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L'omicidio di Elisa Claps

L’omicidio di Elisa Claps, sepolta per 17 anni nella soffitta della chiesa

La quindicenne Elisa Claps è stata uccisa 12 settembre 1993, a Potenza, dall’allora ventunenne Danilo Restivo. Il suo corpo è rimasto nascosto per 17 anni nella soffitta della Chiesa della Santissima Trinità, il 17 marzo del 2010, mentre Restivo, a piede libero, continuava a uccidere donne. Sul suo caso, coperto dal segreto di Stato, si addensano ombre che coinvolgono la Chiesa, il SISDE e la magistratura.
A cura di Angela Marino
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Elisa era una ragazza allegra, perbene, ingenua. Frequentava il primo anno del liceo classico, le amiche e la chiesa, quella della Santissima Trinità di Potenza, dove lasciavano le loro offerte e il loro fardello di segreti operai, casalinghe e notabili della città. Quindici anni, capelli castani e un corpo morbido e robusto che mal si addiceva a quella indole pura di bambina cresciuta, guardava il mondo da dietro i suoi occhiali ovali e il suo grande sorriso. Non diffidava mai di nessuno, neanche dei ragazzi più grandi per cui prendeva delle cotte, perché, timida com’era, le veniva difficile uscire con i suoi coetanei. Non diffidava di Danilo Restivo, un ragazzo goffo, impacciato che ad alcuni faceva paura, quando non provocava ripulsa, e che la corteggiava da un anno, senza successo.

Chi è Danilo Restivo

A Potenza lo conoscevano tutti come un giovane problematico, ma innocuo. Era il figlio del direttore della Biblioteca nazionale di Potenza, Maurizio Restivo, persona stimata in città da quando vi si era trasferito prima da solo, nel 1979, e poi dopo due anni con la moglie Marisa e i figli Anna e Danilo, che nel primo periodo di incarico presso la biblioteca potentina erano rimasti a Cagliari. Avvocato, pittore, scultore, Maurizio Restivo era un uomo carismatico ed era tenuto in grande considerazione in città. Anche don Mimì Sabia, il parroco della chiesa della Santissima Trinità, lo stimava. La famiglia Restivo del resto, aveva vissuto per anni nel comprensorio del Seminario, accanto alla Chiesa, dove come direttore della Biblioteca, che era situata lì, godeva di un alloggio. La posizione e il prestigio di Maurizio Restivo rendevano tollerabili e perdonabili tutte le bizzarrie del figlio, come quando, entrando in una stanza diceva “arrivederci”, invece di salutare, come quando, armato di forbici che portava sempre con sé, sui bus cittadini si appostava dietro alle ragazze per tagliar loro ciocche di capelli che custodiva gelosamente nella sua stanza. Più di una volta l’avvocato Restivo era intervenuto in soccorso di quel figlio difficile.

I rapporti tra Maurizio Restivo e don Mimì Sabia

Lo aveva fatto nel 1986, quando un Danilo 14enne, era stato denunciato per aver ferito con un coltello un ragazzino. Lo aveva attirato in un container del seminario insieme alla cugina, lo aveva bendato e poi, dopo aver calzato un guanto da cucina gli aveva tagliato il collo con un trincetto. La ragazzina aveva avuto la prontezza di spingerlo a terra e trascinare via il cugino. La ferita fu medicata con alcuni punti. Seguì un processo, poi archiviato per intervenuta amnistia mentre Maurizio Restivo si premurava di far firmare al padre del ragazzo un documento che attestava il versamento della somma di un milione di lire a titolo di risarcimento, da parte della famiglia Restivo.Lo protegge, papà Maurizio, anche quando viene denunciato per stalking. È il 1992. Le sue vittime in quegli anni erano alcune studentesse universitarie che abitano davanti alla casa dei Restivo in viale Marconi, a Potenza. Alcune sono amiche della sorella Anna, a cui Danilo ha rubato i numeri di telefono. Le chiama decine e decine di volte, invia loro delle lettere, alcune sconce, altre romantiche, tutte inquietanti. A una di loro manda un carillon che suona il brano Per Elisa. Il processo si conclude con un patteggiamento, in casa Restivo viene installato un contascatti al telefono.

