L’avvocato di Amanda Knox passa al contrattacco: “Travolta da uno tsunami mediatico”
“Io non sono così, mi dipingono così”: in questi termini l’avvocato Giulia Bongiorno, nell’ambito della sua arringa in difesa di Raffaele Sollecito, aveva parlato di Amanda Knox definendola, tra le tante etichette a lei attribuite, come una novella Jessica Rabbit che, come lei, si difende proprio pronunciando quelle parole contro chi la accusa. Sulla stessa linea ha continuato oggi proprio l’avvocato della studentessa di Seattle che ha pronunciato la sua arringa finale chiedendo l’assoluzione per Amanda. Quante volte abbiamo sentito Amanda Knox dire “Perché non mi credono?”. L’avvocato Carlo Dalla Vedova dipinge Amanda come una ragazza ingenua che è stata pubblicamente crocifissa e “impalata su pubblica piazza” per giustificare il fatto di essere finita in carcere con un’accusa che non le appartiene.
Si torna quindi anche oggi sul discorso che riguarda la responsabilità dei media all’interno di questo processo, responsabilità di cui ha parlato prima l’accusa, poi l’avvocato di Sollecito Giulia Bongiorno ed oggi, infine, anche Dalla Vedova.
“Era una ragazza del tutto diversa da come è stata dipinta dai giornali. Chi, se non lei, è stata travolta dallo tsunami mediatico? Da un processo esterno assolutamente inopportuno?”.
“Il dolore non ha un peso, uno non vale più dell’altro. Non facciamo una valutazione del dolore, perché il dolore non è un argomento giuridico. Tutti i dolori hanno un valore, anche quello di una ragazza che è in carcere ed è innocente”.
Amanda Knox, che da ormai quattro anni continua a dichiararsi innocente, è stata già condannata a 26 anni di reclusione in primo grado dopo la prima richiesta di assoluzione da parte della difesa. Nell’ambito del processo d’appello l’accusa ha, al contrario, chiesto nuovamente l’ergastolo per lei e per Raffaele Sollecito condannato invece a 25 anni in primo grado. Il verdetto finale arriverà lunedì prossimo e sarà trasmesso in diretta televisiva.
Oggi in aula vi era non solo la famiglia di Amanda, da sempre al suo fianco, ma anche numerosi giornalisti americani, indice di quanto questo processo sia realmente, come l’ha definito la Bongiorno, “amandocentrico” e come sia riuscito appunto a catturare l’attenzione dei media, non solo di quelli italiani.