La Cina sospende per due anni la pena di morte: un altro passo verso l’abolizione?
Quello di ieri è un giorno che in Cina definiscono già come storico. Proprio ieri, infatti, la Corte Suprema del popolo, il maggiore organo giudiziario cinese, ha predisposto a tutti i tribunali una moratoria della pena di morte per un periodo di due anni. Le esecuzioni capitali potranno essere eseguite soltanto per un numero ridotto di reati e in casi di estrema gravità. Il provvedimento, già prodigioso di per sé, porta con sé delle implicazioni straordinarie, sconosciute ai più.
In primis, non tutti sono al corrente del fatto che il codice penale cinese prevede che le condanne a morte sospese per due anni si tramutino automaticamente in un ergastolo. A detta dei giuristi in Cina si assisterà, dunque, a una svolta epocale in questi due anni: grazie a tale disposizione migliaia di condanne diverranno ergastoli e moltissime altre persone eviteranno la pena di morte. Ma non tutti, le disposizioni sulla pena capitale permangono per quelli che sono i reati definiti di "estrema gravità". Proprio per tale ragione le ong, tra cui Amnesty International, faticano ad essere palesemente ottimiste. Ciononostante è indubbio il valore del provvedimento attuato dalla Cina, ormai seconda economia mondiale; proprio in virtù di tali decisioni il Paese si appresta a fare propri i valori delle moderne civiltà occidentali, specialmente in tema di diritti umani.
A rigor di cronaca, occorre ricordare che quello di ieri non è il primo provvedimento che allontana la Cina dalla pena di morte e dalla crudeltà delle esecuzioni. Già nello scorso febbraio il numero dei reati punibili con la pena capitale erano scesi da 68 a 55, escludendo dalla black list pertanto 13 reati. Un anno fa, poi, un altro passo in avanti: le fucilazioni, spesso di gruppo, furono abolite per lasciare il posto alle meno brutali l'iniezioni letali.
Cionostante il paese è ancora troppo lontano per potersi dire democratico e rispettoso della dignità e dei diritti dell'individuo. Permangono alcune pesanti zone d'ombra nel sistema giudiziario e in generale per ciò che concerne la libertà d'espressione, non ultima l'arresto di Ai Wei Wei, in stato d'arresto dallo scorso aprile scorso. La motivazione con cui l'artista, le cui opere sono esposte in tutto il mondo, è stato fermato dalla polizia cinese è relativi a crimini fiscali ma in realtà il governo di Pechino con il suo arresto, cui è seguito il silenzio sulle sue condizioni di salute, ha inteso punire palesemente la libertà d'espressione. Ma questa è un'altra storia.