L'appuntamento nella chiesa di SS. Trinità

Tutto questo Elisa non poteva saperlo. Da un anno la assillava con un corteggiamento serrato, ma lei, pur avendolo respinto più volte, non aveva il coraggio di interrompere i contatti, così, quando l’11 settembre, di sabato, le propose un appuntamento per l’indomani, perché voleva darle un regalo, da quella ragazzina ingenua che era Elisa, non seppe resistere. Per l’indomani, domenica 12 settembre 1993, la famiglia Claps aveva programmato di pranzare nella casa di campagna nell’agro di Tito. I genitori e uno dei fratelli di Elisa si sarebbero avviati alle 10 del mattino mentre Elisa e l’altro fratello, Gildo, li avrebbero raggiunti a ora di pranzo, intorno alle 12, insieme a Eliana De Cillis, amica di Elisa. Le due ragazze uscirono da casa Claps intorno alle 11 e 15 dicendo a Gildo che sarebbero andate in chiesa. Era una bugia, perché Elisa aveva appuntamento con Danilo. Le due ragazze si avviarono in via IV novembre, ma giunte alla piazza Mario Pagano si persero di vista. Elisa entrò con Danilo nella chiesa della Santissima Trinità. E non uscì, non uscì più.

L'inchiesta di Potenza

Qualche ora dopo Danilo si presentò all’ospedale, con un taglio sul dorso della mano e i vestiti sporchi di sangue. “Sono caduto”, disse il ventunenne ai medici. Alle quattordici la famiglia Claps entrò in allarme, le ricerche di Elisa cominciarono dappertutto. Fu proprio Danilo Restivo a dire agli inquirenti che Elisa quel giorno aveva appuntamento con lui e che erano entrati insieme nella Chiesa della Santissima Trinità. I genitori e il fratello di Elisa avevano già fatto il nome di Restivo a Felicia Genovese, il pubblico ministero incaricato del caso, e avevano raccontato di come Elisa lo considerasse un corteggiatore assillante e molesto. Nei giorni seguenti Don Mimì Sabìa si allontanò, come programmato, per un breve periodo di riposo e la Chiesa rimase chiusa al pubblico, perfino ache agli inquirenti. Intanto la scomparsa della giovane cominciava a solleticare la fantasia di mitomani e millantatori che suggerirono diverse piste, tutte infondate e mentre questo avveniva Felicia Genovese finiva al centro di un’inchiesta guidata da un giovane e ambizioso magistrato napoletano, Luigi de Magistris. L’elenco degli indagati comprendeva trenta nomi tra cui quello del magistrato Genovese, trasferita a Roma in seguito all'inchiesta e quello di suo marito, Felice Cannizzaro, direttore generale del San Carlo di Potenza, la più grande azienda ospedaliera della Basilicata. Nell'elenco c’erano anche altri nomi di spicco, tra cui il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo; Filippo Bubbicom, ex sottosegretario; l'ex procuratore di Matera, Giuseppe Chieco; Iside Granese, ex presidente del tribunale di Matera e l'ex sindaco della città Emilio Nicola Buccico e Vincenzo e Marco Vitale, titolari del villaggio ‘Marinagri' di Policoro.

