Al momento della separazione o del divorzio i coniugi devono anche affrontare il problema di regolare (dividersi) il patrimonio familiare costituito (in tutto o in parte) con il contributo di entrambi i coniugi. L'esigenza di regolare i rapporti tra i coniugi non è solo quella che deriva dalla materiale divisione dei beni, ma anche quella che deriva dall'estinzione dei relativi rapporti di debito e credito (es. uno dei coniugi ha usato il proprio patrimonio personale per pagare il mutuo della casa cointestata ad entrambi i coniugi). Questo risultato può essere raggiunto seguendo diverse strade, le quali sono tra loro sostanzialmente alternative.
Infatti, è possibile che i coniugi decidono di effettuare una divisione amichevole, (come è possibile che gli stessi coniugi siano costretti ad effettuare una divisione giudiziale) così come possono giungere ad intestarsi alcuni beni (sempre nell'ottica della divisione del patrimonio familiare), infatti, è anche possibile che nell'ambito della sistemazione dei rapporti economici tra i coniugi (con l'intento di sistemare i loro rapporti economici) gli stessi coniugi decidono di trasferire alcuni beni all'altro oppure ai figli.
Gli accordi tra i coniugi nella separazione e divorzio sono una strada alternativa alla divisione tipica e alla divisione vera e propria (anche se la funzione divisoria di questi accordi non è esclusa) e si tratta di una strada che si caratterizza per il fatto che si svolge nell'ambito del procedimento di separazione e che presuppone l'accordo di entrambi.
Di solito, questi accordi riguardano soprattutto i coniugi, definendo i loro rapporti di dare/avere reciproci, questo, però, non esclude che questo tipo di accordi possono portare dei benefici patrimoniali anche a terzi (es. figli), strada che può essere percorsa soprattutto quando l'intervento di un terzo (normalmente figli) è necessario per raggiungere un asseto patrimoniale definitivo tra i coniugi.
Questo tipo di accordi vengono inseriti nell'ambito dei negozi che hanno la causa o la funzione di regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi in vista della loro separazione e/o di fornire un nuovo assetto patrimoniale ai due coniugi in vista (e dopo) la separazione o il divorzio. In modo più preciso si può affermare che questi tipi di accordi o obblighi assunti dai coniugi in sede di separazione e divorzio hanno una causa “divisionale”, cioè, i coniugi al fine di dividersi il patrimonio prevedono il trasferimento di alcuni diritti da un soggetto ad un altro, raggiungendo, così, in modo indiretto, la divisione del patrimonio; oppure, l’assunzione di tali obblighi può avere una causa “solvendi”, cioè, uno dei coniugi, per estinguere dei debiti contratti verso l’altro coniuge o per soddisfare il proprio obbligo al “mantenimento” a favore dell’altro coniuge (o dei figli), si obbliga a trasferire un diritto reale come prestazione in luogo dell’adempimento ex art. 1197 c.c.
In tutto questo non si può escludere che dagli accordi presi dai coniugi in sede di separazione e divorzio i creditori di entrambi o di uno dei coniugi ne risentano o possono sentirsi danneggiati. Così come non è da escludersi che gli accordi assunti dai coniugi servono proprio per sottrarre i beni posti a garanzia dei creditori (eventualmente trasferendoli ai figli, basta pensare all'ipotesi in cui uno o entrambi i genitori siano in difficoltà economiche e decidono di separarsi e di trasferire con un accordo in sede di separazione e divorzio la proprietà dell'unico immobile al figlio). In queste situazioni occorre valutare come i creditori possono tutelarsi.
Per cercare di individuare gli strumenti a tutela dei creditori e a disposizione dei creditori occorre distinguere se è già iniziata una fase esecutiva sui beni oggetto dell'accordo dei coniugi, oppure, se una tale fase esecutiva non è ancora iniziata.
Se la fase esecutiva è già iniziata e, quindi, è stato effettuato un pignoramento si applicheranno le normali regole relative all'opponibilità dei contratti al creditore pignorante, quindi, in caso di bene immobile, se l'accordo tra i coniugi assunto in sede di separazione (avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un appartamento dal padre ai figli) è stato trascritto prima del pignoramento, sarà opponibile ai creditori del padre, se, al contrario, non è stato trascritto prima del pignoramento non sarà opponibile ai creditori. Questo principio è applicabile anche nell'ipotesi in cui dalla separazione sorge il diritto di abitazione a favore del coniuge affidatario dei figli, con la precisazione che se il diritto di abitazione della casa non è stato trascritto, sarà opponibile solo nei limiti del novennio (337 sexies c.c.).
Se, invece, l'esecuzione non è iniziata e se il creditore ritiene fraudolento l'accordo tra i coniugi sussistendo le condizioni previste dall'art. 2901 c.c. ("Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto. L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione").
