video suggerito
video suggerito

L’uomo che dipinge l’Italia e gli italiani – Intervista esclusiva ad ALTAN

Abbiamo voluto intervistare Altan perché è un Maestro come ce ne sono pochi. E non solo Maestro d’arte, ma di vita, di pensiero. Abbiamo voluto parlare con lui per capire qualcosa di più del nostro paese e, magari, trovare lo stimolo per far seguire l’azione alla consapevolezza del marcio che ci circonda e in cui siamo tutti immersi, immobili.
A cura di Anna Coluccino
490 CONDIVISIONI

Intervista_ALTAN_

A chi, come me, è cresciuto con La Pimpa, ha maturato una coscienza politica in compagnia di Cipputi, ha riletto una certa porzione della storia d'Italia con Colombo e ha vissuto l'intera esistenza adulta in compagnia della "commedia quotidiana" che Altan è andato mettendo in scena in tutti questi anni, arrivare a poter rivolgere delle domande all'artista che -per trent'anni- è stata la firma apposta in calce a sorrisi amari, risate grasse, riflessioni ed epifanie provoca -inutile negarlo- una certa emozione.

Altan è il maestro incontrastato della satira fumettistica: lirico e disincantato, sferzante e combattivo, impietoso e indulgente, nero e lucente… In oltre quarant'anni di carriera ha saputo imprimere il suo inconfondibile marchio sulla storia d'Italia. Lo hanno definito "genio", "appassionato antropologo", "intellettuale sotto mentite spoglie", "fine politologo" e molto altro ancora… Ma forse la verità è che Altan è un uomo onesto, umile. Un uomo che -come lui stesso afferma- non si mette mai "dall'altra parte".  Non giudica gli italiani da distanze siderali, non li accusa di essere meschini e incapaci, né si sente un illuminato costretto a vivere tra gretti ignoranti… Utilizza invece quella che in antropologia si chiama "osservazione partecipante". È un italiano tra gli italiani, guarda il mondo dalle medesime altezze dei suoi personaggi e giudica -prima di tutto- se stesso.

“ Mi interessano sempre più gli elettori che gli eletti, perché se ci lamentiamo -in fin dei conti- dobbiamo prima di tutto lamentarci di noi stessi. ”
Altan

Altan ha letteralmente disegnato il nostro paese passo passo, anno dopo anno, errore dopo errore, successo dopo successo… Ignorando i potenti e dando amorosa voce ai sudditi, a quanti comprendono il perenne dramma politico e sociale in cui vortica il paese, stupendosi -al contempo- della loro incapacità di reagire, interrompendo il ciclico riproporsi delle medesime vergogne. Altan muove i suoi personaggi con l'amore del dio creatore che non può fare a meno di sentirsi parte della sua stessa creazione, racconta dell'Italia e degli italiani dall'alto di una consapevolezza che è storica e antropologica, una consapevolezza che -da un lato- vede il nostro popolo quasi condannato "all'egoismo, alla mancanza di senso dello stato e della comunità" e -dall'altro- riconosce e ammira l'immane sforzo che una porzione del paese sta compiendo per mettere in moto il primo vero cambiamento della sua storia, per giocarsi l'occasione di rompere il ciclo e costruire una nazione che non dev'essere per forza normale, ma che ha bisogno di ritrovare etica e giustizia sociale

Intervista a Francesco Tullio Altan

Il nostro primo incontro risale al settembre del 1986. Lei non può ricordarlo, ma io ricordo che da quando aprii il mio primo Corriere dei piccoli e incontrai la Pimpa non l’ho mai più lasciata, almeno fino alla chiusura del giornale. Ricordo che memorizzai il suo nome, “Altan”, perché mi suonava strano… Poi mi è capitato molto spesso di incontrarla, nella vita, e ho sempre trovato l’Altan più adeguato ai diversi periodi della mia estistenza, alle mie evolventi passioni, fino all’inevitabile passaggio dalla gioiosa (e beata) innocenza al pessimismo cosmico. Esiste una ragione per cui la sua produzione è sempre stata così complessa, totale, variegata? Come convivono Pimpa, Cipputi, Trino e tutti gli abitanti delle sue storie nella medesima testa?