E Potenza sotto inchiesta

L’inchiesta si chiamava “Toghe lucane” e metteva sotto la lente la condotta dei magistrati della Basilicata, in ordine a una ipotesi di manipolazione di alcuni procedimenti giudiziari a favore di un comitato politico affaristico locale, rinsaldato da legami di tipo massonico, di cui sarebbero stati garantiti e favoriti gli interessi, anche a costo di ‘aggiustare’ i processi. Era il caso della costruzione del villaggio turistico Marinagri di Policoro, intorno alla quale ruotava l’attenzione della ‘cupola’ di cui si ipotizzava l’esistenza. In particolare, Genovese e suo marito Cannizzaro, affiliato alla Massoneria, erano sospettati di condizionare “procedimenti penali in cui risultavano interessati avvocati a loro “vicini”; condizionare la polizia giudiziaria impegnata in indagini delicate e complesse e di garantire l’esito di procedimenti penali di loro interesse e delle persone di cui erano garanti (in particolare quelli nel settore della sanità, come il processo Panio)”. Secondo le ipotesi investigative i due “offrivano utilità varie attraverso il ruolo di Cannizzaro all’interno della più grande azienda ospedaliera della Basilicata. L’indagine di de Magistris si incrociò con quella sul caso Claps, quando si trattò di verificare la condotta del pm Genovese all’interno delle indagini sulla scomparsa della ragazza. Il caso passò dunque direttamente alla Procura di Salerno, che ripartì da zero.

Massoneria, mafia e Servizi dietro il caso Claps

In mano, il pm Rosa Volpe, aveva solo quello che Genovese aveva trovato nell’ambito delle sue investigazioni: niente. Non erano stati sequestrati vestiti sporchi di sangue dell'unico sospettato (e mai indagato dalla Genovese), non era stata effettuata una perquisizione nella sua casa né nella chiesa. Non era stata disposta una perizia psichiatrica su Restivo, nonostante mostrasse chiari segni di una personalità disturbata. Da qualsiasi punto di vista si guardasse l'indagine si vedevano solo lacune e omissioni. Intanto Toghe lucane si conclude in una bolla di sapone, de Magistris viene trasferito per incompatibilità territoriale e la posizione dei trenta indagati, archiviata. Il magistrato che si era trovato a giudicare procedimenti in cui lo stesso marito era implicato, come quello sul duplice omicidio dei coniugi Pinuccio Gianfredi e Patrizia Santarsiero, avvenuto a Potenza il 29 aprile ‘97, di cui Cannizzaro era accusato di essere il mandante. Personaggio contiguo agli ambienti della ’Ndrangheta, anello di collegamento tra l’ambiente degli imprenditori della Potenza bene e la malavita, Gianfredi era sospettato di gestire un grosso giro di usura. Alla fine Cannizzaro risultò estraneo al delitto per il quale venne condannato come mandante, Tonino Cossidente, ex boss dei Basilischi. A fare il nome del dirigente dell'ospedale di Potenza, Cannizzaro, dando il via a quell'indagine e a fare anche quello di Elisa Claps, era stato il pentito, Gennaro Cappiello, che nel 1999 rivelò al pubblico ministero della Dda di Potenza, Vincenzo Montemurro che l'assassino di Elisa era il giovane Danilo Restivo. Cappiello venne considerato inattendibile e così anche le sue rivelazioni sul caso Claps. Sempre secondo la stessa scia di informazioni, all’epoca dei fatti il Cannizzaro, coinvolto da Maurizio Restivo, anche lui affiliato alla Massoneria, nel caso di Elisa, avrebbe chiesto a Gianfredi di occultare il corpo della giovane e poi ne avrebbe ordinato l’assassinio per coprire il segreto.

