"Sulle slot stiamo mettendo a punto una misura per toglierle dagli esercizi commerciali". Hanno fatto molto discutere le parole con le quali Matteo Renzi, in una intervista a Vita.it, ha anticipato l'intenzione del Governo di "mettere un freno" alla diffusione del gioco d'azzardo sull'intero territorio nazionale. Un'idea che per il momento somiglia più a una boutade, considerando il punto a cui è giunta la discussione sul gioco d'azzardo e, soprattutto, le posizioni già espresse più volte dal Governo. Il problema è che se già un approccio "proibizionista" sarebbe ampiamente criticabile, la linea "fintamente proibizionista" di Renzi rasenta l'ipocrisia.
È in corso da tempo, infatti, l’esame del disegno di legge “Disposizioni in materia di riordino dei giochi”, a prima firma del senatore del Partito Democratico Franco Mirabelli. Il ddl era stato assegnato alla Commissione Finanze e da lì sarebbe poi dovuto passare all’esame dell’Aula, che era contestualmente impegnata nella discussione della legge di stabilità 2016, che proprio dal settore dei giochi contava di ricavare circa 1 miliardo di euro. Tra un rinvio e l'altro, si è fermato tutto, e ora si attende il parere della Conferenza Stato-Regioni che, come scritto nella legge stabilità, deve occuparsi della questione della presenza territoriale dei giochi, che è il terreno su cui si gioca la vera partita. La palla è in mano al sottosegretario Baretta, che dovrà trovare una sintesi fra le resistenze delle Regioni e dei Comuni e le esigenze finanziarie del Governo. Nel frattempo, in legge di stabilità 2016 sono stati inseriti alcuni emendamenti che hanno consentito di recuperare le risorse inizialmente collegate al ddl sul riordino dei giochi.
Insomma, al posto di un ddl organico sono state approvate una serie di misure specifiche, tra cui:
- No nuove slot, ma possibilità di sostituzione delle tradizionali “macchine” con le nuove VLT (videolottery che hanno un volume di gioco di circa 20 miliardi di euro l’anno), che permettono giocate di portata nettamente più alta (le tradizionali slot hanno un costo massimo iniziale per partita di 1 euro e vincita massima di 100 euro, le VLT hanno jackpot anche di decine di migliaia di euro).
- Aumento della tassazione, caricata però sulla “restituzione del giocato”, che ora è al 70%. In sostanza, una slot tradizionale restituiva fino al 78% della cifra giocata (in media 78 euro ogni 100, più correttamente circa 450 euro ogni 600 investiti in un ciclo da14mila a 140mila partite): ora la quota scende al 70%. Modifiche anche alle slot online, che hanno restituzione intorno al 90%.
- Stop a pubblicità dalle 7 alle 22, una sorta di fascia protetta, insomma.
In ogni caso, la proposta Mirabelli resta, poiché interviene sia per colmare dei vuoti legislativi, sia per rimettere ordine in un settore che negli ultimi anni ha visto una crescita costante e un “discutibile” intervento da parte dello Stato. Come avemmo modo di raccontarvi, ad esempio, negli anni si è riscontrato il paradosso della crescita del volume di giocate mentre le entrate per le casse dello Stato rimanevano costanti.
Un intervento è dunque necessario, anzi auspicabile. Anche per tutelare i consumatori / giocatori e aumentare i controlli in un settore che è diventato terreno di caccia per affaristi, speculatori e criminalità organizzata.
In effetti Mirabelli parte proprio dalla necessità di raccogliere in un unico provvedimento le disposizioni sui singoli giochi e di procedere a un riordino del prelievo fiscale sui singoli giochi. Senza cambiare però lo schema tradizionale, ovvero il “modello organizzativo fondato sul regime concessorio ed autorizzatorio, ritenuto indispensabile per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi”. Una scelta che ha delle conseguenze, come vedremo, ma che soprattutto rende evidente quella che per molti è la principale “pecca” dell’intero impianto della legge: essere cioè frutto di un lavoro a stretto contatto con i tecnici del Monopolio, ovvero di muoversi all’interno dello stesso ambiente responsabile delle storture e degli errori di questi anni.
Che a scrivere la legge siano quegli stessi Uffici&Settori sui quali si dovrebbe intervenire è cosa piuttosto singolare. Tanto è vero che sembrava intenzione del PD tenere la cosa nel massimo riserbo. Un piano complicato da una clamorosa gaffe, portata alla luce da Vita.it:
Il senatore PD Franco Mirabelli, della Commissione Antimafia ha recentemente presentato un disegno di legge nazionale per regolamentare il gioco d’azzardo. Come di consueto c’è stata la conferenza stampa di rito e poi l’invio alla stampa del testo. Ricevuta anche dal nostro Marco Dotti, il quale osservando le “proprietà” del documento word inviato in allegato al comunicato stampa dalla segreteria di Mirabelli scopre che è di provenienza dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a firma di Italo Volpe, capo dell’Ufficio amministrativo dell’Agenzia.