Il patrimonio del debitore costituisce la prima garanzia dei suoi creditori. A costoro, con l'azione revocatoria (prevista dall'art. 2901 c.c.), è offerto uno strumento di reintegrazione di detta garanzia: se il debitore compie un qualche atto di disposizione del suo patrimonio, a titolo gratuito o a titolo oneroso, che rechi pregiudizio alle ragioni del creditore, questi può chiedere al giudice di merito che l'atto di disposizione a lui pregiudizievole sia dichiarato inefficace nei suoi confronti. Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
La conseguenza è che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia dell'atto (che è inefficacia relativa, operante soltanto a favore di colui che ha agito per ottenerla), potrà soddisfarsi sul bene che ne aveva formato oggetto, come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore. Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
Il creditore, per ottenere la revocatoria dell'atto, deve provare:
- – il pregiudizio che l'atto di disposizione, compiuto dal debitore, ha arrecato alle sue ragioni (il c.d. eventus damni, che costituisce un fatto oggettivo); in altri termini, il creditore deve provare che il patrimonio del debitore, a seguito dell'atto di disposizione di cui chiede la revoca, è divenuto insufficiente a soddisfare il suo credito; Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
- – la conoscenza di detto pregiudizio (c.d. scientia fraudis, che costituisce fatto soggettivo), nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo gratuito, da parte del solo debitore, e, nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente; in altri termini il creditore deve provare che il terzo sapeva che il suo dante causa aveva debiti e che il restante patrimonio del suo dante causa era insufficiente a soddisfarli; Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
- – nel caso in cui l'atto di disposizione del quale si chiede la revoca sia anteriore al sorgere del credito, la dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, che costituisce altro fatto soggettivo), nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo gratuito, da parte del solo debitore, e, nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente; in altri termini il creditore deve provare che il debitore aveva compiuto l'atto di disposizione con la precisa intenzione di non soddisfare il credito che avrebbe successivamente assunto e che questa intenzione fosse nota al suo acquirente.Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
Sicuramente l'accordo dei coniugi può essere oggetto dell'azione revocatoria se sussistono le condizioni previste dall'art. 2901 c.c.
Occorre, però, valutare se l'omologa del tribunale ottenuta dai coniugi in sede di separazione (avente ad oggetto anche l'accordo di separazione) esclude la possibilità per il creditore di agire in revocatoria ex art. 2901 c.c. La risposta non può che essere negativa per il semplice motivo che l'omologa ha la limitata funzione di valutare l'accordo di separazione alla luce dei rapporti tra i coniugi e degli interessi dei figli, non ha la funzione di valutare se l'accordo ha la funzione di sottrarre i beni ai creditori dei due coniugi (di conseguenza, l'accordo intercorso tra i coniugi, anche se omologato, non acquista una patente di validità ai sensi dell'art. 2901 c.c., senza considerare che i creditori non sono parti del procedimento di separazione o divorzio).
Altra questione che si pone è se parte del processo diretto alla revocatoria dell'accordo di separazione deve essere anche il coniuge che ha avuto dalla separazione il diritto di abitazione, sul punto si può solo distinguere caso per caso, infatti, se l'azione surrogatoria è diretta solo a contestare il diritto di abitazione ex art. 155 quater c.c., (oggi 337 sexies c.c.) avrà poche possibilità di essere accolta per il semplice motivo che il diritto di abitazione al coniuge viene riconosciuto per conservare l'abitazione dei figli e non è certo un "diritto patrimoniale" attribuibile al coniuge e, quindi, oggetto di revocatoria ex art. 2901 c.c.
Mentre, se l'eccezione di integrazione del contradditorio è sollevata da uno dei coniugi per difendersi dall'azione revocatoria, (quando l'accordo ha ad oggetto il trasferimento di beni da uno dei coniugi ai figli),si può dire che parti del processo avente ad oggetto l'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. sono il debitore, il creditore e i terzi a cui è stato trasferito il bene, quindi, se dall'accordo di separazione il coniuge non riceve beni potrebbe anche non essere parte del processo ex art. 2901 c.c. (in questo senso si segue al tesi che parti del processo revocatorio ex art. 2901 c.c. sono solo debitore, creditore e coloro che materialmente acquistano l'immobile e non le parti del contratto con cui si raggiunge l'effetto fraudolento ex art. 2901 c.c.). Identica soluzione (la non necessità della presenza dell'altro coniuge nel processo ex art. 2901 c.c.) si ottiene nell'ipotesi in cui si richiede l'integrazione del contraddittorio solo al fine di consentire al coniuge assegnatario della casa familiare l'esercizio del diritto di difesa, poiché il coniuge assegnatario può tutelarsi contro rendendo opponibile ai terzi il proprio diritto di godimento e, in ogni caso, l'assegnazione della casa familiare più che essere un diritto patrimoniale costruito a tutela del coniuge è un diritto costruito a tutela dei figli (non revocabile ex art. 2901 c.c.).
Ultimo problema che si pone è se il creditore deve impugnare con l'azione 2901 c.c. l'accordo di separazione oppure l'atto (notarile) esecutivo del trasferimento. La soluzione di questa questione dipende dalla natura giuridica dell'accordo di separazione e dalla natura giuridica dell'atto di trasferimento, quindi, se all'accordo di separazione viene attribuita la natura giuridica di atto di trasferimento con effetti obbligatori e all'atto notarile viene attribuita la natura di atto di mera esecuzione (adempimento) dell'accordo già assunto è evidente che si dovrà contestare l'accordo sottoscritto dai coniugi in sede di separazione e divorzio.
Cass., civ. sez. III, del 22 gennaio 2015, n. 1144 in pdf