Lo strano suicidio dell'agente Anna Esposito

La stessa pista riguardante il figlio del direttore della Biblioteca di Potenza fece un altro giro. Nel 1998 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri arrivò una segnalazione del Sisde sul coinvolgimento di Danilo Restivo. Anche i Servizi si occupavano della scomparsa della ragazzina di Potenza che uscì per andare in chiesa e non tornò più. Proprio sul caso Claps stava indagando Anna Esposito, dirigente della Digos, trovata morta nella sua casa potentina, il 12 marzo 2001. La poliziotta venne trovata impiccata con una cintura di cuoio fissata sulla maniglia di una porta dell'appartamento, a un metro e tre centimetri di altezza. L'autopsia evidenziò traumi e fratture, ciononostante il caso, dopo una breve indagine che vide indagato il compagno della vittima, il giornalista Rai, Luigi di Lauro, fu archiviata. Non fu approfondito il fatto che alcuni colleghi della donna si precipitarono nell'appartamento prima dell'arrivo del giudice inquinando la scena, né fu giustificata la scomparsa di alcuni fogli dall'agenda della Esposito. Alcuni giorni dopo avrebbe dovuto incontrare Gildo Claps, per aggiornarlo su alcune novità. Negli anni a venire altri tre testimoni del caso moriranno in circostanze misteriose: sono il vicebrigadiere dei carabinieri Pierluigi Tramutola, di Potenza, in servizio nella stazione di Verzino (Catanzaro), Massimiliano Carlucci, di Potenza, la cui testimonianza rendeva contraddittoria quella di Eliana De Cillis e  Andrea Romaniello, geometra consulente dei Restivo, che si era visto rifiutare da don Mimì la richiesta di un sopralluogo nel sottotetto della chiesa. Muoiono in tre misteriosi incidenti stradali avvenuti, rispettivamente, nel 1993, nel 1996 e nel 2004. (continua)

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Danilo Restivo, serial killer a piede libero

Subito dopo la scomparsa di Elisa, pur essendo implicato nella vicenda, fu lasciato libero di andare a Napoli per un concorso e qualche tempo dopo, con il diploma di odontotecnico che aveva a fatica conseguito in un istituto privato all'età di 21 anni dopo il fallimento prima al liceo scientifico e poi all'istituto tecnico, fu mandato dalla famiglia fuori città. Per tutto il tempo che era rimasto a Potenza, in cui era stato additato da tutti come un mostro, aveva tentato diverse volte di depistare le indagini. Nel 1999, da una postazione computer di un sala giochi della città, partì una mail diretta all'indirizzo di posta che la famiglia Claps aveva creato per raccogliere le segnalazioni. Nel massaggio si leggeva che Elisa stava bene, era in Brasile e non voleva essere cercata. Sul sito web il popolodellarete.it compare un post dal titolo "Aiutiamo Danilo Restivo" in cui vengono proposte teorie su presunti complotti ai suoi danni, post di cui si scoprirà essere proprio Restivo l'autore. Intanto a Potenza qualcuno aveva cancellato dalla targa all'esterno della Basilica della Trinità la parola ‘santissima' e pensava che don Mimì avesse tenuto per sé segreti inconfessabili mentre qualcun altro additava Restivo come mostro. Per sottrarlo a quel clima suo padre gli trovò un lavoro a Roma, ma non resistette a lungo, e si trasferì quindi a Rimini, da dove fuggì un'altra volta dopo l'ennesima denuncia. In questo periodo continua a molestare donne e a nutrire la sua parafilia, arrivando a collezionare ciocche di capelli di ogni tipo, ma non solo. In casa sua a Potenza una perquisizione della DIA aveva trovato foto che ritraggono Danilo in posizioni oscene con donne affette da malformazioni fisiche. La sua perversione peggiora di anno in anno, lontano da casa e dal controllo dei parenti. Le sue vittime sono tutte donne afflitte da gravi difetti fisici, fragili, manipolabili. Inizia una relazione virtuale con Fiamma Marsango, una donna di 15 anni più vecchia di lui, fortemente obesa e residente a Bornmouth, nel Regno Unito. Si trasferisce da lei e la sposa.

