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La Bce prende tempo, invariati tassi e acquisti di bond sul mercato

La Bce non tocca i tassi nè modifica o estende il programma di acquisto di bond sul mercato. Delusi gli investitori, che si attendevanod a Mario Draghi almeno qualche accenno a futuri stimoli monetari a sostegno di una crescita che in Eurolandia resta anemica quanto l’inflazione…
A cura di Luca Spoldi
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Alla fine, tanto tuonò che non piovve: la Banca centrale europea al termine dell’odierna riunione del board ha infatti mantenuto invariato i tre tassi di riferimento ed in particolare a il tasso di rifinanziamento principale a zero e quello sui depositi a -0,4%, così come il programma di quantitative easing, che continuerà dunque a vedere acquisti di bond sul mercato per 80 miliardi di euro al mese, un ritmo che secondo alcuni potrebbe a breve portare la Bce a terminare la “carta” disponibile, stante il limite all’acquisto di bond che non rendano meno del -0,4% annuo e che siano suddivisi tra i paesi membri in base al rispettivo peso economico.

Il programma di acquisto di bond sul mercato, che ha ormai superato la soglia dei mille miliardi acquistati e che per ora non ha prodotto altro se non una flebile ripresa dei prestiti da parte delle banche europee alle aziende, durerà, come ripete da mesi la Bce, fino a fine marzo “o oltre se necessario e in ogni caso sinché non si vedrà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con l’obiettivo di inflazione” che la Bce si è data. Nella successiva conferenza stampa Mario Draghi ha sottolineato come al momento non appaiano necessari ulteriori stimoli e come non si sia discusso di “helicopter money” in alcun modo.

Commentando la “non decisione” della Bce Timothy Graf, responsabile Macro Strategy di State Street Global Markets Emea, si è detto non sorpreso della mancanza di reazione sulla politica monetaria da parte della Bce, “dato l’atteggiamento tradizionalmente cauto” di Eurotower, anche se ha ammesso che si sarebbe aspettato “qualche parola che preparasse il mercato per un allentamento verso fine anno”, che invece non c’è stata. Tuttavia, con l’inflazione e le aspettative sull’inflazione ancora al di sotto dell’obiettivo fissato dalla Bce, per l’esperto “è improbabile che questo atteggiamento reticente prosegua ancora per molto”.

Un nuovo allentamento della politica monetaria europea, peraltro osteggiato da tempo dalla Germania e dai paesi tradizionalmente più vicini all’ortodossia della Bundesbank, sarebbe dunque solo rinviato e il perché è comprensibile osservando le nuove stime aggiornate fornite sempre oggi da Draghi: per quanto riguarda il Pil dell’area dell’euro, questo è visto in crescita dell’1,7% nel 2016 (leggermente meglio del +1,6% previsto a giugno), dell’1,6% l’anno prossimo (contro un precedente +1,7%) e sempre dell’1,6% nel 2018. La Brexit, per ora, non sembra avere un impatto rilevante ma la crescita, nonostante gli sforzi di Draghi (che ha nuovamente sottolineato come la politica monetaria non possa da sola risolvere il problema), resta anemica.

Quanto ai prezzi, questi dovrebbero tornare a salire molto lievemente verso fine anno portando il dato medio 2016 ad uno striminzito +0,2%; nel 2017 si dovrebbe risalire all’1,2% e nel 2018 all’1,6%, valori praticamente invariati rispetto alle stime di fine giugno e ancora ben al di sotto dell’obiettivo del 2% annuo. Secondo Stephen Yeats, responsabile del team Fixed Income Beta Emea di State Street Global Advisors, “sebbene alcuni possano criticare la scelta della Bce di non attuare un ulteriore allentamento monetario” fin d’ora, è probabile che “vi siano solide motivazioni a favore del restare in attesa”.

E’ vero infatti che l’Eurozona “sembra resistere allo shock della Brexit”, mentre il board della Bce ha voluto “ovviamente aspettare l’incontro mensile della Federal Reserve” del prossimo 20-21 settembre, quando potrebbe essere annunciato un rialzo dei tassi ufficiali sul dollaro (anche se gli ultimi dati macro sembrano aver allontanato a fine anno, dopo le elezioni presidenziali di inizio novembre, tale eventualità), ma “è probabile che l’ipotesi di eventuali azioni a ottobre e dicembre inizi a prendere piede, soprattutto in merito all’estensione del termine per le acquisizioni di asset, fissato per marzo 2017”.

Troppo poco, comunque, per i mercati, tanto più che dopo le parole di Draghi l’euro si è rafforzato portandosi a 1,1316 contro dollaro (con un picco a 1,1326). Così su borse e bond del vecchio continente, in particolare quelli periferici di Spagna e Italia, sono scattate ulteriori prese di profitto dopo una mattinata in prudente rialzo, coi Btp decennali che vedono lo spread contro Bund risalire sull’1,09% e il rendimento sull’1,12%, peggiorando leggermente anche contro i Bonos spagnoli, pure venduti.

A pagare il dazio più pesante sono tuttavia i bond greci, che a causa delle incertezze del governo Tsipras sul terreno delle riforme vedono nuovamente aumentare il rischio sovrano per l’incertezza circa il regolare proseguo del “bailout” concordato la scorsa estate. Già esclusi dal programma di quantitative easing della Bce, i titoli di stato greci sono da mesi in una “terra di nessuno” e pagano un rendimento dell’8,25% circa che è più del doppio di quello pagato dai decennali del Portogallo (3,05%). Se Roma piange, Atene decisamente non ha alcun motivo per ridere.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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