La cantante dei narcos che scala le classifiche grazie al padre
Melissa Plankarte è una ragazza di 25 anni dello stato di Michoacán, sulla costa pacifica del Mesico. È una cantante “ranchera”, un genere musicale tradizionale in cui la voce solista è accompagnata da un gruppo di musicisti. I testi, almeno in origine, traevano spunto dalle storie di vita e sofferenza della plebe rurale messicana.
Melissa ha gli occhi scuri, le forme rotonde, le labbra carnose e, naturalmente, si veste succintamente per eccitare la fantasia dei suoi fan. Unico vezzo la tintura bionda dei capelli. Il motivo è facilmente intuibile: il suo nome d’arte è la “Barbie grupera”. Non si è mai vista una Barbie coi capelli neri corvino. È conosciuta anche con un altro nome: “la prinsesa de la banda”, che più o meno significa la stessa cosa. Barbie, infatti, spesso viene raffigurata come una principessa che vive in castelli da favola, attorniata da uomini valorosi e affascinati.
In Messico il mercato della canzone “ranchera” è molto florido. Sono migliaia i ragazzi che si improvvisano cantanti per lanciarsi nell’agone artistico e sbarcare il lunario. Si travestono da cowboy e da cowgirl e vanno in giro, nelle taverne di provincia, ad interpretare i classici strappalacrime della tradizione “campesina”.
Incidono dischi, in autonomia o per case discografiche sconosciute, venduti illegalmente sulle bancarelle e nei locali dove si esibiscono. Quando partecipano ad un evento musicale le strade sono imbrattate di manifesti pubblicitari che li ritraggono in pose ammiccanti ritoccate in malo modo. L’altro canale pubblicitario per eccellenza sono i social network.
Anche Melissa ha la sua pagina Facebook nella quale si presenta come una superstar messicana; in realtà la sua fama non si estende oltre lo stato di origine, anche se nell’ultimo mese, a causa di un evento luttuoso, il suo nome è rimbalzato sui media divenendo all’improvviso la vedette che aveva sempre desiderato essere.
Il 31 marzo 2014, in un’azione antidroga, perde la vita Enrique Plancarte, detto Kike, di 43 anni. Dalle prime ricostruzioni si apprende che questi, uno dei più importanti narcotrafficanti de “Los Caballeros Templarios”, era il padre di Melissa.
La prima reazione è stata una presa di distanza. Alla stampa ha dichiarato di non frequentare il padre che aveva lasciato la moglie e i due figli (Melissa e il primogenito Kike jr.) per seguire senza impedimenti la strada del narcotraffico.
La visibilità acquisita attraverso i social network, tuttavia, non l’aiutano a nascondere la verità. In una foto postata in gennaio sul suo profilo Instragram (ora chiuso, ma le foto intanto girano nella rete) si era fatta ritrarre in body e guepiere con su stampati il simbolo identificativo dei Templari (una croce latina rossa in campo bianco). Il fratello, anche lui cantante “ranchero”, alias “El pincipe del la banda”, aveva pubblicato un’immagine simile.
Ma non basta. I blogger si mettono a scavare nella memoria digitale e tirano fuori una foto in cui la ragazza è in compagnia del padre nel giorno del suo compleanno. Il commento di Melissa alla foto è questo: «C’è un cavaliere che veste di nero, nei suoi occhi verdi non si scorge la paura, gli piace la musica, fare baldoria… Sebbene abbia tante pressioni e problemi non solo si dedica alla sua famiglia, ma aiuta anche le persone che hanno bisogno. Molti non lo amano, però grazie a Dio sono più le persone che gli vogliono bene che quelle che lo criticano, tutti gli esseri umani commettono errori, però perché si mostrano solo le cattive azioni e non si tengono in conto le migliaia di cose buone. Considerando tutto quello che dicono per me è perfetto, solo Dio potrà giudicarlo, io voglio godermi ogni momento al suo fianco. Non mi ha mai lasciato né deluso, il mio uomo preferito. Con lui ho più di quanto immaginassi di poter avere dalla vita!… Ti amo papà». Una bella dichiarazione di amore filiale che annulla definitivamente la presa di distanza dal padre.
Sempre in gennaio, El Love, un membro de Las autodefensas (gruppi paramilitari di cittadini che hanno intrapreso una lotta armata contro i narco-cartelli), durante un’ispezione nel municipio di Tierra Caliente (liberato dalla presenza dei narcos dopo una furente battaglia), scopre che, dietro la facciata di un capannone fatiscente, si nasconde la lussuosissima casa di Enrique Plankarte (nel frattempo fuggito).
Sennonché qualcuno si accorge che il video di una famosa canzone di Melissa, “Si non soy nada”, ha come set proprio la casa sequestrata dalle autodefensas.
Scoppia il caso. La stampa le chiede conto e ragione di questa novità. La ragazza si difende dicendo che quella era la casa in cui ha sempre vissuto con la madre. Ma il tentativo di allontanare da lei il sospetto di essere in contatto con il padre non basta. I media messicani mettono le mani sul backstage del video e mostrano la cantante mentre sta girando alcune scene, proprio in quella casa, sotto lo sguardo vigile e amorevole del padre che scherza con i ragazzi della troupe.
Le tv della repubblica centramericana si scatenano intervistandola in numerose trasmissioni in cui le viene chiesto come si sente ad essere la figlia di un narcotrafficante che ha assassinato e decapitato decine di persone.
Il clamore intorno alla ragazza ancora non si placato quando arriva la notizia della morte di Kike. Così le tocca un altro giro di fronte alle telecamere per raccontare il dolore procuratole dalla dipartita.
Un’inchiesta giornalistica, frattanto, diffonde il sospetto che molti degli eventi musicali a cui Melissa è stata invitata siano stati finanziati con i soldi del narcotraffico e la stessa Plan records Entertainment, ovvero la sua casa discografica, sia nata con il preciso scopo di riciclare il denaro sporco.
Qual è il risultato dell’onda mediatica che ha investito Melissa? È stata costretta a lasciare il mondo dello spettacolo e si è ritirata a vita privata?
Nemmeno per sogno. Papà l’ha spinta in alto anche dopo la morte. La curiosità scatenata dai media intorno alla sua figura le ha dato la possibilità di fare il grande salto: la J.L.M Entertaiment, di José Luis Magallanes e Raúl Ronaldo Rivera, le ha offerto di compiere una tournée negli Stati Uniti dove il genere musicale “ranchero” è seguitissimo da milioni di messicani immigrati che non vogliono perdere la propria identità.
Sulla pagina fan ora, accanto alle sdolcinate dediche al compianto padre, appaiono aggiornamenti di stato del tipo: «Grazie agli amici di Tucson e Phoenix per l’appoggio» oppure «Un saluto a tutti gli amici del Michoacán che si sono radicati negli Stati Uniti» o ancora «Saluti dalla California dove stiamo girando vari programmi e visitando gli amici delle radio… presto saremo qui con lo Show».
Melissa, del resto, aveva intuito i risvolti positivi derivanti dall’attenzione mediatica. Infatti, quando tutti le davano addosso perché non si vergognava, né si pentiva dell’attività criminale paterna, aveva scritto a chiare lettere su Instagram: «Grazie per la pubblicità». È proprio il caso di dire “nel nome del padre”.