Mirabelli per la verità si è giustificato spiegando che “era chiaro sin dall’inizio, non è infatti mai stato nascosto, che abbiamo presentato un disegno di legge che voleva tradurre, migliorando alcuni aspetti il testo a cui era arrivato il lavoro del sottosegretario Baretta sul decreto scaduto”. La questione però non è di lana caprina, proprio perché il ddl recepisce alcuni punti molto controversi del decreto Baretta, finito già sotto le critiche di opposizioni e associazioni di consumatori.
Ma andiamo con ordine e vediamo come si sostanzia questo provvedimento.
Cosa cambierebbe con la legge Mirabelli
La legge punta prima di tutto a ridefinire la disciplina dei giochi, per quel che concerne la rete, l’offerta, le concessioni, la tassazione, la pubblicità e il contrasto alla ludopatia; poi c’è un intero capitolo destinato alle entrate, tributarie e no, comprese le misure relative all’accertamento e alla riscossione; il terzo capitolo riguarda le sanzioni penali e amministrative per i trasgressori; il quarto ridefinisce i poteri e le attività affidate all’agenzia delle entrate e ai Monopoli; il quinto specifica le caratteristiche dei singoli giochi (scommesse, bingo, videolottery, slot eccetera); infine il sesto è specificamente dedicato all’ippica.
È piuttosto singolare notare che il provvedimento (necessario, lo ripetiamo) si proponga come “orientato al perseguimento del primario interesse generale dell’ordine pubblico e della sicurezza, nonché al contemperamento degli ulteriori interessi generali della tutela delle fasce sociali deboli, a partire dai soggetti minori di età, della salute” e solo alla fine compaia la dicitura “nonché del gettito erariale”. Una preposizione che, come vedremo, andrebbe completamente ribaltata.
Il punto essenziale è però un altro, che rende bene conto di come la "lotta al gioco d'azzardo" sia semplicemente uno slogan vuoto. All'articolo 1 del Capo I della proposta Mirabelli si leggeva:
Le Regioni e i Comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno emanato loro disposizioni non coerenti ovvero in contrasto con quelle del presente codice ne promuovono la modificazione al fine di renderle coerenti con il quadro regolatorio di cui alla presente legge. Analogamente provvedono all’adeguamento del loro ordinamento, a fini di coerenza ed unitarietà della disciplina del gioco pubblico a livello nazionale, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Cosa significa? Che le Regioni e i Comuni devono adeguarsi alle disposizioni del Governo e non possono, per esempio, "vietare le slot" o imporre limitazioni sostanziali alla diffusione dei centri sul territorio. Si tratta della riproposizione dell'idea avanzata a suo tempo proprio dal sottosegretario Baretta, che aveva provocato furiose reazioni da parte delle Regioni, tanto da portare al ritiro della proposta. Anche in questo caso, l'ipotesi ha provocato la reazione delle Regioni, tanto da "costringere" il Governo a rimandare tutto alla Conferenza Stato Regioni.
Su un punto però, sia Mirabelli che Baretta insistono: non si deve lasciare la questione alla discrezionalità dei Comuni. "È necessario il pieno coinvolgimento dei Comuni, ma non può essere lasciata alla totale discrezionalità dei Comuni la scelta autorizzativa, o alle ordinanze la possibilità di proibire di fatto o incentivare la diffusione dei punti gioco. Non funziona un sistema che non garantisce regole certe e una equa distribuzione su tutto il territorio nazionale", dice Baretta a Gioconews. Con buona pace, insomma, dei Sindaci – no slot.
