo dominante e del fondo servente. Naturalmente si tratterà di una scelta di merito valutare se si è in presenza di un'ipotesi di spoglio o molestia (o meno).
Inoltre, per valutare la situazione occorre verificare, chiarire e confrontare, attraverso una puntuale descrizione del luoghi, le modalità del passaggio attualmente esercitato rispetto a quello in precedenza goduto, così da consentire di stabilire la effettiva incidenza della modifica dei luoghi sul possesso della servitù di passaggio. Infatti, non ogni modifica dello stato dei luoghi costituisce, spoglio o turbativa, essendo sempre necessario che tale modifica comprometta in modo giuridicamente apprezzabile l'esercizio del possesso e, quindi, della servitù. Ed invero, deve considerarsi che l'installazione di un cancello sul fondo gravato da una servitù di passaggio non costituisce spoglio di questo diritto se, salvo un trascurabile disagio, non impedisce l'ingresso e il transito del proprietario del fondo dominante, ovvero non diminuisce apprezzabilmente l'"utilitas" della servitù, perchè rientra nelle facoltà del proprietario del fondo servente quella di chiuderlo (12949/2000) così la Cassazione civile sezione II, Sentenza 30 maggio 2014, n. 12258.
Questo orientamento del 2014 è stato confermato nel 2015: dovendosi seguire l'orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in tema di tutela possessoria, non ogni modifica apportata da un terzo alla situazione oggettiva in cui si sostanzia il possesso costituisce spoglio o turbativa, essendo sempre necessario che tale modifica comprometta in modo giuridicamente apprezzabile l'esercizio del possesso e, in particolare che l'apposizione di un cancello di agevole apertura, non configura spoglio o molestia ma costituisce un atto lecito rientrante nelle facoltà dei compossessori, dovendo al riguardo ritenersi del tutto irrilevanti le ragioni soggettive che abbiano spinto i resistenti alla collocazione del cancello.
Cass., civ., sez. II, 28 gennaio 2015, n. 1584 in pdf