L'omicidio di Heather Barnett a Bornmouth

Si stabilisce nell'appartamento di lei di fronte a quello di Heather Barnett, madre separata di due figli di 11 e 14 anni, di professione sarta. Anche Heather finisce nelle mire di Restivo che si presenta a casa sua dicendo, nel suo inglese stentato, di voler commissionare delle tende per la camera di sua moglie Fiamma. Qualche giorno dopo, il 12 novembre, 2002,  la Barnett viene trovata dalla figlia riversa nel suo bagno, con il reggiseno strappato, i seni mutilati, la testa staccata dal collo. Nelle mani ha delle ciocche dei suoi capelli e ciocche di capelli sconosciute. All'attenzione della Polizia, dopo qualche tempo, finisce il dirimpettaio Danilo Restivo, nel cui appartamento vengono trovate centinaia di ciocche di capelli, foto oscene con donne affette da handicap, tra cui la moglie Fiamma, e decine di articoli riguardanti casi di pedofilia. Nel computer di Restivo, inoltre, ci sono una quantità di foto di donne scomparse che l'uomo aveva recuperato dal sito della trasmissione ‘Chi l'ha visto?'. Gli inquirenti britannici lo mettono in sorveglianza per un lunghissimo periodo di tempo e lo sorprendono a spiare delle donne al parco. Restivo, però, è astuto e ha una risposta ragionevole anche quando lo fermano e nella sua auto trovano una borsa con guanti coltelli e un cambio abito, una specie di kit del serial killer. (continua)

Ritrovato dopo 17 anni il corpo di Elisa Claps

Intanto in Italia don Mimì è morto e la chiesa è passata nelle mani del giovane don Wagno, che il 17 marzo del 2010, avverte le autorità per una macabra scoperta, fatta dagli operai venuti a controllare una perdita d'acqua, nel sottotetto della canonica. Sotto un mucchio di tegole c'è un corpo mummificato, accanto al quale giace un vecchio paio di occhiali, ovali. Dopo diciasssette anni Elisa esce finalmente dalla chiesa della Santissima Trinità, confermando quello che tutti avevano sempre sospettato, ovvero che l'anziano sacerdote custodisse in soffitta il corpo della ragazza uccisa da Restivo. Era stata accoltellata 13 volte, ma i medici non furono in grado di stabilire se avesse subito violenza sessuale; lo stato dei suoi resti non permetterà mai di saperlo. Quel giorno di 18 anni prima, Elisa era stata spinta in soffitta da Danilo Restivo, che tentò di violentarla, strappandole i vestiti, e la uccise.

Danilo Restivo oggi

Nel frattempo nel Dorset i giudici potevano finalmente processare Restivo per l'omicidio di Heather, essendo emerso, grazie al ritrovamento di Elisa, un modus operandi che bollava i due delitti come frutto della medesima mano. Anche a Elisa erano state tagliate delle ciocche, come a decine di ragazze potentine pronte a confermarlo. Il 30 giugno 2011 Danilo Restivo venne condannato all'ergastolo dalla Crown Court di Winchester per l'omicidio della 48enne, Heather. L'8 novembre 2011, presso il Tribunale di Salerno si celebrava con rito abbreviato il processo a carico di Restivo, per l'omicidio di Elisa Claps. Essendo prescritti tutti i reati più gravi venne chiesta la condanna a trent'anni di carcere. Fu chiamato a riferire anche il vescovo di Potenza Agostino Superbo, che negò di essere mai stato a conoscenza di tali circostanze.

Le risposte che la mamma di Elisa Claps non ha avuto

"L'unico prete in grado di sapere, non ha potuto fare tutto da solo. È arrivato il momento di pulirsi la coscienza", commentò la sentenza mamma Filomena Iemma, che in 20 aveva fatto di tutto per sapere cosa era successo alla figlia, perfino affidarsi alla medium Natuzza Evola. Venne avviata una inchiesta bis all'interno della quale furono processate per falsa testimonianza le due addette alle pulizie della Chiesa della Santissima Trinità, sospettate di essere a conoscenza della presenza del corpo di Elisa nel gennaio 2010, insieme a don Wagno. Dopo venisette anni la famiglia di Elisa attende ancora di sapere chi e perché insabbiò l'omicidio di una studentessa di 15 anni.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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