L’ultima lettera di Michele, suicida per colpa dei bulli: “Mi chiamano stupido, mollo tutto”
Sua madre aveva già denunciato i bulli che lo aveva deriso a tal punto da spingerlo ad ammazzarsi. Persino al suo funerale, alla fine dello scorso mese di febbraio, non avevano saputo trattenere gli insulti nei confronti di Michele Ruffino, il 17enne che si è tolto la vita gettandosi dal ponte di Alpignano, nell'area metropolitana di Torino. Un gesto estremo, ma inevitabile, come ha scritto proprio Michele in una lettera trovata dalla sorella e pubblicata dal Corriere della Sera. Nel lungo testo il ragazzo parla di sé in terza persona e cerca di spiegare i motivi che lo hanno spinto a suicidarsi lo scorso 23 febbraio, mettendo così fine alle sue sofferenze. "Ho intenzione di mollare – è l'incipit -. Questo ragazzo moro piange davanti allo specchio e non trova nessuno dietro di sé che gli dica: ehi oggi sei maledettamente bello".
Un dolore che Michele si è portato dentro fin da bambino. "Questo ragazzo ha sempre cercato in tutti i modi di far sorridere gli altri, di salvarli dalla depressione. Eppure lui è il primo a voler morire e nessuno se ne rende conto. Per colpa di un vaccino ho dovuto sempre lottare, oltre che con la mia malattia anche con la gente che, non può capire e quindi iniziano a chiamarti ‘down‘, ‘stupido', ‘anoressico', o ancora peggio quello che ogni tre passi cade". Il riferimento è ai suoi problemi di salute, cominciati quando, a soli sei mesi di vita, dopo un vaccino, ha sviluppato poca sensibilità alle braccia e alle gambe. Questi insulti col tempo sono diventati più forti della sua voglia di vivere e di realizzare il sogno di lavorare come pasticcere. "Avrei voluto tantissimo conoscerti – conclude così la lettera -. Ma non ci sarà occasione". Non era questa la prima volta che il il 17enne metteva nero su bianco le sue emozioni. Erano mesi che si scriveva lettere indirizzate ad un tale Eren, un amico immaginario che lui avrebbe voluto avere nella realtà. In queste righe c'è di tutto: i tagli sulle braccia per farsi notare a scuola, le prese in giro, la ricerca di quella "felicita che non aveva mai conosciuto".
Parole pesanti, che si vanno ad aggiungere a quelle di mamma Maria Catrambone Raso che, insieme al marito Aldo, ha sporto denuncia ai carabinieri per far sì che il suo bambino trovi pace e giustizia almeno dopo la morte. Gli inquirenti in queste ore stanno analizzando il computer di Michele nella speranza di trovare gli indizi necessari a individuare i bulli, anche se al momento in procura non esiste ancora un fascicolo con una ipotesi di reato. "Voleva solo una pacca sulla spalla, una parola amica – ha detto la donna -. Invece oggi siamo qui: disperati. Non vogliamo vendetta, ma se c’è qualcuno che ha sbagliato deve pagare".