La fine del matrimonio è sempre un'esperienza traumatica, trauma che può essere maggiore o minore anche in base al tipo di separazione o di divorzio che si sceglie volontariamente o che si è costretti a dover scegliere. Infatti, non si può nascondere che una separazione consensuale permette di chiudere la questione in tempi relativamente brevi, a costi notevolmente più bassi e con un impatto traumatico minore – almeno dal punto di vista psicologico – rispetto ad una separazione o ad un divorzio giudiziale, i quali, di fatto, non sono altro che un normale e lungo procedimento contenzioso.
Anche se si segue la via della separazione consensuale non è detto che la situazione non possa diventare tesa dopo la separazione, del resto, in un periodo di crisi economica come quello attuale può capitare che il coniuge che deve gli alimenti o il mantenimento perda il lavoro o si veda ridurre notevolmente le sue entrate, ecco, dunque, che dopo una separazione, anche relativamente, semplice i rapporti tra i due coniugi separati possono inclinarsi perchè il coniuge che deve l'assegno non risce più (in tutto o in parte) a farvi fronte, situazione che può diventare ancora più pesante se il coniuge che riceve l'assegno "evita" (volontariamente) di trovare un'occupazione che possa lenire in parte la situazione, riuscendo ad avere un autonomo (anche se parziale o minimo) sostentamento o un'autonoma integrazione economica.
La situazione può anche complicarsi per altre ragioni, infatti, è possibile che uno dei due coniugi separati inizi una nuova relazione ed è anche possibile che il convivente vada a vivere nella casa assegnata all'altro coniuge (come integrazione dell'assegno di mantenimento o come, eventualmente, abitazione dei figli, qui l'articolo sul diritto di abitazione), ma di proprietà solo dell'altro coniuge (in questa situazione il coniuge non assegnatario dell'abitazione, ma proprietario della stessa, ha diritto o meno ad avere un'indennità per la presenza nella casa di un soggetto che in circostanze diverse dovrebbe pagare un affitto ? si è in presenza di una situazione simile a quella prevista per il comproprietario che non gode della sua quota di bene. Qui può essere letto l'articolo specifico)
Per non parlare di quanto una nuova convivenza possa incidere sulle potenzialità economiche della nuova coppia e, di converso, di quanto la convivenza more uxorio debba influire sull'assegno di mantenimento che versato dall'altro coniuge ormai separato, si è in presenza di due facce della stessa medaglia. Del resto, è facile intuire che la convivenza modifica la situazione economica del soggetto che percepisce un assegno di mantenimento e questa modifica non può non incidere sulla quantificazione dell'assegno percepito. Allora il problema che dovrà affrontare il coniuge separato, che deve versare l'assegno di mantenimento sarà quello di avere la possibilità di determinare il reddito del convivente, al fine di poter riquantificare l'importo dell'assegno, ma il convivente del coniuge separato è un terzo (estraneo) rispetto al rapporto marito e moglie (anche se separati), allora si pone la questione se il coniuge separato che deve versare l'assegno di mantenimento può richiedere la necessaria documentazione all'Agenzia delle Entrate al fine di verificare il reddito del convivente ? E, in tal caso, tra le esigenze di riservatezza del convivente e il diritto del coniuge che deve versare l'assegno di mantenimento a poter dimostrare le proprie ragioni (cioè il mutamento delle condizioni economiche del coniuge separato che dovrebbe percepire l'assegno di mantenimento) quale prevale ? Il Consiglio di Stato ha ritenuto che tali informazioni possono essere richieste e debbano essere ottenute.
Consiglio di Stato, sez. IV, del 20 settembre 2012 n. 5047.
7. – L’appello è fondato. Costituisce avviso pacifico e costante di questo Consiglio di Stato che il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta (cfr. tra le tante C.d.S. Ad. Plen. n. 5 del 1997, Sez. V^, n. 5034 del 2003 e n. 1969 del 2004).
Tale diritto per essere riconosciuto ha bisogno della dimostrazione che vi sia una "rigida necessità" e non una "mera utilità" dell’acquisizione del documento richiesto allorquando quest’ultimo concerna terzi ed il richiedente l’accesso documentale non sia parte del procedimento nel quale esso si è formato (cfr. C.d.S., sez. VI^, n. 117 del 2011).
Orbene, nel caso in esame – che concerne la domanda prodotta dal B. per l’accesso alle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni 2009 e 2010 dal C., convivente more uxorio con la moglie separata dello stesso B, al fine di poter dimostrare nella competente sede civile, adita per l’accertamento della spettanza o meno, pur dopo l’instaurazione di tale convivenza, dell’assegno mensile riconosciuto dal Giudice in sede di separazione consensuale – possono ritenersi sussistenti tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza in quanto l’accesso documentale richiesto concerne atti rilevanti e determinanti per la tutela delle posizione giuridica del richiedente, siccome idonei a dimostrare, nella specie, la capacità economica del convivente con la propria moglie separata e, quindi, la sussistenza di presupposto idoneo ad esonerarlo dall’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento impostogli all’atto dell’omologazione della separazione consensuale.
Né è di ostacolo, nel caso in esame, al riconoscimento del diritto di acceso la norma di principio di cui all’art. 24 della legge n. 241 del 1990, atteso che con il regolamento di esecuzione di detta norma, emanato con d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, è stato disposto (cfr. art. 8, comma 5, lettera d) che, anche quando i documenti concernano la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, finanziario, industriale e commerciale, "…deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere il loro stessi interessi giuridici…".
Così pure la circostanza che, nella specie, l’acceso sia richiesto per documenti fiscali del controinteressato non può costituire impedimento ex se all’esercizio del relativo diritto poiché una corretta interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito parimenti dal già citato art. 24 della legge n. 241 del 1990, che sia conforme ad una lettura costituzionalmente orientata di tale divieto, non può non condurre al convincimento che l’inacccessibilità a tali specifici atti è limitata, temporaneamente, alla sola fase di pendenza del procedimento tributario che è circostanza che, nella specie, non risulta sussistente (cfr. sul principio, C.d.S., sez. IV^, n. 53 del 13 gennaio 2010).
Ad avviso diverso non può indurre, inoltre, il richiamo operato da controparte della norma dell’art. 210 del c.p.c., della quale, peraltro, si sarebbe già avvalso in sede civile il B. proprio per richiedere l’acquisizione iussu judicis delle dichiarazioni dei redditi in questione, in quanto la norma processuale anzidetta prevede la facoltà dell’ordine istruttorio ( "…può…"), ma non anche la sua vincolatezza, con la conseguenza che permane fino all’eventuale accoglimento dell’istanza da parte del Giudice Civile il diritto dello stesso B. ad accedere, nei modi di legge, alla documentazione utile per la tutela delle proprie ragioni.
Inoltre, ritiene il Collegio, diversamente dal Giudice di prima istanza, che sia irrilevante, ai fini del riconoscimento del diritto di accesso, la questione se sia determinante o meno a fini decisori di quel processo la questione della convivenza del terzo con la moglie separata del richiedente, in quanto la norma che regola detto diritto non collega il soddisfacimento di quest’ultimo alla soluzione nel merito delle vicende connesse, ma impone soltanto che l’accesso sia collegato ad un interesse giuridicamente rilevante del richiedente che sia meritevole di cura e tutela.