(Ride) Questa  è una cosa che francamente non saprei spiegare… Io ho cominciato facendo cose per gli adulti, mentre la Pimpa e, in generale, le cose per bambini le ho cominciate poco prima della nascita di mia figlia, come dire: mi stavo preparando… Per cui, i personaggi per adulti provengono dalla mia formazione, dal percorso che ho seguito nella vita, mentre quelli per bambini sono arrivati un po' a sorpresa: l'arrivo di mia figlia ha aperto come una grande finestra…

la-pimpa

Oltre che “multiplo” lei mi è sempre sembrato “eterno”. Mi spiego, non le sto assegnando caratteristiche divine, rilevo solo che le sue vignette raccontano sì di attualità, ma in maniera imperitura. Cosa affatto comune ai suoi (pur bravissimi) colleghi. Gli eventi, è vero, sono spesso ciclici, ma ritengo che lei abbia una particolare dote: quella di riuscire cogliere il significato psicologico-esistenziale che fa da cornice ai fatti. Alla luce di questa riflessione, quali sono a suo avviso le tare culturali dell’Italia e dell’italiano? A quali difetti fanno capo i ciclici errori in cui continuiamo a incappare?

Questa è un'altra domanda difficile… È vero che io, in generale, e soprattutto nella prima parte del mio lavoro, mi sono occupato abbastanza poco dei personaggi e dei fatti quotidiani, perché mi interessava di più lo spirito, l'aria del tempo. Adesso, soprattutto nelle cose che faccio per Repubblica, sono più vicino alla quotidianità… Però, anche quando parlo di politica e di attualità, mi interessano sempre più gli elettori che gli eletti, perché se ci lamentiamo -in fin dei conti- dobbiamo prima di tutto lamentarci di noi stessi.

altan-che-perda-il-peggiore

Probabilmente è proprio questo che rende eterni i suoi ritratti, il fatto che non parlino di "personaggi" ma di persone… E le persone non cambiano tanto facilmente…

Io credo che la storia dell'Italia conti. Parlo di secoli si storia. Insomma, il nostro paese si è formato in un certo modo, la nostra cultura è fatta così ed è molto difficile da correggere. Il senso della comunità, dello stato è pressoché assente. È un paese di egoisti, per cui è davvero difficile mettersi d'accordo.

ALTAN_vignetta

Lei ha cominciato con il cinema, è stato sceneggiatore e scenografo, e -forse-il fumetto rappresentava lo sbocco ideale per un artista che desiderava inventare storie plasmando di suo pugno sia le forme, sia i colori, sia le parole. In che modo il cinema e l’amore per la settima arte influenzano ancora oggi il suo lavoro? E qual è il primo film di cui si è innamorato?

In realtà io ho cominciato disegnando. Il cinema ha accompagnato un certo periodo della mia vita, che è durato abbastanza poco, e poi sono tornato all'attività che considero "originaria". D'altronde io sono, come dire, anzianotto… Da piccolo non avevo neppure la televisione e disegnare per me era veramente un'attività "piena". Ora vedo molti film, molta televisione, al cinema ci vado poco perché vivo in un posto piuttosto scomodo, ma mi piace moltissimo… Solo non saprei dire che influenze "dirette" questa passione ha sul mio lavoro, però ricordo perfettamente il primo film che ho visto. Si chiamava Obiettivo Burma ed era un film con Errol Flynn sulla guerra in Birmania contro i giapponesi, ricordo ancora perfettamente alcune scene. Quella è stata la mia "prima volta".

Se dovesse descrivere quello che ha capito di questo paese in una battuta, cosa direbbe?

Poco. Nel senso che capire vuol dire poco, quello che davvero non si capisce è: come si fa?  Come si fa a risolvere i problemi? Magari i problemi li abbiamo anche capiti. Ma restiamo .

Tra le sue vignette che più amo c’è quella che recita semplicemente: “Uno nasce, e poi muore. Il resto sono chiacchiere”. Io l’ho sempre letta al negativo, secondo una prospettiva fondamentalmente nichilista, ma, proprio ieri, un amico me ne ha mostrati i possibili risvolti positivi. Insomma: giacché non abbiamo altro che chiacchiere, non dovremmo vergognarci di voler parlare tanto, non dovremmo temere dialogo e confronto, parliamo, che altro resta? La ritiene una lettura in linea con quel che pensa della vita, del mondo, del genere umano?

In realtà quella vignetta ha fatto anche da copertina a un libro che si intitola "Terapia", ed è stata modificata proprio per poter fare da copertina… Nel libro, l'uomo che pronuncia la battuta è un signore in poltrona, nell'originale era un militare, un "generalone". Venne fuori nel contesto della prima guerra in Iraq (o forse della guerra in Afghanistan, non ricordo bene) e originariamente aveva un significato stretto, pragmatico, militare appunto.  Poi, in un secondo momento, mi è sembrato si adeguasse anche al resto e che il suo significato potesse diventare più ampio. Da questo punto di vista, potrebbe ricollegarsi a quello che ho detto prima: capire abbiamo capito, ma poi si fa poco.

