La Consulta ha deciso sull’Italicum: bocciato ballottaggio, salvo premio di maggioranza
La Corte Costituzionale si è espressa sull'Italicum: bocciato il ballottaggio, resta salvo il premio di maggioranza. "All'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione", ha spiegato la Consulta nella nota diffusa sulla sentenza sull'Italicum. In pratica allo stato attuale sono in vigore due leggi elettorali molto diverse per la Camera e per il Senato, frutto entrambe di sentenze della Corte Costituzionale. Per la Camera dei deputati abbiamo una legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza fino al 15% per i partiti che raggiungono il 40% dei consensi; restano le preferenze e la possibilità di presentarsi come capolista in più collegi (anche se non si potrà scegliere il collegio di elezione, ma si verrà sottoposti a sorteggio) e resta la soglia di sbarramento al 3% per i partiti (non sono “ammesse” le coalizioni). Per il Senato della Repubblica abbiamo dunque un proporzionale puro, la possibilità di riunirsi in coalizioni e soglie di sbarramento su base regionale (8% coalizioni, 3% partiti all'interno di coalizioni).
Italicum addio, il comunicato della Consulta
Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari.
La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici.
Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono.
Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957.
Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni.
All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione.dal Palazzo della Consulta, 25 gennaio 2017
La Corte, in una seduta aperta a partire dalle 9:30 di ieri mattina e ripresa oggi, era chiamata a pronunciarsi sui ventidue ricorsi presentati contro la legge elettorale voluta dal governo Renzi. Questioni di legittimità costituzionale erano state presentate dai tribunali di Trieste, Torino, Messina, Genova e Perugia, per la possibile violazione di articoli della Costituzione, tra cui quelli sulla sovranità popolare, sull’uguaglianza e sul diritto al voto.
I punti della legge interessati dai ricorsi erano nove. Tra questi il ballottaggio, la soglia di sbarramento e il premio di maggioranza. Inizialmente l'esame della legge elettorale era previsto per il 4 ottobre, ma il 19 settembre è stato deciso lo slittamento a una data successiva al referendum costituzionale del 4 dicembre. Le motivazioni della sentenza, in ogni caso, saranno depositate tra il 15 e il 28 febbraio.
L'Italicum, l'oggetto del contendere, è stato approvato a maggio del 2015 dalla maggioranza che attualmente sostiene il governo Gentiloni. La legge si applica solo alla Camera dei deputati, e prevede un sistema proporzionale con premio di maggioranza che assegna 340 seggi su 630 alla lista che guadagna almeno il 40% dei voti. Se nessun partito ottiene questa percentuale, si va al ballottaggio tra i primi due. Il vincitore a quel punto prende 340 seggi. Lo sbarramento per i partiti è al 3%; non ci sono coalizioni o apparentamenti. Sono previste due preferenze, ma i capilista sono bloccati e possono presentarsi anche in 10 collegi, decidendo poi dove far scattare l'elezione.