Le slot machine (e l'ipocrisia degli slogan di Renzi)
I giochi autorizzati dallo Stato, come definito dal ddl Mirabelli, sono:
- le slot machine che prevedono l’introduzione di monete e che erogano vincite non superiori a 100 euro, sia quelle che prevedono “la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco” (sostanzialmente quelle in cui si ha a disposizione una mossa “successiva” all’avvio del gioco), sia quelle “standard”. Per questi apparecchi le percentuali di vincita devono risultare non inferiori al 72 per cento e non superiori al 78 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di non più di 14mila partite *la legge di stabilità 2016 ha abbassato le percentuali di vincita al 70%
- le slot online, ovvero quelle facenti parte della rete telematica. Qui la cosa di fa piuttosto singolare, per una serie di ragioni. Il regolamento ricalca quello precedente e stabilisce che per tali giochi online (sostanzialmente le slot online “comuni”, sia quelle con jackpot che quelle senza, cui si accede nell’area “casinò” di un sito autorizzato, oppure tramite apparecchi installati in specifici punti autorizzati) le vincite restituite ai giocatori siano tra l’85% e il 90%. Un dato che non è possibile verificare in alcun modo, che, secondo alcuni, si fonda su un trucchetto “tecnico”: la confusione fra le “vincite restituite” (parzialmente nel corso della singola partita) e quelle incassate dal giocatore. Tocca fidarsi dei monopoli, in alternativa;
- gli apparecchi “senza vincita in denaro, con ricompensa di modico valore o di puro intrattenimento”, compresi quelli elettromeccanici privi di monitor e quelli basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica. Tali apparecchi, sempre attivabili con moneta, non possono erogare vincite in denaro, ma solo ticket non convertibili in denaro. Quanto siano efficaci i controlli in tal senso, è tutto da dimostrare.
La legge di stabilità dello scorso anno ha sostanzialmente impostato una prima riduzione delle AWP, ovvero delle New Slot che hanno un costo massimo di un euro a partita e restituiscono al massimo 100 euro di vincita, e la sostituzione con apparecchi che abbiano un controllo da remoto. Per Mirabelli, intervistato da GiocoNews, si tratta di "una decisione giusta e qualificante nell'interesse di tutti", poiché i nuovi apparecchi sono più controllabili. Ma aggiunge: "Per me questo significa provare a ragionare su un sistema che, riducendo complessivamente l'offerta, stabilisca un rapporto ben definito tra popolazione e sale gioco, punti scommesse e Awp nei locali pubblici […] Continuo a pensare che serva creare alternative per i locali pubblici a cui, giustamente, imponiamo di ridurre o togliere le Awp, e dare la possibilità a una parte del sistema industriale di riconvertirsi, tornando a promuovere la diffusione di giochi di puro intrattenimento che sono quasi del tutto scomparsi dai nostri bar”.
Insomma, per farla breve: se anche riduciamo / togliamo le slot dai bar, non possiamo affossare un settore, quello del gioco d'azzardo, che produce anche consistenti introiti per le casse dello Stato. E, soprattutto, non possiamo / dobbiamo limitare l'offerta del gioco online, vera miniera d'oro per concessionari e aziende. In un contesto del genere, togliere le slot dai bar è nient'altro che una misura spot, che per di più potrebbe portare anche a una sorta di "ghettizzazione" dei giocatori, in appositi locali, la cui presenza / peso non potrebbe che crescere.
Un provvedimento "ipocrita", ispirato alla logica de "occhio non vede, cuore non duole". Che, peraltro, non riguarderebbe altri settori, che invece non risultano toccati se non in modo superficiale dai progetti di riforma del Governo.
Le scommesse e il bingo
Può una legge che regolamenta il gioco d'azzardo non modificare nulla nel settore delle scommesse e del bingo? Evidentemente sì, dal momento che il ddl Mirabelli spiega che continueranno a trovare applicazione le norme precedenti, che autorizzano le scommesse, a quota fissa e a totalizzazione, su eventi sportivi, anche simulati (i famosi “virtual game”), inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonché su altri eventi, anche simulati, oltre che su giochi di ippica nazionale, raccolti in rete fisica (nelle agenzie e nei punti scommessa). Stesso discorso per quel che concerne il gioco del Bingo, per il quale non sono previsti cambiamenti di sorta.
Il gioco a distanza
Per quel che concerne il gioco a distanza, il ddl si occupa di specificare alcuni iter e mettere una serie di vincoli ai rapporti fra il concessionario e il giocatore. Fatte salve le limitazioni di cui abbiamo parlato prima per i singoli giochi, il ddl ribadisce che per il gioco a distanza è necessaria la stipula di un contratto fra giocatore e concessionario, nel quale siano specificate le clausole (un solo conto a giocatore, impostazione dei limiti di deposito e gioco, indisponibilità delle somme sul conto, escluse le operazioni di addebito, eccetera). Cambiano alcuni parametri: la contabilizzazione delle vincite sui conti gioco deve essere “tempestiva” e comunque “non oltre un’ora dalla certificazione ufficiale del verificarsi dell’evento”; l’accredito della vincita sul conto corrente del giocatore deve avvenire “entro e non oltre sette giorni e con valuta del giorno”; la devoluzione all’Erario dell’intero saldo del conto di gioco, una volta trascorsi tre anni senza movimentazione (insomma, lo svuotamento dei conti dormienti).