E ora analizziamo uno dei suoi alter ego su carta: Cipputi. Lei è un’artista di fama, figlio di un celebre antropologo che è stato al centro degli eventi politici e culturali della seconda metà del novencento, Cipputi è un operaio metalmeccanico. Eppure sono certa che in qualche cosa vi somigliate. Quali sono i principali punti di contatto tra voi? Quando e come nasce questo personaggio?

Questo personaggio nasce nel 1975, esattamente contemporaneo della Pimpa (tanto per mettere le cose nel loro ordine…) ed è nato così, come uno dei personaggi della commedia che da tanti anni vado mettendo in scena. Non avevo scelto di farlo diventare quello che poi è diventato anche per fini giornalistici. A un certo punto il suo nome veniva utilizzato proprio come sinonimo di "operaio", di classe operaia, ma credo che la definizione di Cipputi che più mi piace e che trovo più giusta l'abbia data Vittorio Foa che diceva: Cipputi non rappresenta il metalmeccanico, ma rappresenta la persona che lavora, e lavora seriamente; lavora sapendo cosa sta facendo e sapendo perché lo fa…

E forse è in questo che vi somigliate…

Io lo spero davvero di somigliare un po' a Cipputi.

sacrifici_altan

Come ha scelto i personaggi oggetto delle sue celebri parodie a fumetti? Perché proprio Cristoforo Colombo, San Francesco o i Re Magi hanno attirato la sua attenzione?

Quello era un progetto tutto italiano, ovvero incentrato sul concetto di popolo di poeti, santi e navigatori. Ho cominciato con il navigatore, poi ho fatto il santo e il poeta… Non ci sono riuscito. Avrebbe dovuto essere Dante, ovviamente, ma era troppo dura, non ce l'ho fatta.

altan_colombo

Ultimamente, rispetto alla situazione politica del paese e di fronte all’mmobilità di noi italiani, mi è capitato spesso di pensare al principio della rana bollita di Chomsky: un pentolone pieno d’acqua, il fuoco che la riscalda lentissimamente e una rana che -pian piano- si adatta al “clima variabile”; quando si accorge che la temperatura dell’acqua è diventate insostenibile è ormai troppo tardi, la rana è già bollita e non riesce a saltar fuori dalla pentola. Lei che idea si è fatto in merito alla mancanza di reazione degli italiani?

La trovo davvero un'immagine molto bella. La scopro adesso, ma mi sembra perfetta. La adotto.

Le sue vignette di satira politica puntano a snidare anche le piccole ipocrisie che puntellano la vita dell’uomo comune e che, evidentemente, si ingigantiscono al contatto con il potere, arrivando ad affliggere un intero paese. Ma se in Italia vivesse una maggioranza di piccoli truffatori, piccoli xenofobi, piccoli maschilisti, piccoli corrotti, piccoli evasori e deliquenti o -semplicemente- uomini e donne che predicano il cambiamento senza essere disposti a cambiare… Esisterebbe ancora una ricetta salvifica o saremmo perduti definitivamente?

(Ride) Ecco, io sono abbastanza pessimista, ma non fino a questo punto. Credo che in Italia ci sia tanta gente che fa bene quello che deve fare, che si sforza e che non fa parte di quella categoria lì. Solo che quella categoria è più vischiosa ed è così forte da riuscire a tirar fuori difetti anche dalle persone migliori. Non vorrei dare un giudizio così estremo degli italiani, insomma, oltretutto sarebbe un suicidio perché ci sono anch'io "dentro". Io non mi metto mai "fuori". Sono qua, non posso darmi il martello sui piedi più di tanto…

vignetta altan italiani

Qual è stato il momento in cui più si vergognato di essere italiano e -invece- quello in cui ne è stato più fiero?

Il momento in cui mi sono più vergognato è proprio adesso. Perché, insomma, stanno succedendo delle cose che davvero non dovrebbero mai accadere. Però forse è anche il momento in cui sono più fiero. Sono fiero di quell'altra parte dell'Italia che c'è, è intelligente, è volenterosa… So per certo che quella parte esiste, perché altrimenti saremmo tutti felici. No?

Se la Pimpa e Cipputi potessero parlare per pochissimi secondi della “loro” Italia, cosa si direbbero?

Si scambierebbero un'occhiatina e andrebbero avanti camminando fianco a fianco.

Dopo oltre quarant’anni di carriera, dopo centinaia di strisce, parole, battute, pensieri… C’è spazio nel suo personale campionario di umanità per un nuovo personaggio? 

Penso di sì. Però i miei personaggi non sono mai arrivati perché ho deciso di inventarli. Sono sempre spuntati fuori in mezzo agli altri e si sono fatti spazio da soli. Io non ho mai programmato un granché nella mia vita.

490 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views